Odissea Borealis, la nuova big wall in Groenlandia di Matteo Della Bordella, Alex Gammeter, Silvan Schüpbach e Symon Welfringer

I primi dettagli della spedizione in Groenlandia di Matteo Della Bordella, Symon Welfringer, Silvan Schüpbach e Alex Gammeter, durante la quale hanno aperto 'Odissea Borealis' (1200 metri, 35 tiri, 7b) sull'inviolata parete nordovest del Drøneren.
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Silvan Schüpbach, Alex Gammeter, Symon Welfringer e Matteo Della Bordella dopo l'apertura di 'Odissea Borealis' sulla parete NO di Drøneren in Groenlandia, estate 2024
Symon Welfringer archive

Da poco rientrato in Italia dopo il successo sull’inviolata parete nordovest del Drøneren in Groenlandia, Matteo Della Bordella racconta i dettagli dell’esperienza vissuta tra l’oceano artico e la scalata insieme ai compagni Symon Welfringer, Silvan Schüpbach e Alex Gammeter.

In kayak nell’oceano
Non è stato facile per i quattro affrontare il viaggio in kayak nell’oceano artico. 300 i chilometri che li separavano da Tasiilaq, tutti da compiere a colpi di pagaia. La grande presenza di ghiaccio che quest’anno ha caratterizzato la stagione è stato il primo problema da affrontare. Dopo aver posticipato la partenza, di una decina di giorni, sperando di incontrare condizioni migliori, Della Bordella e compagni si sono trovati fin da subito a fare i conti con l’oceano ghiacciato. "Il secondo giorno ci siamo trovati in un fiordo, immersi in un mare di ghiaccio. Rischiavamo di rimanere bloccati e non sapevamo bene che strada prendere per uscirne. Il terzo giorno poi siamo riusciti a risolvere il problema e a proseguire" racconta Della Bordella.

Il secondo problema è stato quello legato al maltempo. "Condizioni come quelle che abbiamo incontrato le ho viste solo un paio di volte in tutta la mia vita, in Patagonia" spiega Della Bordella. "C’erano venti a 100 chilometri orari e qui abbiamo davvero avuto paura di non riuscire a superare le giornate. Alla fine siamo riusciti a trovare un riparo vicino a un vecchio insediamento vichingo". Qui hanno passato circa 60 ore, attendendo che i venti si placassero, prima di poter riprendere la marcia. "Siamo ripartiti, pensando che fosse finita, invece no. Ci colpisce una seconda tempesta, questa volta con onde che raggiungono i 3 metri. È stato il momento più difficile di tutto il viaggio. Abbiamo dovuto decidere in fretta cosa fare: fermarci o proseguire. Prima di partire ci eravamo allenati, avevamo fatto un buon allenamento e sapevamo che potevamo affrontare condizioni di quel tipo. Ovviamente sapevamo anche che era come muoversi in free solo su una parete: se fossimo caduti in acqua non ne saremmo più usciti". Passata, allo stremo, anche questa tempesta, l’oceano si è calmato e i quattro hanno potuto proseguire il viaggio fino ai piedi della parete. Dieci giorni in tutto.

La parete
Raggiunta la parete e posizionato il campo base Della Bordella e compagni hanno prima valutato le possibilità, poi hanno iniziato a prepararsi a un primo approccio. "Anche qui non abbiamo avuto vita facile. Al primo tentativo siamo stati ricacciati indietro dalla pioggia, e così anche al secondo. Quando decidiamo di attaccare per la terza volta inizia a nevicare sporcando la parete, per cui non siamo nemmeno partiti". Il quarto tentativo sembra essere quello buono, ma anche qui le cose si complicano. "Improvvisamente veniamo travolti dal Piteraq, un vento della Groenlandia che non si riesce a prevedere. Il suo soffiare genera una scarica di sassi che trancia una delle corde che avevamo piazzato in un precedente tentativo e che Symon sta risalendo". Fortunatamente l’incidente non ha conseguenze: "quando la scarica trancia la corda Symon è ancora assicurato a una protezione".

L’incidente sfiorato porta i quattro a scegliere di rientrare alle tende del campo. "Pensavamo che non saremmo riusciti a fare nulla, poi invece al quinto tentativo la situazione si è sbloccata". In tre giorni, due per compiere la salita e uno per la discesa, i quattro alpinisti riescono nell’apertura di una nuova via sulla parete nord-ovest del Drøneren. 1200 metri di parete, mai scalata prima. "Una parete bella ed estetica, rarissima. A parte un tiro di 7b su pecker, molto psicologico, gli altri tiri sono molto godibili. In totale abbiamo aperto 35 tiri, una via veramente lunga". A completare l’emozione della salita la vista, durante il bivacco in parete, dell’aurora boreale. "Il regalo della Groenlandia".

Il rientro
Tornati al campo base e preparati i bagagli i quattro alpinisti hanno iniziato a organizzare il viaggio di rientro. Ad attenderli altri 300 chilometri in kayak. "Di questi in realtà ne abbiamo percorsi solo 150, perché ci siamo trovati senza cibo. Da qui la decisione di farci venire a prendere prima. In totale la spedizione è durata 32 giorni".

Gli orsi polari
Si potrebbe dire che gli orsi polari, giganti con la loro pelliccia bianca, siano stati i compagni di viaggio dei nostri quattro protagonisti. "In tutta la spedizione abbiamo visto 4 orsi polari" spiega Matteo. "Tre sono scappati non appena hanno fiutato la nostra presenza. L’ultimo invece, che era il più bello, gigante e bianco, quando ci ha visti ha iniziato a venirci incontro con passo deciso. Allora abbiamo imbracciato il fucile e abbiamo sparato un colpo in aria, sperando di spaventarlo, ma non ha sortito alcun effetto. Continuava a venirci incontro. Spariamo un altro colpo, continua ad avvicinarsi. Al terzo colpo si ferma, si gira e se ne va. Era ormai vicinissimo". Da qui la decisione dei quattro di fare i turni di guardia, durante la notte, anche durante il rientro in kayak. "Avevamo la recinzione allarmata, ma si è rotta il secondo giorno. Prima dell’ultimo incontro eravamo molto tranquilli, dopo un po’ meno".




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