Plein Sud: nuova via sulla parete Sud delle Grandes Jorasses
Il 22 maggio 2010 Sergio De Leo, Michel Coranotte, Marcello Sanguineti e Marco Appino hanno hanno aperto "Plein Sud", nuova via sulla selvaggia e incredibile parete Sud delle Grandes Jorasses (Monte Bianco). In tutto oltre 900m di VI d'ambiente, WI4+/5R, M6+.
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Le Grandes Jorasses dal versante Sud
Marcello Sanguineti
Ci sono ancora grandi pareti da esplorare sulle Alpi? La domanda potrebbe sembrare retorica, tanto si è affermato che chi "sa vedere" trova sfide ed avventure anche dietro l'angolo di casa. Ma, a guardar bene, proprio scontata non è, visto che le nuove ascensioni e la voglia di misurarsi dentro le pieghe più scomode e selvagge delle nostre montagne non sono poi così frequenti. E' per questo che ci piace presentare la nuova via aperta da Sergio De Leo, Michel Coranotte, Marcello Sanguineti e Marco Appino (3 italiani + 1 francese di origini italiane) sull'immensa e severa - quanto rarissimamente frequentata - parete Sud delle Grandes Jorasses, circa 200m piu' alta della famosa Nord.
La loro "Plein Sud" termina a poca distanza dalla brèche della III Torre di Tronchey. Percorre dapprima i 450m di goulottes della "Direttissima - Gianni Comino Memorial Route" o "Phantom Direct", aperta nel 1985 da Giancarlo Grassi, Renzo Luzi e Mauro Rossi. Dove Grassi & C. avevano traversato a sinistra, Plein Sud prosegue invece pressoché diritta lungo i 250 m circa del couloir centrale, fino al gran camino che nascone un'incassatissima goulotte di ghiaccio e dry-tooling. Il tutto, realizzato dopo un bivacco a poca distanza dalla crepaccia terminale, ma anche e soprattutto dopo un'attesa e uno studio della parete durati anni: per cogliere il momento giusto, quell'attimo che, se ti sfugge, rende queste pareti inafferrabili.
Plein Sud, infatti, raccoglie l'eredità visionaria di Grassi e Comino. Quella loro "pazza" e per certi versi "insana" passione per i couloir fantasma, quelli che - lo dice la parola stessa - si formano solo in particolari condizioni, o, meglio, quasi mai. Insomma: una situazione da cogliere al volo, ma anche da saper leggere e interpretare. Ultimo particolare -- per capire bene di cosa stiamo parlando: quella di Plein Sud è la 5a salita della parete Sud delle mitiche Grandes Jorasses! Prima l'avevano "cavalcata" solo le cordate di: Guido Alberto Rivetti, Francesco Ravelli ed Evariste Croux (nel 1923); di Albert Rand Herron sempre con Evariste Croux (nel 1928); di Alessandro Gogna e Guido Machetto (nel 1972) e dei già citati Giancarlo Grassi, Renzo Luzi e Mauro Rossi (nel 1985). A questo punto, vale la pena rimandarvi al report dell'ascensione, di Marcello Sanguineti, e alla storia della parete Sud, scritta da Luca Signorelli
“NULLA È PIÙ POTENTE DI UN’IDEA IL CUI MOMENTO È GIUNTO”
di Marcello Sanguineti
La frase di Victor Hugo sembra far da sfondo al racconto di Gian Carlo Grassi sull’apertura della “Gianni Comino Memorial" (Grassi/Luzi/Rossi) sulla parete S delle Grandes Jorasses (La Rivista Mensile del CAI novembre-dicembre 1985, pp. 575-579) e, 25 anni più tardi, alla nostra realizzazione di “Plein Sud”. È il 1985 quando, dopo una lunga attesa e un paio di tentativi falliti, vede la luce una via-simbolo dell’alpinismo di ricerca. Nota anche come “Phantom Direct”, questa via – non ancora ripetuta – rappresenta l’archetipo della ricerca dell’effimero che caratterizzò l’alpinismo di Gian Carlo. È sulle sue orme che Sergio, Michel, Marco ed io abbiamo realizzato la nostra personale ricerca della “linea fantasma” per eccellenza, una di quelle linee magiche che si rivelano raramente negli anni e solo per pochi giorni. Ma quando compaiono, diventano parte integrante della parete: come un urlo che, a lungo taciuto, finalmente esplode.
