Il nuovo bivacco Bossi - Filippi al Colle del Breuil del Cervino

Nell’autunno 2023 è stato posato il nuovo bivacco Oreste Bossi – Andrea Filippi al Colle del Breuil a 3345 metri in Valtournenche (Valle d'Aosta). La struttura è stata completamente rinnovata con il contributo del CAI Gallarate, degli eredi di Oreste Bossi e di Antonella Filippi, figlia dell'alpinista Andrea Filippi deceduto sul Furggen nel 1959.
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Il Bivacco Bossi - Filippi al Colle del Breuil del Cervino
Matteo De Bellis

Il vecchio bivacco viene installato nel settembre del 1969 nei pressi del Colle del Breuil, a 3.345 m, ad opera della sezione di Gallarate del Club Alpino Italiano, in memoria dell’ingegnere Oreste Bossi, deceduto nel 1966 sulle montagne sopra Macugnaga.

È un esemplare di bivacco “Apollonio”, il modello industrializzato di bivacco che dal secondo dopoguerra punteggia l’intero arco alpino meridionale, e che in massima economia di spazio riesce ad ospitare 9 posti in un volume metallico archivoltato di appena 15 metri cubi e un’impronta a terra di 7 metri quadri.

Dopo oltre cinquant’anni di onorato servizio la struttura si presentava gravemente ammalorata in molte parti; l’involucro inoltre era composto da pannelli di eternit (contenente amianto), e la sua fruibilità in sicurezza ne risulta ormai compromessa, rendendo necessario un intervento di rinnovamento.

L’operazione di rimozione della struttura obsoleta e la sua sostituzione con un nuovo bivacco ecologico e performante si configura come un piccolo tassello per la rigenerazione della rete dei bivacchi sulle Alpi occidentali. Questo patrimonio edilizio d’alta quota infatti è costituito in buona parte da edifici installati ormai diversi decenni fa e spesso in stato di degrado, che oltre a venire meno alla loro funzionalità di punti d’appoggio all’attività alpinistica, rischiano di trasformarsi in rottami all’interno di contesti ambientali delicati quanto pregiati.

Il bivacco è raggiungibile da Cervinia in circa 4 ore, seguendo inizialmente le piste da sci (o alternativamente passando dal rifugio Duca degli Abruzzi all’Oriondé), per poi attraversare lungamente un ambiente post-glaciale di morene, pendii detritici e nevai, su terreno sempre più ripido fino a giungere all’aerea cresta rocciosa dove si condensano le difficoltà alpinistiche più elevate, mitigate da un tratto attrezzato con una corda fissa.

La funzione principale del bivacco è l’appoggio all’impegnativa salita al Cervino lungo la cresta del Furggen, e più raramente per traversare da Cervinia a Zermatt.

Tra gli obiettivi della ricostruzione c’è anche la rigenerazione del luogo come meta della frequentazione di un alpinismo meno elitario, attualmente trascurata sebbene l’itinerario e il contesto ambientale siano di assoluto interesse.

Il colle del Breuil è infatti immerso in un grandioso paesaggio d’alta quota, che spazia dalla vista ravvicinata sulla parete Sud del Cervino ai quattromila svizzeri, dal massiccio glaciale del Monte Rosa alle vette meridionali della Valle d’Aosta.

Collocandosi al centro di questo scenario, il bivacco costituisce anche un osservatorio privilegiato sugli effetti del cambiamento climatico, che in alta montagna si presentano in tutta la loro drammatica evidenza.

Il nuovo bivacco, posato in opera durante due sole giornate di lavoro ad inizio dell’autunno 2023, è esito di una decennale ricerca progettuale e costruttiva in alta montagna.

La messa a punto di una struttura isolata da ogni tipo di rete, in grado di fronteggiare la continua azione combinata di sollecitazioni meteo-climatiche estreme impone scelte costruttive improntate alla massima semplicità e efficacia, in abbinamento ad una ottima prestazione in termini di solidità e protezione. L’intervento è di carattere minimale: ricalca l’impronta al suolo e la volumetria del vecchio bivacco e fornisce un ricovero essenziale ma confortevole ad un massimo di 8 persone: lo spazio interno si articola in una compatta zona giorno sul fronte dotata di tavolo ripiegabile, e una zona notte sul retro disposta su due pianali sovrapposti.

L’involucro, interamente realizzato presso l’officina torinese di Leap Factory, è composto da una struttura mista in acciaio e pannelli sandwich, rivestimenti esterni in lamiera d’acciaio e finiture interne resistenti e durevoli, è progettato per essere trasportato in sito in sole quattro rotazioni di elicottero, in modo da comprimere al massimo le tempistiche e l’impatto del cantiere in quota. Tutte le componenti sono assemblate interamente a secco con materiali riciclabili, rendendo il bivacco completamente reversibile e facilmente rimovibile al termine del proprio ciclo di vita.

