Psycho Vertical, Torre Egger, Patagonia prima ripetizione dopo 29 anni. Intervista a Korra Pesce

Dal 7 al 9 gennaio 2016 Tomy Aguilo, Corrado Korra Pesce, Roland Striemitzer, Iñaki Coussirat e Carlitos Molina hanno effettuato l'ambita prima ripetizione di Psycho Vertical, la via aperta nel dicembre 1986 sulla parete sudest della Torre Egger in Patagonia dagli sloveni Janez Jeglič, Silvo Karo e Franček Knez.
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Corrado Korra Pesce su Psycho Vertical, Torre Egger, Patagonia
Roli Striemizer

Quasi 30 anni. 29 anni ed un mese per la precisione. È questo il tempo che è trascorso dalla prima salita di Psycho Vertical, la mitica via aperta nel dicembre 1986 sulla parete sudest della Torre Egger dagli sloveni Janez Jeglič, Silvo Karo e Franček Knez. Una cordata affiatata, ritenuta da molti come una delle più forti di tutti i tempi, tanto che in queste tre decadi l'audace salita non era mia stata ripetuta. Fino all'inizio di gennaio quando, curiosamente completamente per caso, due cordate si sono trovate al campo avanzato a contendersi l'ambita prima ripetizione. Da una parte il team composto dall'argentino Tomy Aguilo, l'italiano Corrado Korra Pesce e l'austriaco Roland Striemitzer, e dall'altra gli argentini Iñaki Coussirat e Carlitos Molina. I cinque sono partiti come due cordate indipendenti il 7 gennaio, ma all'arrivo in vetta alle ore 22 del'8 gennaio si sono trovati come un grande e affiatato team. Nel mezzo, c'è da segnalare un bivacco su una cengia per due, tanta arrampicata artificiale e la prima salita in stile alpino di questa leggendaria via. Dopo un secondo bivacco, poco sotto la cima, è iniziata la discesa alle 5:30 del 9 gennaio lungo la via Americana ed il rientro a El Chalten. Un finale per certi versi da favola di questo piccolo gioiello dell'alpinismo con il quale gli sloveni hanno segnato la storia dell'alpinismo non solo Patagonico e ispirato intere generazioni di alpinisti.

Korra, innanzitutto come mai questa via?
L'alone di leggenda intorno a queste linea incredibile l'ho scoperto con il libro Patagonia di Gino Buscaini e Silvia Metzeltin. Poi anni fa mi sono ritrovato, giusto prima del calare della notte, ai piedi della Est del Cerro Torre e Sud Est della Egger, non potevo credere a ciò che vedevo, mi sentivo schiacciato da quelle due Torri illuminate dal chiaro di luna. La sola idea di tentare una qualsiasi di quelle super vie mi ha motivato a venire in Patagonia più volte. Ma non solo, anche a cercare di imparare tutto ciò che avrebbe potuto permettermi di salire una via del genere.

Cosa ne sapevate prima?
Sulla Sud Est della Egger gli Sloveni Silvo Karo, Jeglic e Knez hanno aperto l'evidente linea di diedri e fessure. È una delle quattro salite aperte da questo dream team formato da alcuni dei migliori alpinisti di sempre. Potevamo intuire che la roccia poteva essere migliore che sulle altre loro vie, che sono tutte irripetute. Psycho Vertical era quella che sembrava offrire più chance di successo in stile leggero. In più, ha un nome davvero figo, come le altre, talmente tanto che l'alpinista britannico Andy Kirkpatrick ha dato questo nome ad un suo libro anche se non aveva mai toccato quella via! Da qui si più immaginare quanto questa linea incredibile susciti emozioni negli appassionati di vie estreme.

Ti sei recato in Patagonia appositamente per questa via?
Non posso dire che fosse l'obiettivo di stagione. Ho viaggiato con i soliti 23kg di bagaglio, i sogni e le idee pazze pesano poco quindi tutto o quasi era possibile. Soprattutto perché scalando con Tomi posso aspirare a salire cose difficili. Non so se questa linea sia stata tentata in passato. Rolando Garibotti ci ha suggerito di provare ed Ermanno Salvaterra mi ha detto di aver già suggerito ad altri di provare. Quindi immagino non siano mai mancati alpinisti che avevano in mente questa via.

Ci parli velocemente dei tuoi compagni di cordata?
I miei soci per questa salita sono stati Tomas Roy Aguiló che vive qui al Chaltén, che ha un palmares impressionante e con il quale mi trovo molto bene. Abbiamo tra l'altro visioni simili e questo ha contribuito enormemente alla riuscita. Roli è austriaco, è Guida Alpina da un anno, una montagna! Inizialmente Tomi era indisponibile per motivi di famiglia quindi ho contattato Roli, era già qui con altri soci ma voleva andare alla Torre Egger che non aveva ancora salito. Poi Tomi si é liberato e abbiamo subito pensato di fare qualcosa di difficile. E Roli ci ha detto che era pronto a tentare qualsiasi cosa...

Come è andata all'inizio?
Prima di partire abbiamo cercato di capire come utilizzare il bel tempo a disposizione. Proprio nel mezzo di varie belle giornate alcune previsioni ne mettevano un paio con tanto vento. Siamo partiti il 6 gennaio da El Chalten usando una giornata bellissima per camminare fino al campo Norvegese dove abbiamo bivaccato. L'idea era di utilizzare il giorno seguente con molto vento per salire la parte bassa che è ben riparata, e utilizzare l'8 gennaio per arrivare in cima. Il 9 avevamo mezza giornata per scendere prima che il vento forte riprendesse e ci siamo detti che per scendere sarebbe bastato, e in effetti così è stato. Abbiamo seguito la tabella di marcia ed è stato fondamentale per la riuscita di questa salita.