?Da anni Sergio teneva d’occhio la Sud delle Grandes Jorasses. La osservava durante le uscite con gli sci da fondo in Val Ferret, la binocolava da ogni punto che ne potesse svelare i segreti. La chiave della salita era lassù, nel grande camino. Ma non c’era verso di sapere se quel diabolico colpo di sciabola inferto alla parete nascondesse una goulotte. L’unico modo per scoprirlo era salire fino a trovarsi a tu per tu con “il mostro”. Così come fecero Gian Carlo e soci, occorreva osservare e attendere. Guardare e aspettare. Studiare i 1200 metri che precipitano sul ghiacciaio di Pra Sec e lasciare che le temperature, il ghiaccio e la meteo offrissero l’occasione propizia. Poi, finalmente, sferrare il colpo, giocarsi tutto in una sola mano, l’unica concessa dalla parete.
?Il momento giusto sembrava arrivato l’ultima settimana di aprile. Vista da La Thuile, la parete era pronta ad offrire un’opportunità. Ma Sergio ed io non eravamo stati abbastanza veloci a coglierla, a causa di impegni di lavoro e della difficoltà di trovare uno o due altri soci. In queste occasioni chi tergiversa è punito e così è accaduto a noi. Arrivato il brutto tempo, per un paio di settimane le condizioni in quota non invogliavano certo a fare un tentativo. Poi, finalmente, ecco ritornare l’anticiclone, insieme a temperature accettabili. Ma anche in questo caso, abbiamo rischiato di perdere il treno. I soliti impegni di lavoro non ci hanno consentito di sfruttare le due giornate più propizie, in quanto più fredde (mercoledì 19 e giovedì 20 maggio). Tutto sembrava esser saltato quando, all’ultimo momento, siamo riusciti a mettere insieme due cordate: Sergio e Michel, Marco ed io. Il tavolo di poker era al completo: noi quattro e lei, la “linea fantasma”.
?Venerdì 21 maggio, partiti alle 14:30 dagli chalets di Tronchey, verso le 19 siamo a un centinaio di metri dalla terminale, sotto una parete rocciosa, in un buon posto da bivacco. Due di noi vanno in perlustrazione fino alla terminale. L’idea iniziale era quella di portarsi in alto già il primo giorno, per bivaccare all’inizio del couloir centrale, dove la Grassi/Luzi/Rossi traversa a sinistra. Purtroppo, però, a quell’ora le prime goulottes sono trasformate in vere cascate d’acqua. In compenso, scopriamo che la terminale è semplicissima da superare. Incredibile! E pensare che, prima di vederla da vicino, eravamo rassegnati a giochi di equilibrismo, corde fisse e chissà cos’altro per superarla…
?Rientrati al posto da bivacco, mettiamo la sveglia verso l’una e un quarto e partiamo alle due di sabato notte. I primi 450 metri di goulotte, fino a WI4+, se ne vanno veloci, al buio, di conserva assicurata. Nella cascata della “forra”, come la definì Grassi, non vogliamo rischiare inutilmente e facciamo un bel tiro, che, dopo un’altra trentina di metri più facili, porta nel canale di accesso al gran camino, che si sviluppa con pendenze sui 50°.
?Verso le 7 siamo alla base del “mostro”. Dannazione! Neppure da qui si vede se c’è una goulotte che lo percorre fino in cima… Ancora una volta non ci resta che proseguire, incrociando le dita. Sento che inoltrarsi in questa parete è un po’ come entrare di nascosto nella dispensa della nonna per rubare la marmellata. “Allora speriamo di non essere scoperti”, penso sorridendo a me stesso. Il primo tiro, molto piacevole e delicato da proteggere, è su ghiaccio sottilissimo – non c’e verso di piazzare neppure le viti cortissime. Per fortuna, chiodi, nuts e friends non ci mancano. Poi la goulotte si allarga in una conchetta nevosa e, finalmente, ecco comparire una vaga ed inquietante goulotte, che s’insinua incerta fra gli strapiombi del camino. Ma allora dentro il “mostro” una strada, per quanto complessa, c’è!
