Rendez-vous Haute Montagne 2015 - semplicemente insieme per arrampicare
Dal 26/7 al 2/8/2015 a San Cassiano, in Alta Val Badia (Dolomiti), si è tenuto il Rendez-vous Haute Montagne 2015, il classico incontro estivo dell' international women's climbing network per ritrovarsi, arrampicare, camminare, fare mountain bike che ha riunito più di 50 alpiniste provenienti da Italia, Svizzera, Austria, Germania, Gran Bretagna, Rep. Ceca e Rep. Slovacca.
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Foto di gruppo per il Rendez-vous Haute Montagne 2015 che si è svolto dal 26/7 al 2/8/2015 a San Cassiano, in Alta Val Badia (Dolomiti)
Claudia Cuoghi
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLE CORDATE ROSA. Eh sì, a dispetto dei soliti triti luoghi comuni che vogliono le donne litigiose e incapaci di relazioni fraterne durature nel tempo, l’associazione che la baronessa ungherese Felicitas von Rezniceck fondò nell’ormai lontano 1968 ha dimostrato di essere una visione felice, capace di resistere al logorio dell’età e alle insidie dell’individualismo contemporaneo. Il Rendez-vous Haute Montagne, che si sta avvicinando a grandi passi al suo cinquantesimo compleanno, ha infatti appena concluso il raduno estivo annuale (altri momenti di incontro si svolgono in inverno per chi pratica l’arrampicata su ghiaccio e in primavera per le scialpiniste) con la bellezza di oltre 50 partecipanti da tutta Europa. Italiane, svizzere, austriache e tedesche, inglesi, ceche e slovacche, che si sono ritrovate a San Cassiano, in Alta Val Badia, per fare cordata sulle cime dolomitiche, camminare, avventurarsi sui sentieri in mountain bike e, non ultimo, stare semplicemente insieme, al momento della prima colazione da consumare sotto la grande tenda allestita per l’occasione o a cena, rinnovando relazioni e facendo nuove conoscenze. E non di rado, visti i frequenti acquazzoni, dandosi una mano nel ripristinare tende inondate.
L’Rhm è come una calamita. Appena l’afferri e inizi a muoverla, ecco che le donne si lasciano attrarre e pian piano, alla spicciolata, accorrono. Giovani alle prime armi ed esperte alpiniste che si dedicano con continuità alle pareti e vantano curricula di tutto rispetto, scalatrici di falesia ed escursioniste, donne mature che hanno rarefatto la loro attività sulla roccia ma partecipano per il piacere di esserci e di incontrare le “amiche”, guide naturalistiche e persino qualche guida alpina. Insomma, un interessante caleidoscopio di tipi umani, magari meno elitario di quanto non fosse all’inizio, quando le partecipanti si chiamavano Loulou Boulaz e Yvette Vaucher, Simone Badier e Claude Kogan, Wanda Rutkiewicz e Silvia Metzeltin, ma specchio piuttosto fedele dell’attività svolta oggi dalle donne che vanno in montagna e in parete.
Quest’anno il Rendez-vous ha inserito anche la novità di una giornata culturale, organizzando un incontro con la gardenese Ingrid Runggaldier, figlia di Franz, guida alpina di Ortisei e tra i fondatori del gruppo dei Catores, nonché del Soccorso alpino Val Gardena. Pubblicista e traduttrice, Ingrid è soprattutto una donna di ampi orizzonti, che negli anni si è appassionata allo studio della storia dell’alpinismo femminile, cui ha dedicato un film documentario (La montagna al femminile, 2002) e nel 2013 un poderoso lavoro di ricerca, pubblicato per ora solo in tedesco, dal titolo Frauen im Aufstieg (Donne in ascesa). Con lei, incantevole padrona di casa nella sua baita sul Seceda, sopra Santa Cristina di Val Gardena, si è camminato e parlato di vita delle donne in montagna, di personaggi il cui ruolo nella storia della liberazione femminile e nell’avvicinamento allo sport alpinistico ha segnato passaggi fondamentali, come negli anni trenta del 900 la fortissima atleta Paula Wiesinger o, tra la prima e la seconda guerra mondiale, Maria Piaz, pioniera del turismo locale e sorella della celebre guida fassana Tita Piaz. Ma anche di tradizione ladina e dei suoi intrecci con le comunità germanofone e italiane, un mix che nelle cinque valli ladine diventa esperimento di convivenza e di indubbio arricchimento culturale.