La necessità della sostituzione del vecchio manufatto incrocia la volontà di Antonella Filippi di Torino di omaggiare la memoria dell’amato padre deceduto sul Furggen nel 1959, tramite la realizzazione di un bivacco. Da questo incontro, con la partecipazione della famiglia Bossi ed il benestare della sezione di Gallarate del CAI, nasce il progetto per la realizzazione di una nuova struttura co-intitolata ad Oreste Bossi e Andrea Filippi, a rinnovamento del ricordo di due importanti figure per il mondo della montagna.

Oreste Bossi di Laura Bossi
Mio nonno Oreste, in verità, si chiamava Mario Oreste. Era nato a Gallarate il 21 settembre 1907, in una famiglia di costruttori edili. Di lui mi ricordo poco, se non un pomeriggio d’estate: il nonno mi fa saltare in aria sul prato davanti a casa sua, dove anche noi ci trasferivamo con il caldo. Sono nata il 21 giugno 1963 e Oreste è morto il 31 luglio 1966 a Macugnaga, in una camminata solitaria, nei pressi di un torrente ai piedi del Monte Rosa. Era uscito da solo, non si sapeva bene dove fosse andato: non tornò e fu difficile trovarlo. Gli adulti scomparvero senza dare spiegazioni per tre giorni: avevo compiuto tre anni da un mese, ma riuscii a percepire che era successo qualcosa di terribile che, inevitabilmente, avrebbe cambiato il corso delle cose.

Abbiamo avuto troppo poco tempo insieme: mi rimangono delle foto da giovane, negli anni Trenta, con i suoi amici a risalire, con le pelli di foca, i pendii innevati di un Breuil ancora alpeggio e un libro, che un suo amico arrampicatore del CAI di Gallarate - Gianni Rusconi - gli ha dedicato. Rusconi racconta del loro primo incontro: Oreste in cordata con Vitale Bramani e Riccardo Cassin alla conquista dei Torrioni Magnaghi, nel gruppo della Grigna. Seguono poi le Pale di San Martino, lo Spigolo del Velo, il Dente del Gigante, le Torri del Sella...

Come tutti gli alpinisti cresciuti in città, Oreste conduceva quindi una doppia esistenza: la vita ufficiale, in cui, ingegnere laureatosi il 30 luglio 1931, coordinava i cantieri della sua impresa e quella privata, per non dire l’altra e più vera, in cui partiva di notte dai rifugi verso le cime.

Il nonno avrebbe sicuramente approvato che un giorno il bivacco ormai “eroico”, costruito in sua memoria nel 1969, venisse sostituito con una nuova struttura: incastonata in una posizione unica, sarà una piccola architettura contemporanea a supporto di tutti i rocciatori che da lì partiranno per la vetta del Cervino. Oreste amava infatti la Gran Becca: ho qui in casa mia una foto in bianco e nero che ci ritrae insieme davanti alle Grandes Murailles del Breuil. Lui che conosce bene il suo avversario lo rimira con un sorriso vigile, mentre io guardo intimorita quella piramide di ghiaccio e roccia che, ancora oggi, dopo tanti anni, mi lascia ogni volta senza fiato.

Andrea Filippi di Antonella Filippi
"Un alpinista quando cade vola in cielo, accolto dall’azzurrità dei ghiacciai che rispecchiano il gran cielo. Non è scomparso per le sue montagne, perché le rocce hanno trattenuto la sua anima, hanno rinchiuso la purezza del suo spirito".

Con queste parole Andrea Filippi ricordava il suo maestro, Giusto Gervasutti. Anche l’anima di mio padre è rimasta tra le rocce che lo hanno visto cadere, il 29 marzo del 1959, dal Furggen, a soli 35 anni. L’ultima sua visione è stata quella del Cervino, la montagna che tanto amava, sotto la quale aveva portato, nel 1954, la donna della sua vita a sposarsi. Si unirono nella cappella di Notre Dame des Ermites al Breuil, la stessa che raccolse, qualche anno dopo, le sue spoglie.

Non c’è luogo più appropriato per ricordare la figura di mio padre che il nuovo bivacco, perché ai piedi del Cervino e vicino al luogo in cui lui ci ha lasciati per sempre.

