Sul Balmhorn con Edurne Pasaban, sulle tracce di Lucy Walker
Con il Gore-Tex Experience Tour in vetta al Balmhorn in compagnia di Edurne Pasaban seguendo le tracce di Lucy Walker. Il report di Mattia Salvi.
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In cima al Balmhorn (3698m) nelle Alpi Bernesi, durante il Gore-Tex Experience Tour" in compagnia di Edurne Pasaban
Joachim Stark
Quel masso che scivola l’ho fatto partire io. Ci sono passato risalendo questo costone di sfasciumi. La ripidità del costone e l’inconsistenza degli sfasciumi fanno sì che il masso non si fermi, non rallenti neppure. Lo guardo con aria colpevole e lui scende, in direzione di Edurne.
Sono da poco passate le quattro del mattino e stiamo affrontando la prima parte della salita al Balmhorn. La vetta del Balmhorn veniva raggiunta per la prima volta circa 150 anni fa da Lucy Walker, suo padre e due guide: era la prima volta che una donna partecipava ad un’impresa di questo tipo. Per questo Lucy è considerata la prima alpinista donna della storia, cominciò ad andare in montagna su suggerimento del medico e partecipò poi a numerose spedizioni alpine diventando anche la prima donna in vetta al Cervino.
Vetta dell'alpinismo femminile dei giorni nostri è sicuramente Edurne Pasaban, numerose ascensioni in tutto il mondo e prima donna a mettere a curriculum la salita di tutte le quattordici vette superiori ad ottomila metri. Non a caso GORE-TEX ha scelto lei per questo “Gore-Tex Experience Tour”, iniziativa che celebra la storia, Lucy Walker e l’alpinismo femminile, portando un nutrito gruppo di alpinisti da tutto il mondo in cima al Balmhorn.
Due giorni fa ho messo la macchina su un trenino che in un circa quindici minuti è passato sotto il rifugio dove avrei dormito, la vetta che avrei salito, la stazione della funivia e mi ha portato a Kandersteg, nel cantone Bernese. Cena conoscitiva in compagnia del gruppo, formazione delle cordate e una lunga chiacchierata con Edurne che ci ha raccontato un po’ del suo modo di fare alpinismo, della sua collezione di giganti himalayani e della sua storia.
Dopo un’abbondante colazione continentale veloce controllo del materiale con le guide e ci avviamo verso la funivia e da lì, in un’oretta, al rifugio. Ho il forte sospetto che il meteo sia stato in qualche modo controllato da GORE-TEX: nuvole basse condiscono l’avvicinamento con una di quelle piogge fini e penetranti dando all’ambiente e al gruppo un aspetto decisamente GORE.
Il pomeriggio trascorre rapido tra un tè, qualche manovra di corda, una partita a dadi e la pioggia che onora con precisione svizzera il suo contratto. A cena scopro che Edurne parla italiano e naturalmente abbandoniamo lo scomodo inglese chiudendoci in una discussione neolatina a tre con un’altra spagnola. È simpatica, Edurne, e si parla un po’ di tutto: il telefono che non prende, dove conviene allestire campo 3 sul K2, i cetrioli nell’insalata, questioni personali e progetti per il futuro. La cena si conclude con un annuncio che avrei evitato volentieri: colazione anticipata alle tre. La notizia m’ammazza un po’ l’entusiasmo ma mi consola vedere che anche chi è abituato a svegliarsi nei campi avanzati Himalayani non accoglie l’anticipo con entusiasmo: “però non parlarmi per almeno tre ore dalla sveglia”.
Levataccia, colazione, ramponi ce l’ho, piumino ce l’ho, giaccavento e sovrapantaloni li prendo che qui controllano il meteo, frontale sul caschetto e partiamo, siamo tra le prime cordate, subito dietro di noi quella di Edurne. La salita comincia con un lungo traverso in leggera ascesa su sentiero per entrare nel vallone, lo si risale mentre l’erba lascia posto a pietre e sfasciumi, sempre tra nebbia e luci di frontali. Ed eccoci sugli sfasciumi dove era iniziato questo racconto, quelli del masso che scivola, che punta Edurne.