A stento tratteniamo esclamazioni di sorpresa e gioia, anche se sappiamo che non si concederà facilmente. Un altro tratto tiro di goulotte precede due lunghezze letteralmente spettacolari. Dopo alcuni metri con ghiaccio che ci consente addirittura di piazzare una vite media, ecco uno dei tratti-chiave: prima di cedere, costringe Michel e il sottoscritto a togliersi gli zaini, che recupereremo una volta in sosta. L’avanzata nell’angusta goulotte è spesso sbarrata da enormi “bouchons” di neve, che richiedono un logorante lavoro di pulitura. A questi si alternano tratti di dry che ci impegnano a fondo, visto che, tra l’altro, siamo poco sotto i 4000m, carichi del materiale da bivacco e già con parecchie centinaia di metri sulle spalle. Il tutto, tenuto conto della roccia poco chiodabile ai lati e pessima sul fondo del diedro-camino (di alcune scariche faranno le spese un casco, un paio di occhiali e un chiodo di sosta), ci impegna non poco. Ma il contesto e l’arrampicata sono esaltanti!
Di fronte alle stupende lunghezze che la via continua ad offrirci, la gioia inquieta dei momenti più intensi permea ogni nostro movimento. A poca distanza dalla brèche della III Torre di Tronchey, la goulotte termina e si trasforma in una sorta di diedro roccioso aperto, intasato da enormi strutture nevose. Verso le 12:30 iniziamo le doppie, che attrezziamo (a volte in modo spartano) fino al ghiacciaio di Pra Sec, dove arriviamo alle 18:30 circa. Una sosta, poi ancora giù, fino alla Val Ferret e alla pizza che divoriamo a La Palud.
?Rivivendo con gli occhi della mente la nostra avventura, mi viene da pensare che la realizzazione di “Plein Sud” sia riuscita perché abbiamo affrontato la parete con lo stesso spirito di Grassi: una visionaria, ma lucida, incoscienza.
PLEIN SUD - Grandes Jorasses, parete S
Prima salita: Sergio De Leo, Michel Coranotte, Marcello Sanguineti, Marco Appino il 22 maggio 2010
Sviluppo: 900m
Difficoltà: VI, WI4+/5R, M6+
Materiale utile: 1 serie di friends (anche misure piccole) fino al Camalot #2, nuts, viti da ghiaccio: 5 medie, 3 corte, 2 cortissime, chiodi da roccia (lost arrows, unversali e, soprattutto, lame)
Breve descrizione:
1. 450 m goulottes della ”Direttissima” - “Gianni Comino Memorial Route” (o "Phantom Direct", Grassi/Luzi/Rossi 1985)
2. Couloir fino al gran camino 250m
3. Goulotte di ghiaccio e dry nel camino 200m
Marcello Sanguineti ringrazia TrangoWorld (www.trangoworld.com) e Grivel (www.grivel.com)
>> La storia della SSE DELLA GRANDES JORASSES di Luca Signorelli
La loro "Plein Sud" termina a poca distanza dalla brèche della III Torre di Tronchey. Percorre dapprima i 450m di goulottes della "Direttissima - Gianni Comino Memorial Route" o "Phantom Direct", aperta nel 1985 da Giancarlo Grassi, Renzo Luzi e Mauro Rossi. Dove Grassi & C. avevano traversato a sinistra, Plein Sud prosegue invece pressoché diritta lungo i 250 m circa del couloir centrale, fino al gran camino che nascone un'incassatissima goulotte di ghiaccio e dry-tooling. Il tutto, realizzato dopo un bivacco a poca distanza dalla crepaccia terminale, ma anche e soprattutto dopo un'attesa e uno studio della parete durati anni: per cogliere il momento giusto, quell'attimo che, se ti sfugge, rende queste pareti inafferrabili.