Però, dopo 29 anni, vi siete trovati a prova la via non da soli ma con altri due alpinisti…
Arrivati al Noruegos sapevamo di incontrare Carlitos e Iñaki, due ragazzi Argentini con tanto talento e morale a prova di bomba. Non sapevamo cosa volessero tentare ma almeno una volta avevano accennato già a El Chalten di volere tentare questa via, era il sogno di Carlitos. Temevano di dover fare misto difficile per il quale non erano abbastanza preparati ma confidavano che i 5 giorni di bel tempo annunciati dai modelli meteo che seguiamo di solito avrebbero permesso di completare la via. Le nostre previsioni erano meno ottimiste. In ogni modo eravamo al Noruegos con la pressione di dover salire una via impressionante e irripetuta per tanti anni e ci ritroviamo a dover fare i conti con un'altra cordata... Mi dico che si tratta giusto di un problema in più da aggiungere all'equazione. Abbiamo organizzato gli zaini e siamo partiti pochi minuti prima di loro con la corda già preparata per essere sfilata dallo zaino come per una qualsiasi giornata all'Aiguille du Midi, dove è vitale bruciare sul tempo le cordate pretendenti alle stesse vie. Diciamo che sono preparato per queste cose ed i compagni hanno giocato lo stesso gioco sapendo bene che era fondamentale per noi non ritrovarci a scalare sotto un'altra cordata.

Quando avete deciso di unire le forze?
Roli è stato molto rapido nel salire i non facili 3-4 tiri nel colatoio poi una volta ai piedi della parete rocciosa Tomi è partito davanti. Dopo 8 tiri la scalata prevalentemente in artificiale ci ha rallentato. I ragazzi sotto ci hanno raggiunto e siccome rifarsi tutti i tiri dopo aver atteso a lungo in sosta sarebbe costata la salita ai nostri giovani amici, ci siamo offerti di fissar loro le corde nei tiri di artificiale. Ecco quindi che ci siamo ritrovati in cinque. Il che potrebbe avere dei vantaggi, ma mi sembrava di vedere solo inconvenienti, il solo rischio di colpirli con un blocco di roccia e ghiaccio era per me molto stressante.

Ma...
Il fatto che 65% del doppio team siano Argentini ha fatta sì che lo stress sia stato rimpiazzato da un atmosfera molto gioviale.

Parlaci del primo bivacco…
Oramai avanti nel pomeriggio mi impegno per raggiungere il primo di due posti che ci davano una speranza di poter bivaccare nella parete molto verticale. Decidiamo di bivaccare ai piedi di un diedro strapiombante e mentre fisso le corde nel tiro seguente i ragazzi tagliano una cengia che sarebbe stata neanche male per due, ma per cinque... no comment. Notte difficile, ma eravamo contenti perché le nuvolone nelle quali ci siamo trovati per diverse ore si sono dissipate ed il vento che sentivamo soffiare attraverso il Colle della Conquista si è calmato.

Le difficoltà della via? La descrivi come “Forse la via più difficile che io abbia mai salito finora.”
La salita ha presentato difficoltà continue dall'inizio alla fine e mai mi sono ritrovato a fare così tanta artificiale. Le tante fessure bagnate e il verglas ci hanno fatto sudare e nella parte alta pulire il ghiaccio dalle fessure non era sempre evidente, allora lungo tutto il diedro superiore ho fatto ricorso al drytooling come a casa sul Monte Bianco ed è stato molto utile. Dovendo dare dei gradi direi 950mt 6b A3 M8, ghiaccio a 90°.

E poi c'è stata quella cima, tanta attesa.
Una volta usciti sotto i funghi abbiamo sentito odore di vetta ed è stato con grandissimo piacere che ho calpestato questa cima tanto agognata per la seconda volta.

La prima salita degli sloveni nel 1986… cosa ne pensi, adesso che l’hai ripetuta?
È stata impressionante come tutte le altre loro salite. É stata sicuramente una delle più grandi cordate di sempre. Che onore poter salire una loro via. Ci sentiamo molto fortunati.

Silvo Karo aveva scritto “Forse un giorno vie come queste potranno essere salite in libera, in solitaria ed in giornata. Questo è lo sviluppo naturale, una sorta di scala dove ogni nuovo passo segue quelli più vecchi”. Qual’è il tuo, il vostro prossimo passo in Patagonia.
Silvo Karo ha spiegato molto bene come funzionino le cose quando si parla di Alpinismo ed innovazione. Avevano forse intuito che questa salita con le condizioni giuste possa essere salita in stile più leggero. Ci sono voluti 30 anni. Il che mi fa pensare che ci sia poco margine per migliorare su ciò che hanno fatto con maestria. Io mi accontento di assaporare il fatto che abbiamo potuto fare la salita di una loro via, non penso affatto che abbiamo fatto qualcosa di molto innovativo, sono anni che salite anche dure sono state salite in stile leggero. Dal 2005 con El Arca de los Viento, passando dall'apertura di Venas Azules per i Norvegesi, è da qualche anno che si può osare salite del genere. Per me la prossima tappa è aggiungere ancora tanti problemi alla complicata equazione che rappresentano queste pareti titaniche. Forse sul Torre dove le vie hanno roccia peggiore.





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