Renato Casarotto

Lo scorso agosto, i movimenti del ghiacciaio De Filippi (K2) hanno riportato in superficie, il corpo del grande alpinista Renato Casarotto.


Dal direttore della Rivista della Montagna riceviamo e volentieri pubblichiamo questa notizia che ci riporta indietro nel tempo, come alpinisti e uomini. Quasi un segno di quanto sia importante ricordare.


I movimenti del ghiacciaio De Filippi, ai piedi del K2, la seconda montagna della Terra, hanno riportato in superficie, lo scorso agosto, il corpo di Renato Casarotto.
Vicentino, classe 1948, Casarotto era uno dei più forti alpinisti contemporanei. Il 16 luglio 1986, lo scalatore rimase vittima di un incidente mentre strava rientrando al campo base, al termine del suo ultimo tentativo solitario alla vetta del K2. All’epoca, il corpo dell’alpinista vicentino venne tumulato in un profondo crepaccio del ghiacciaio. Nei primi giorni di agosto, subito dopo il ritrovamento, un gruppo di scalatori kazakhi ha trasportato le spoglie dell’alpinista veneto al Memorial Gilkey, seppellendole sotto il grande tumulo di pietre che, a partire dal dopoguerra, raccoglie i resti dei caduti sul K2.

Renato Casarotto era tra i miei amici più cari. Di lui ho ricordi straordinari: delle sue scalate, che sembravano proiezioni nel futuro, ma anche della sua grandissima umanità. Appena ho saputo del ritrovamento, ho ripreso in mano la sua ultima lettera. Me la scrisse dal campo base del K2; la ricevetti lo stesso giorno in cui sua madre mi comunicò la notizia della sua morte. Fu un colpo terribile. Ho conservato quel foglio azzurro tra le mie cose più care. Del suo tentativo sullo sperone sud sud ovest del K2, Renato mi scrisse: «La via è tremendamente difficile e mi ha impegnato al massimo. È fra le vie più difficili dell’Himalaya e del Karakorum. Spero di poterla percorrere per primo».
Ringrazio gli amici kazakhi per il rispetto e l’attenzione con cui hanno recuperato e sepolto il corpo di Renato al Memorial Gilkey.

di Roberto Mantovani


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