Andrea era nato per la montagna e ad essa aveva dedicato la vita. Appassionato alpinista, era cresciuto nell’immediato dopoguerra nella scuola di Giusto Gervasutti, con cui aveva salito nell’estate del 1946 la Via Lepiney al Trident du Tacul.

In seguito alla morte del maestro, fu il principale artefice delle iniziative volte a ricordarlo: ideò e realizzò nel 1949 la Capanna Gervasutti nel Vallone del Fréboudze; pubblicò nelle principali riviste di alpinismo i testi inediti del Fortissimo che, insieme ad una buona parte dell suo archivio fotografico, gli erano stati affidati dal padre di Gervasutti (oggi alla Biblioteca Nazionale del CAI di Torino, nel “Fondo Andrea Filippi”). Attivissimo nella SUCAI, di cui fu Consigliere e Presidente nel 1949 e 1950, fu fautore di nuove iniziative per portare i giovani alla montagna, come la Scuola di Alpinismo estivo e il Corso di Sci Alpinismo del 1951 da lui ideate e di cui fu direttore. Notissimo negli ambienti alpinistici per la sua instancabile attività organizzativa, fu per anni Consigliere della Sezione CAI di Torino, Delegato Nazionale del CAI, Vice Direttore del Museo Nazionale della Montagna, membro delle commissioni gite e rifugi, Ispettore dei rifugi. Si devono alla sua opera anche il Bivacco Balzola nel gruppo della Grivola e il Bivacco Manenti nell’alto Vallone di Cignana.

Oltre ai tanti articoli pubblicati sulle riviste del CAI e della SUCAI, la venerazione che aveva maturato per Gervasutti, lo portarono a scrivere il libro Giusto Gervasutti, il Fortissimo, rimasto purtroppo inedito, in cui riunì gli scritti del maestro, gli articoli usciti in occasione della sua morte, e il primo elenco cronologico completo delle sue ascensioni. Un’altra pregevole opera, anch’essa rimasta inedita, fu lo studio approfondito composto da 82 schede tecniche, storiche, catastali e logistiche dei rifugi e bivacchi della Sezione CAI di Torino: un lavoro unico che veniva a colmare la conoscenza delle proprietà sezionali.

Quando mio padre morì, io ero una bambina di tre anni, troppo piccola per aver maturato dei ricordi. Fu mia madre, che amò per tutta la vita quell’uomo insostituibile, a mantenerne viva la memoria e a farmi crescere nella costante presenza di mio padre, circondata da tutto quello che lui ci aveva lasciato.

Con il sostegno di: Antonella Filippi, Laura Bossi e famiglia Bossi, CAI sezione di Gallarate.
Con il patrocinio di: CAI sezione di Gallarate, Guide Alpine del Cervino
Con la partecipazione di: leapfactory.it, Politecnico di Torino

Nell’estate 2022, su iniziativa della sezione di Gallarate del CAI, in occasione del 100° anniversario della sua fondazione, sul tratto di cresta del “Salto della Madonnina” è stata posata una corda fissa ad opera della società Guide Alpine del Cervino, con il contributo della società BWT - Best Water Technology.

Crediti
Progetto architettonico e coordinamento: Stefano Girodo / Roberto Dini
Progetto strutturale: Corrado Curti
Iter burocratico: Fabrizio Venturini
Relazione geologica: Alex Chabod
Lavori in officina e in sito: Angelo Mastromarini, Matteo Pegorin, Saverio Crocco, Giorgio Garzena, Andrea Revello, Andrea Perron, Corrado Gaspard, Cristian Bredy, Stefano Girodo, Roberto Dini, Simone Bobbio, Paolo Colombo, Greg Grodzicki, Marcello Buratti, Giovanni Bressan, Fabrizio Venturini, Guido Montanari, Luca Gibello, Maurizio Passerat e Edy Passerat - Valpelline Costruzioni, Andrea Pellissier e Edoardo Saccaro - Heli Aosta Render: Eleonora Gabbarini
Foto: Greg Grodzicki, Andrea Revello, Simone Bobbio, Marcello Buratti Amministrazione: Antonio Maginzali, Paolo Radice

NB: nel luglio 2024 è uscito per per Fusta Editore il libro "Andrea Filippi - Il sogno di una vita. Vita di un alpinista, allievo di Gervasutti, ideatore della Scuola di scialpinismo SUCAI" di Antonella Filippi. Si tratta della biografia dell'alpinista torinese, scritta dalla figlia che ha perso il padre, morto sulla cresta del Furggen nel 1959, quando lei aveva solo tre anni. Il volume è frutto di una ricerca minuziosa, resa possibile grazie alla numerosa documentazione che in questi lunghi anni è stata gelosamente conservata dalla famiglia.




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