di Linda Cottino
L’INDIPENDENZA DEL FARE E DEL PENSARE. Auricolare fra i lunghi capelli, smartphone in mano, Vans ai piedi. Leggiadre, tre ragazzine si aggirano fra le tende fradicie dell’Rhm sfidando, inconsapevoli, il rude cliché delle donne alpiniste. Ancheggiano a suon di musica, ridono, mangiano e vogliono andare in piscina: lo scroscio di pioggia, ennesimo e prolungato, dà loro una mano nel convincere le “anziane” ad uscire dalle tende ed accompagnarle in paese. Nel frattempo echeggia una sonora ed inconfondibile risata: è Vreni, veterana del gruppo, se non per età certamente per numero di presenze. Conosce tutti, anzi tutte: racconta, ricorda, scherza, propone. Per l’indomani è previsto tempo migliore, il rischio temporale c’è, ma si può tentare.
Le “forti” ragionano su vie impegnative, riunite al riparo di un provvidenziale tendone bianco, attorno a uno scatolone dal quale fioriscono guide dell’Alta Val Badia e dintorni. Le “tranquille” pensano a una lunga camminata con dislivelli pazzeschi per risarcire, nella propria coscienza, l’assenza di difficoltà. Le “giovani” vorrebbero osare ma non osano dirlo. Le “vecchiacce”, provocatrici, evocano 6c marci e sprotetti. Le “intrepide” si lanciano su pendii di mountain-bike. Le “sfortunate” strizzano sacchi a pelo e stendono le tende.
Tedesco, italiano, ceco e inglese (accidenti, ma dove sono le francesi e le spagnole?!) si incrociano e si fondono, così come le cordate, in uno strano linguaggio fatto di itinerari, difficoltà, materiale e barrette. Non ci sono più carta e matita per ricopiare fedelmente le relazioni e gli schizzi, tutte (o quasi) sfoderano i cellulari per fotografare le pagine; drammaticamente, tutte (o quasi), compiono quell’atavico gesto che allontana la pagina (o lo schermo) dagli occhi per riuscire a leggere, imprecando contro riflessi e caratteri microscopici.
All’indomani si parte, qualcuno già alle sette nonostante l’umidità che si taglia a fette, altre un po’ più tardi, dopo una colazione in compagnia, fra un fornelletto da un lato, marmellate e muesli dall’altro. Ci si infila in macchina, in quattro o cinque, zaini in braccio, corde sotto al sedere. Qualcuno si muove con tutto il furgone, attrezzatissimo. Si sbarca ai parcheggi, si imboccano i sentieri, si salgono le vie, si scendono le normali, si rientra al campeggio. Più o meno soddisfatte delle salite, mai deluse dalla giornata. Qualcuna ha avuto tempo per una visita al museo della Grande Guerra a Passo Falzarego, altre per una confortante lezione di yoga, altre ancora per una lettura serale comune. Negli anni cambia il programma e il bestiario dell’Rhm, ma permane, fortunatamente, il suo tratto distintivo: l’indipendenza del fare e del pensare. Che sia una caratteristica femminile?
di Francesca Colesanti
Rhm 2015 ringrazia Wild Climb
info: http://rhm-climbing.net
L’Rhm è come una calamita. Appena l’afferri e inizi a muoverla, ecco che le donne si lasciano attrarre e pian piano, alla spicciolata, accorrono. Giovani alle prime armi ed esperte alpiniste che si dedicano con continuità alle pareti e vantano curricula di tutto rispetto, scalatrici di falesia ed escursioniste, donne mature che hanno rarefatto la loro attività sulla roccia ma partecipano per il piacere di esserci e di incontrare le “amiche”, guide naturalistiche e persino qualche guida alpina. Insomma, un interessante caleidoscopio di tipi umani, magari meno elitario di quanto non fosse all’inizio, quando le partecipanti si chiamavano Loulou Boulaz e Yvette Vaucher, Simone Badier e Claude Kogan, Wanda Rutkiewicz e Silvia Metzeltin, ma specchio piuttosto fedele dell’attività svolta oggi dalle donne che vanno in montagna e in parete.
