Solo mostri al Perugini, nuova via di più tiri in Val Montanaia
SOLO MOSTRI AL PERUGINI di Roberto Conti
Apriamo una nuova via? OK! Ma come si fa? Era un po’ che io e i miei amici stavamo pensando di aprire una via nuova, non in falesia, ma in montagna, una cosa seria insomma! Nella nostra testa tutto era già pronto: si sceglie una parete, si individua una linea, chiodi e martello e via!
Così con questa idea in testa, il nostro modo di guardare le pareti in montagna è cambiato radicalmente, finché, circa due mesi fa, in occasione della ripetizione della via normale al Campanile di Val Montanaia con la mia morosa, noto in fondo alla valle un bel pilastro arrotondato, slanciato e imponente. Tornato a Brescia mi documento e scopro con piacere che la linea individuata è ancora vergine. Mi bastano poche parole per convincere i miei due compagni di cordata storici a lanciarsi nell’avventura. Così l’ultimo week end di settembre tutto è pronto e io, Gabriele Tonelli e Stefano Manesta siamo in viaggio verso la Val Montanaia, accompagnati dalla mia compagna che, eccitata quanto noi all’idea, si è offerta per aiutarci a trasportare il materiale sotto la parete.
Sabato nel primo pomeriggio siamo al bivacco Perugini. Non sappiamo che la prima difficoltà sarebbe stata quella di passare una notte tranquilla. Nel corso della serata infatti, il bivacco diventa metà di pellegrinaggio di personaggi inverosimili, assurdi, bislacchi, strani fino al limite del pericoloso e chi più ne ha più ne metta. Passata una notte - come dire?, spumeggiante - , arriva finalmente la tanto desiderata ora di entrare in azione.
Dopo mezzora di cammino siamo sotto la parete, la linea da seguire è ben stampata in testa, e armati di tutto punto si parte. Il primo tiro, una placchettina verticale fessurata, viene vinto da Gabriele, senza troppi problemi. Il morale è alto ma iniziano a sorgere i primi dubbi. Meglio dritti o a destra? E quel muro strapiombante là in alto? Sarà duro? Riusciremo a piazzare qualche protezione?
Nessuno di noi ha mai aperto una via su una parete dolomitica e la linea che tanto era chiara nella nostra testa sembra scomparire in mezzo alla parete gialla. Non rimane che provare quindi. Alla fine, dopo una bella lotta, anche il muro strapiombante viene salito con poche protezioni e qualche brivido. E bravo Gabri!
Ora è il mio turno e la linea è più chiara, una bella rampa verso sinistra mi porta velocemente in alto, ma anche qui, lontano dall’ultima protezione, inizia a venirmi qualche dubbio. Il muretto verticale sopra di me è delicato, ma in alto c’è una fessura e sopra ancora un terrazzo. Con passaggi delicati arrivo in sosta e recupero i compagni: siamo ormai galvanizzati e sappiamo che là in alto una bella terrazza aspetta solo il nostro arrivo.
Ci consultiamo ma serve a poco; la vista è ostruita da un altro muro strapiombante. Parto, traverso a destra, Stefano mi chiede: "E adesso dove vai" la mia risposta non poteva che essere uno stoico "Non lo so". E così, spinto più dall’istinto che dal cervello, forzo dritto per dritto il verticale muro grigio compatto arrivando alla desiderata cengia. Che tiro!! Siamo felici ma anche un po’ provati psicologicamente e disorientati. L’arrampicare senza la familiare e rassicurante relazione nel taschino è sfiancante. Manca l’ultimo muro alla cima del pilastro e dobbiamo stringere i denti. Ironia della sorte, quello che sembrava un facile muretto di quinto si rivela il tiro chiave. Dopo alcuni tentativi, Gabriele viene respinto dalla placca gialla e nera e se ne torna in sosta, Stefano mi cede agilmente il turno e così mi ritrovo ancora a navigare oltre le colonne d’Ercole. Movimenti delicati, roccia nera rovescia, l’ultimo chiodo ormai distante e la cengia d’uscita sempre più vicina. Tra me penso: "O sali o sali quindi, ..sali!" 5 metri di paura e sono fuori. Recupero i compagni. Siamo in cima al pilastro, la vista sulla valle è stupenda il sole è stupendo tutto è stupendo! Abbiamo aperto una via nuova in Dolomiti!
Mentre attrezziamo le doppie ripensiamo a tutto, nella fattispecie alla notte di sabato, e visti gli elementi incontrati, la via non può che chiamarsi Solo Mostri al Perugini. Lungo il sentiero di rientro ci crogioliamo nel ricordo della nostra piccola impresa, anche se il chiodo fisso adesso è: birra!
Ringrazio di cuore i miei compagni Gabriele e Stefano, che si è sorbito sulla schiena per tutta la via il nostro amico Hilti. Un ringraziamento va anche alla signorina Martina la quale ha prestato le sue spalle al peso della ferramenta senza mai un lamento. In un ultimo, un caro ringraziamento va anche ai gestori del rifugio Pordenone che ci hanno accolto calorosamente al nostro ritorno a valle.
Roberto Conti
SCHEDA: Solo mostri al Perugini, Val Montanaia, Dolomiti Friulane