Inizialmente non ho parlato dell’imbarazzo: bisogna stare attenti in montagna, bisogna stare attenti su terreno inconsistente. Le pietre si muovono, dovrei saperlo. Il masso si ferma, le ho rotto un bastoncino, corro in giù, questa volta con prudenza, e chiedo scusa, chiedo scusa mille volte. Tolgo di mano un bastoncino ad Antonio, il mio compagno di cordata, e faccio il gesto di cederlo in cambio di quello rotto. Ovviamente rifiuta, dice che non è niente, che capita. Penso che mi odi. Ripete che non è niente.
Gli sfasciumi finiscono, e arriviamo sul ghiacciaio: pausa ramponi e legature. Il ripido e innevato pendio iniziale conduce ad una cresta rocciosa che, senza grosse difficoltà, ci porta finalmente fuori dalle nubi. Sole, le nostre ombre riflesse sul mare di nebbia e alpi, alpi a perdita d’occhio. Una prospettiva insolita per me che sono abituato a salire montagne più meridionali, eppure si riconosce chiaramente il Bianco, si vedono il Cervino e il Dent d’Herens. Il Rosa cerca goffamente di nascondersi dietro i giganti di Saas-Fee.
Torniamo sulla neve per l’ultimo pendio che, in un’ora scarsa, ci porta in vetta. Se possibile la vista migliora ancora aggiungendo a tutto quel bianco il verde della vallata di Kandersteg. Qualche foto, strette di mano e commenti in inglese con i compagni di corda. Siamo la prima cordata in vetta, quella di Edurne è adesso in fondo al pendio finale, qualcuno vorrebbe aspettarla per la foto di vetta con un 14 volte ottomila, ma il vento e il tempo che avanza ci fan decidere di cominciare la discesa. Beh, non avremo la foto ma avremo un’ottima storia da raccontare: Ho cominciato al discesa ancor prima che la Pasaban arrivasse in vetta. Basta tralasciare che era legata ad altri, che si faceva delle chiacchere, che l’han presa rilassata, che non c’era fretta alcuna. Limitiamoci all’incipit.
Al rifugio aspettiamo con una birra (grazie, Antonio) il gruppo che piano piano si ricompone. Ora c’è il sole anche qui, fatica e soprattutto soddisfazione si accumulano vicino agli scarponi messi ad asciugare.
Il Balmhorn si è rivelato un monte bellissimo di cui, probabilmente, non avrei mai sentito parlare. L’organizzazione, la compagnia e le guide piacevoli e preziosi. Edurne una grande persona, con molto da raccontare e si è rivelata anche molto simpatica. La goretex controlla il meteo ma sa anche come porre rimedio.
di Mattia Salvi
GORE-TEX EXPERIENCE TOUR
26/11/2014 - GORE-TEX Experience Tour: con Edurne Pasaban sulle orme di Lucy Walker fino in vetta al Balmhorn
14/10/2014 - GORE-TEX® Experience Tour
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Sono da poco passate le quattro del mattino e stiamo affrontando la prima parte della salita al Balmhorn. La vetta del Balmhorn veniva raggiunta per la prima volta circa 150 anni fa da Lucy Walker, suo padre e due guide: era la prima volta che una donna partecipava ad un’impresa di questo tipo. Per questo Lucy è considerata la prima alpinista donna della storia, cominciò ad andare in montagna su suggerimento del medico e partecipò poi a numerose spedizioni alpine diventando anche la prima donna in vetta al Cervino.
Vetta dell'alpinismo femminile dei giorni nostri è sicuramente Edurne Pasaban, numerose ascensioni in tutto il mondo e prima donna a mettere a curriculum la salita di tutte le quattordici vette superiori ad ottomila metri. Non a caso GORE-TEX ha scelto lei per questo “Gore-Tex Experience Tour”, iniziativa che celebra la storia, Lucy Walker e l’alpinismo femminile, portando un nutrito gruppo di alpinisti da tutto il mondo in cima al Balmhorn.
Due giorni fa ho messo la macchina su un trenino che in un circa quindici minuti è passato sotto il rifugio dove avrei dormito, la vetta che avrei salito, la stazione della funivia e mi ha portato a Kandersteg, nel cantone Bernese. Cena conoscitiva in compagnia del gruppo, formazione delle cordate e una lunga chiacchierata con Edurne che ci ha raccontato un po’ del suo modo di fare alpinismo, della sua collezione di giganti himalayani e della sua storia.
Dopo un’abbondante colazione continentale veloce controllo del materiale con le guide e ci avviamo verso la funivia e da lì, in un’oretta, al rifugio. Ho il forte sospetto che il meteo sia stato in qualche modo controllato da GORE-TEX: nuvole basse condiscono l’avvicinamento con una di quelle piogge fini e penetranti dando all’ambiente e al gruppo un aspetto decisamente GORE.