Quest’anno il Rendez-vous ha inserito anche la novità di una giornata culturale, organizzando un incontro con la gardenese Ingrid Runggaldier, figlia di Franz, guida alpina di Ortisei e tra i fondatori del gruppo dei Catores, nonché del Soccorso alpino Val Gardena. Pubblicista e traduttrice, Ingrid è soprattutto una donna di ampi orizzonti, che negli anni si è appassionata allo studio della storia dell’alpinismo femminile, cui ha dedicato un film documentario (La montagna al femminile, 2002) e nel 2013 un poderoso lavoro di ricerca, pubblicato per ora solo in tedesco, dal titolo Frauen im Aufstieg (Donne in ascesa). Con lei, incantevole padrona di casa nella sua baita sul Seceda, sopra Santa Cristina di Val Gardena, si è camminato e parlato di vita delle donne in montagna, di personaggi il cui ruolo nella storia della liberazione femminile e nell’avvicinamento allo sport alpinistico ha segnato passaggi fondamentali, come negli anni trenta del 900 la fortissima atleta Paula Wiesinger o, tra la prima e la seconda guerra mondiale, Maria Piaz, pioniera del turismo locale e sorella della celebre guida fassana Tita Piaz. Ma anche di tradizione ladina e dei suoi intrecci con le comunità germanofone e italiane, un mix che nelle cinque valli ladine diventa esperimento di convivenza e di indubbio arricchimento culturale.
di Linda Cottino
L’INDIPENDENZA DEL FARE E DEL PENSARE. Auricolare fra i lunghi capelli, smartphone in mano, Vans ai piedi. Leggiadre, tre ragazzine si aggirano fra le tende fradicie dell’Rhm sfidando, inconsapevoli, il rude cliché delle donne alpiniste. Ancheggiano a suon di musica, ridono, mangiano e vogliono andare in piscina: lo scroscio di pioggia, ennesimo e prolungato, dà loro una mano nel convincere le “anziane” ad uscire dalle tende ed accompagnarle in paese. Nel frattempo echeggia una sonora ed inconfondibile risata: è Vreni, veterana del gruppo, se non per età certamente per numero di presenze. Conosce tutti, anzi tutte: racconta, ricorda, scherza, propone. Per l’indomani è previsto tempo migliore, il rischio temporale c’è, ma si può tentare.
Le “forti” ragionano su vie impegnative, riunite al riparo di un provvidenziale tendone bianco, attorno a uno scatolone dal quale fioriscono guide dell’Alta Val Badia e dintorni. Le “tranquille” pensano a una lunga camminata con dislivelli pazzeschi per risarcire, nella propria coscienza, l’assenza di difficoltà. Le “giovani” vorrebbero osare ma non osano dirlo. Le “vecchiacce”, provocatrici, evocano 6c marci e sprotetti. Le “intrepide” si lanciano su pendii di mountain-bike. Le “sfortunate” strizzano sacchi a pelo e stendono le tende.
Tedesco, italiano, ceco e inglese (accidenti, ma dove sono le francesi e le spagnole?!) si incrociano e si fondono, così come le cordate, in uno strano linguaggio fatto di itinerari, difficoltà, materiale e barrette. Non ci sono più carta e matita per ricopiare fedelmente le relazioni e gli schizzi, tutte (o quasi) sfoderano i cellulari per fotografare le pagine; drammaticamente, tutte (o quasi), compiono quell’atavico gesto che allontana la pagina (o lo schermo) dagli occhi per riuscire a leggere, imprecando contro riflessi e caratteri microscopici.
All’indomani si parte, qualcuno già alle sette nonostante l’umidità che si taglia a fette, altre un po’ più tardi, dopo una colazione in compagnia, fra un fornelletto da un lato, marmellate e muesli dall’altro. Ci si infila in macchina, in quattro o cinque, zaini in braccio, corde sotto al sedere. Qualcuno si muove con tutto il furgone, attrezzatissimo. Si sbarca ai parcheggi, si imboccano i sentieri, si salgono le vie, si scendono le normali, si rientra al campeggio. Più o meno soddisfatte delle salite, mai deluse dalla giornata. Qualcuna ha avuto tempo per una visita al museo della Grande Guerra a Passo Falzarego, altre per una confortante lezione di yoga, altre ancora per una lettura serale comune. Negli anni cambia il programma e il bestiario dell’Rhm, ma permane, fortunatamente, il suo tratto distintivo: l’indipendenza del fare e del pensare. Che sia una caratteristica femminile?
di Francesca Colesanti
Rhm 2015 ringrazia Wild Climb
info: http://rhm-climbing.net
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