Plein Sud, infatti, raccoglie l'eredità visionaria di Grassi e Comino. Quella loro "pazza" e per certi versi "insana" passione per i couloir fantasma, quelli che - lo dice la parola stessa - si formano solo in particolari condizioni, o, meglio, quasi mai. Insomma: una situazione da cogliere al volo, ma anche da saper leggere e interpretare. Ultimo particolare -- per capire bene di cosa stiamo parlando: quella di Plein Sud è la 5a salita della parete Sud delle mitiche Grandes Jorasses! Prima l'avevano "cavalcata" solo le cordate di: Guido Alberto Rivetti, Francesco Ravelli ed Evariste Croux (nel 1923); di Albert Rand Herron sempre con Evariste Croux (nel 1928); di Alessandro Gogna e Guido Machetto (nel 1972) e dei già citati Giancarlo Grassi, Renzo Luzi e Mauro Rossi (nel 1985). A questo punto, vale la pena rimandarvi al report dell'ascensione, di Marcello Sanguineti, e alla storia della parete Sud, scritta da Luca Signorelli
“NULLA È PIÙ POTENTE DI UN’IDEA IL CUI MOMENTO È GIUNTO”
di Marcello Sanguineti
La frase di Victor Hugo sembra far da sfondo al racconto di Gian Carlo Grassi sull’apertura della “Gianni Comino Memorial" (Grassi/Luzi/Rossi) sulla parete S delle Grandes Jorasses (La Rivista Mensile del CAI novembre-dicembre 1985, pp. 575-579) e, 25 anni più tardi, alla nostra realizzazione di “Plein Sud”. È il 1985 quando, dopo una lunga attesa e un paio di tentativi falliti, vede la luce una via-simbolo dell’alpinismo di ricerca. Nota anche come “Phantom Direct”, questa via – non ancora ripetuta – rappresenta l’archetipo della ricerca dell’effimero che caratterizzò l’alpinismo di Gian Carlo. È sulle sue orme che Sergio, Michel, Marco ed io abbiamo realizzato la nostra personale ricerca della “linea fantasma” per eccellenza, una di quelle linee magiche che si rivelano raramente negli anni e solo per pochi giorni. Ma quando compaiono, diventano parte integrante della parete: come un urlo che, a lungo taciuto, finalmente esplode.
?Da anni Sergio teneva d’occhio la Sud delle Grandes Jorasses. La osservava durante le uscite con gli sci da fondo in Val Ferret, la binocolava da ogni punto che ne potesse svelare i segreti. La chiave della salita era lassù, nel grande camino. Ma non c’era verso di sapere se quel diabolico colpo di sciabola inferto alla parete nascondesse una goulotte. L’unico modo per scoprirlo era salire fino a trovarsi a tu per tu con “il mostro”. Così come fecero Gian Carlo e soci, occorreva osservare e attendere. Guardare e aspettare. Studiare i 1200 metri che precipitano sul ghiacciaio di Pra Sec e lasciare che le temperature, il ghiaccio e la meteo offrissero l’occasione propizia. Poi, finalmente, sferrare il colpo, giocarsi tutto in una sola mano, l’unica concessa dalla parete.
?Il momento giusto sembrava arrivato l’ultima settimana di aprile. Vista da La Thuile, la parete era pronta ad offrire un’opportunità. Ma Sergio ed io non eravamo stati abbastanza veloci a coglierla, a causa di impegni di lavoro e della difficoltà di trovare uno o due altri soci. In queste occasioni chi tergiversa è punito e così è accaduto a noi. Arrivato il brutto tempo, per un paio di settimane le condizioni in quota non invogliavano certo a fare un tentativo. Poi, finalmente, ecco ritornare l’anticiclone, insieme a temperature accettabili. Ma anche in questo caso, abbiamo rischiato di perdere il treno. I soliti impegni di lavoro non ci hanno consentito di sfruttare le due giornate più propizie, in quanto più fredde (mercoledì 19 e giovedì 20 maggio). Tutto sembrava esser saltato quando, all’ultimo momento, siamo riusciti a mettere insieme due cordate: Sergio e Michel, Marco ed io. Il tavolo di poker era al completo: noi quattro e lei, la “linea fantasma”.
?Venerdì 21 maggio, partiti alle 14:30 dagli chalets di Tronchey, verso le 19 siamo a un centinaio di metri dalla terminale, sotto una parete rocciosa, in un buon posto da bivacco. Due di noi vanno in perlustrazione fino alla terminale. L’idea iniziale era quella di portarsi in alto già il primo giorno, per bivaccare all’inizio del couloir centrale, dove la Grassi/Luzi/Rossi traversa a sinistra. Purtroppo, però, a quell’ora le prime goulottes sono trasformate in vere cascate d’acqua. In compenso, scopriamo che la terminale è semplicissima da superare. Incredibile! E pensare che, prima di vederla da vicino, eravamo rassegnati a giochi di equilibrismo, corde fisse e chissà cos’altro per superarla…
?Rientrati al posto da bivacco, mettiamo la sveglia verso l’una e un quarto e partiamo alle due di sabato notte. I primi 450 metri di goulotte, fino a WI4+, se ne vanno veloci, al buio, di conserva assicurata. Nella cascata della “forra”, come la definì Grassi, non vogliamo rischiare inutilmente e facciamo un bel tiro, che, dopo un’altra trentina di metri più facili, porta nel canale di accesso al gran camino, che si sviluppa con pendenze sui 50°.