Il pomeriggio trascorre rapido tra un tè, qualche manovra di corda, una partita a dadi e la pioggia che onora con precisione svizzera il suo contratto. A cena scopro che Edurne parla italiano e naturalmente abbandoniamo lo scomodo inglese chiudendoci in una discussione neolatina a tre con un’altra spagnola. È simpatica, Edurne, e si parla un po’ di tutto: il telefono che non prende, dove conviene allestire campo 3 sul K2, i cetrioli nell’insalata, questioni personali e progetti per il futuro. La cena si conclude con un annuncio che avrei evitato volentieri: colazione anticipata alle tre. La notizia m’ammazza un po’ l’entusiasmo ma mi consola vedere che anche chi è abituato a svegliarsi nei campi avanzati Himalayani non accoglie l’anticipo con entusiasmo: “però non parlarmi per almeno tre ore dalla sveglia”.
Levataccia, colazione, ramponi ce l’ho, piumino ce l’ho, giaccavento e sovrapantaloni li prendo che qui controllano il meteo, frontale sul caschetto e partiamo, siamo tra le prime cordate, subito dietro di noi quella di Edurne. La salita comincia con un lungo traverso in leggera ascesa su sentiero per entrare nel vallone, lo si risale mentre l’erba lascia posto a pietre e sfasciumi, sempre tra nebbia e luci di frontali. Ed eccoci sugli sfasciumi dove era iniziato questo racconto, quelli del masso che scivola, che punta Edurne.
Inizialmente non ho parlato dell’imbarazzo: bisogna stare attenti in montagna, bisogna stare attenti su terreno inconsistente. Le pietre si muovono, dovrei saperlo. Il masso si ferma, le ho rotto un bastoncino, corro in giù, questa volta con prudenza, e chiedo scusa, chiedo scusa mille volte. Tolgo di mano un bastoncino ad Antonio, il mio compagno di cordata, e faccio il gesto di cederlo in cambio di quello rotto. Ovviamente rifiuta, dice che non è niente, che capita. Penso che mi odi. Ripete che non è niente.
Gli sfasciumi finiscono, e arriviamo sul ghiacciaio: pausa ramponi e legature. Il ripido e innevato pendio iniziale conduce ad una cresta rocciosa che, senza grosse difficoltà, ci porta finalmente fuori dalle nubi. Sole, le nostre ombre riflesse sul mare di nebbia e alpi, alpi a perdita d’occhio. Una prospettiva insolita per me che sono abituato a salire montagne più meridionali, eppure si riconosce chiaramente il Bianco, si vedono il Cervino e il Dent d’Herens. Il Rosa cerca goffamente di nascondersi dietro i giganti di Saas-Fee.
Torniamo sulla neve per l’ultimo pendio che, in un’ora scarsa, ci porta in vetta. Se possibile la vista migliora ancora aggiungendo a tutto quel bianco il verde della vallata di Kandersteg. Qualche foto, strette di mano e commenti in inglese con i compagni di corda. Siamo la prima cordata in vetta, quella di Edurne è adesso in fondo al pendio finale, qualcuno vorrebbe aspettarla per la foto di vetta con un 14 volte ottomila, ma il vento e il tempo che avanza ci fan decidere di cominciare la discesa. Beh, non avremo la foto ma avremo un’ottima storia da raccontare: Ho cominciato al discesa ancor prima che la Pasaban arrivasse in vetta. Basta tralasciare che era legata ad altri, che si faceva delle chiacchere, che l’han presa rilassata, che non c’era fretta alcuna. Limitiamoci all’incipit.
Al rifugio aspettiamo con una birra (grazie, Antonio) il gruppo che piano piano si ricompone. Ora c’è il sole anche qui, fatica e soprattutto soddisfazione si accumulano vicino agli scarponi messi ad asciugare.
Il Balmhorn si è rivelato un monte bellissimo di cui, probabilmente, non avrei mai sentito parlare. L’organizzazione, la compagnia e le guide piacevoli e preziosi. Edurne una grande persona, con molto da raccontare e si è rivelata anche molto simpatica. La goretex controlla il meteo ma sa anche come porre rimedio.
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26/11/2014 - GORE-TEX Experience Tour: con Edurne Pasaban sulle orme di Lucy Walker fino in vetta al Balmhorn
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