Ricordando Adriano Trombetta

Ad un anno dalla scomparsa, un ricordo di Adriano Trombetta da parte di un amico. Nato a Torino nel 1979, guida alpina, Adriano ha perso la vita il 17 febbraio 2017 insieme a Margherita Beria D’Argentina e Antonio Lovato sotto una slavina sul Monte Chaberton (Alta Val di Susa, Alpi Cozie)
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Adriano Trombetta in apertura su una nuova via di ghiaccio, gennaio 2017
Andrea Mollo

Forse è ancora troppo presto, ma ad un anno dalla sua scomparsa non posso non scrivere qualcosa in più su un amico di cui sento la mancanza. Su di lui, Elio Bonfanti un anno fa ha scritto un articolo stupendo, riuscendo a cogliere e descrivendone in poche righe il personaggio. Volevo però ricordarne qualche tratto in più.

Non ho conosciuto G.C. Grassi ma sono sempre stato affascinato dal suo personaggio. Ho letto ed approfondito la sua vita e ho ripetuto alcune delle sue salite. Uno dei maestri del ghiaccio, una delle punte di diamante dell'alpinismo made in Piemonte. Il naif. Il fanciullo. Più leggo sul personaggio di Grassi, più comprendo quanto sia stato preso d'esempio dall’amico che voglio ricordare. Conosciuto da tutti, criticato dai più. La sua mancanza di regole, di rispetto, di serietà, il suo essere così fanciullo, così libero e menefreghista… amante della montagna, della buona cucina e del buon bere, della conquista femminile e del suo ego. Sto parlando di Adriano, del Tromba. Il fatto che anche ad Elio ricordasse Grassi, lui che l'ha conosciuto, non può che avvalorare la mia tesi.

A lungo ho cercato come descrivere in breve Adriano: era un esaltato esagerato. Sì, Adriano era esagerato, in qualunque cosa facesse. In una critica come in un elogio, in un risotto come su una cascata (magari una frangia sospesa). L'esaltazione era quella cosa che gli serviva per superare le proprie paure. Un loop incredibile di esaltazione e di esagerazione. Quella di un bambino, di un bambino capriccioso, pauroso, ma in fondo con molto, molto coraggio. L'esaltazione di essere e voler essere un leader, uno scopritore di nuove vie di salita e di talento nei suoi allievi. Un leader con seguaci e amici che andavano e venivano, e che lui faceva crescere, soprattutto in coraggio. Un piccolo grande maestro della scuola Adriano Trombetta.

Penso che il Tromba fosse affascinato dal mito di Grassi e del Nuovo Mattino, non avendolo conosciuto direttamente ma essendone un erede, come molti abbia fantasticato, idolatrato, mitizzato dentro di sé, le cose che leggeva, scalava, viveva e cercava. Seguendone la traccia, è cresciuto e ha creato il proprio personaggio, la sua propria linea di salita. Un imprinting mitologico. Anche il termine naif è perfetto sul Tromba! Non conosco nessuno più naif di Adriano. Dal vestire, all'attrezzatura. Dal caos del furgone alle serate al Regio per la lirica. Adriano non seguiva una sola convenzione. Dopo anni di Machine con tanto di dragonne, finalmente sponsorizzato nomik, scalava con le X-Dream nastrate di nero, "che così in foto non si vede la differenza!"

Adriano era una persona esageratamente generosa. Generosa di emozioni, di condivisione di avventura. Come cliente, se gli chiedevi di salire qualcosa di bello, di nuovo per lui, beh il prezzo era “giornata guida”, anche se si trattava di una cascata di 5+ da 300 mt..

Se dopo un paio di scalate assieme gli stavi simpatico, se si innamorava di te già dopo la prima, ti presentava ai suoi amici, integrandoti nel gruppo, e non facendoti più pagare nulla. Si, qualche volta ti rubava qualcosa, ma non lo faceva per tirchieria, era il suo personaggio. Anche perché poi, non è che facesse attenzione a non usare o non mostrare ciò che ti aveva rubato, o preso in prestito senza chiedere. Il suo listino da guida era a seconda dell'umore, della via di salita, di come stava in quel giorno, in quel momento. Un tirchio avrebbe lavorato per guadagnare il più possibile. Lui lavorava il minimo indispensabile. La sua unica regola era prima il piacere e poi il dovere, se proprio non se ne poteva fare a meno.

Era anche generoso nello spendersi fisicamente in un'avventura dal ritorno incerto. Mai ho proposto ad Adriano una cosa che non abbia accettato e in cui sapeva di essere comunque la guida, il piu preparato e spesso il più emotivo, e a volte il più fifone! Dal calarsi in un abisso sconosciuto del Marguareis, a fare speleocanyoning.

Ecco era generoso nella condivisione delle avventure eroiche. E ho descritto solo qualche esempio di vita vissuta con lui, ma ognuno di voi che l'ha conosciuto, che ci ha passato anche solo due giorni assieme avrebbe da raccontare più di un aneddoto. Beh io di persone così particolari, così originali, non ne ho conosciute molte, anzi... un personaggio così naif, estremo, esaltato ed esagerato... Amava discutere e far discutere. Bisticciava e polemizzava con chiunque, per il puro gusto di farlo e di irritare.

Dal punto di vista meramente alpinistico Elio ha già scritto di lui nel suo articolo. Sarebbe bello che qualche compagno ne elencasse le gesta su ghiaccio roccia e misto. Ma Elio ha scordato di dire che era un portento anche con i bambini, si esaltava più di loro, record forse del più giovane sul Dente del Gigante e prima ed unica femminile under 12 all'Anciesieu, Lui con tre corde da primo ed io da quarto per assicurarlo e far vivere a due bambine l'emozione di salire Panorama su Forzo e di insultarmi e sfottermi, come solo lui sapeva fare, perché scalavano meglio di me.

Mi manca molto Adriano. Mi manca trovare l'avventura a due passi da casa con lui, mi mancano le sue sfuriate, i suoi complimenti, le sue cene e i suoi risotti. Mi manca un compagno di giochi, il bambino uomo che non voleva assolutamente crescere, men che meno responsabilizzarsi. Mi mancano le sue telecronache all'x-ice, i suoi discorsi funebri, la sua totale anarchia. Mi mancano i mille pettegolezzi, i segreti di tizio e caio…i nuovi amici/clienti che mi avrebbe potuto presentare. Perché è sempre tramite lui che ho conosciuto Antonio, l'Arabo (Fabio) e gran parte degli amici più cari che ho e che non ho più.

Adriano amava far parlare di sé, ricordandolo qui ho cercato di fare ciò che per lui era importante. Tenendo vivo il suo ricordo, scrivendo di lui, come tanti hanno scritto di Grassi, spero serva a mantenere viva la loro traccia, il loro stile unico. Scrivendo di loro scrivo al bambino che è in noi, che di regole non ne vuol sapere un cazzo, se non esplorare e divertirsi ed esser fedele solo a se stesso; il bambino che troppe volte non abbiamo il coraggio e la spavalderia di liberare, ma che invidiamo in fanciulli liberi da ogni regola come lo erano loro.

Andrea Mollo




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