?Verso le 7 siamo alla base del “mostro”. Dannazione! Neppure da qui si vede se c’è una goulotte che lo percorre fino in cima… Ancora una volta non ci resta che proseguire, incrociando le dita. Sento che inoltrarsi in questa parete è un po’ come entrare di nascosto nella dispensa della nonna per rubare la marmellata. “Allora speriamo di non essere scoperti”, penso sorridendo a me stesso. Il primo tiro, molto piacevole e delicato da proteggere, è su ghiaccio sottilissimo – non c’e verso di piazzare neppure le viti cortissime. Per fortuna, chiodi, nuts e friends non ci mancano. Poi la goulotte si allarga in una conchetta nevosa e, finalmente, ecco comparire una vaga ed inquietante goulotte, che s’insinua incerta fra gli strapiombi del camino. Ma allora dentro il “mostro” una strada, per quanto complessa, c’è!
A stento tratteniamo esclamazioni di sorpresa e gioia, anche se sappiamo che non si concederà facilmente. Un altro tratto tiro di goulotte precede due lunghezze letteralmente spettacolari. Dopo alcuni metri con ghiaccio che ci consente addirittura di piazzare una vite media, ecco uno dei tratti-chiave: prima di cedere, costringe Michel e il sottoscritto a togliersi gli zaini, che recupereremo una volta in sosta. L’avanzata nell’angusta goulotte è spesso sbarrata da enormi “bouchons” di neve, che richiedono un logorante lavoro di pulitura. A questi si alternano tratti di dry che ci impegnano a fondo, visto che, tra l’altro, siamo poco sotto i 4000m, carichi del materiale da bivacco e già con parecchie centinaia di metri sulle spalle. Il tutto, tenuto conto della roccia poco chiodabile ai lati e pessima sul fondo del diedro-camino (di alcune scariche faranno le spese un casco, un paio di occhiali e un chiodo di sosta), ci impegna non poco. Ma il contesto e l’arrampicata sono esaltanti!
Di fronte alle stupende lunghezze che la via continua ad offrirci, la gioia inquieta dei momenti più intensi permea ogni nostro movimento. A poca distanza dalla brèche della III Torre di Tronchey, la goulotte termina e si trasforma in una sorta di diedro roccioso aperto, intasato da enormi strutture nevose. Verso le 12:30 iniziamo le doppie, che attrezziamo (a volte in modo spartano) fino al ghiacciaio di Pra Sec, dove arriviamo alle 18:30 circa. Una sosta, poi ancora giù, fino alla Val Ferret e alla pizza che divoriamo a La Palud.
?Rivivendo con gli occhi della mente la nostra avventura, mi viene da pensare che la realizzazione di “Plein Sud” sia riuscita perché abbiamo affrontato la parete con lo stesso spirito di Grassi: una visionaria, ma lucida, incoscienza.
PLEIN SUD - Grandes Jorasses, parete S
Prima salita: Sergio De Leo, Michel Coranotte, Marcello Sanguineti, Marco Appino il 22 maggio 2010
Sviluppo: 900m
Difficoltà: VI, WI4+/5R, M6+
Materiale utile: 1 serie di friends (anche misure piccole) fino al Camalot #2, nuts, viti da ghiaccio: 5 medie, 3 corte, 2 cortissime, chiodi da roccia (lost arrows, unversali e, soprattutto, lame)
Breve descrizione:
1. 450 m goulottes della ”Direttissima” - “Gianni Comino Memorial Route” (o "Phantom Direct", Grassi/Luzi/Rossi 1985)
2. Couloir fino al gran camino 250m
3. Goulotte di ghiaccio e dry nel camino 200m
Marcello Sanguineti ringrazia TrangoWorld (www.trangoworld.com) e Grivel (www.grivel.com)
>> La storia della SSE DELLA GRANDES JORASSES di Luca Signorelli
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