Nanga Parbat 1970. Reinhold Messner disse la verità
Günther Messner è veramente scomparso scendendo il versante Diamir del Nanga Parbat, come ha sempre raccontato suo fratello Reinhold.
Günther Messner è veramente sceso dal versante Diamir del Nanga Parbat, come ha sempre raccontato suo fratello Reinhold. La conferma viene dalle indagini genetiche condotte, dall'anatomopatologo Eduard Egarter, sui resti umani ritrovati nel 2000 da Hanspeter Eisendle, ai piedi del versante occidentale del Nanga Parbat. Quel perone, dicono le analisi, è con tutta probabilità (la certezza assoluta non si può avere in questo tipo di analisi) proprio di Günther Messner. La notizia, diffusa ieri dal giornale altoatesino Tageszeitung e dalla Bild-Zeitung, e ripresa oggi da molti quotidiani e da tutte le reti televisive, è unimportante, e probabilmente definitiva conferma, della versione che Rheinhold Messner ha sempre dato su quella prima sua grande e tragica impresa. Allepoca dei fatti, nel 1970, i due fratelli Messner toccarono la vetta superando limmensa e inviolata parete Rupal del Nanga Parbat, per poi discenderne, al limite della sopravvivenza, lo sconosciuto versante Diamir. Ma, alla fine, Reinhold restò da solo a raccontare quellincredibile odissea; Günther non ce la fece, e il suo corpo rimase lì, perso tra i ghiacci della Montagna nuda, il Nanga Parbat appunto, la nona montagna per altezza della terra. Unico sopravvissuto e unico testimone dunque... Naturalmente ci fu chi non gli credette. Reinhold, come tutti sanno, non smise con l'alpinismo, e soprattutto continuò con la grandi salite in Himalaya. Era destinato a diventare quello che tutti conosciamo: il primo a ideare, e poi completare, la grande salita di tutti i 14 ottomila. La realizzazione di un grande progetto che portò a termine con un percorso assolutamente unico. Fu il primo a salire in solitaria un 8000 (Nanga Parbat, 1978), il primo (insieme a Habeler) a calcare la vetta dellEverest senza ossigeno nonchè, subito dopo, il primo a salire la montagna più alta in solitaria (1978), e poi ancora il primo a concatenare due ottomila (1984). Insomma, a fare (ed essere) quello che lha reso probabilmente il più famoso alpinista del mondo. Quella sul Nanga Parbat fu una traversata epica, senza precedenti, addirittura incredibile. Ma oltre ad essere la sua prima grande impresa himalayana, per Rheinhold rappresentò unesperienza devastante. Certamente la più terribile e angosciante che ha vissuto in montagna, e probabilmente anche nella vita. Dal Nanga Parbat tornò solo, senza il fratello, quasi sicuramente travolto da una valanga lungo la discesa. Lui stesso, per salvarsi, lottò a lungo, senza alcun aiuto esterno, restando per giorni sospeso, in equilibrio, sul sottile filo che divide la vita dalla morte. Poi, dopo il ritorno alla vita, resta l'indicibile ricordo, resta il dolore per la perdita del fratello, reso ancora più insostenibile da quanto affermato da alcuni dei suoi stessi compagni di spedizione, che misero in dubbio le sue parole. Che insinuarono avesse abbandonato Günther, esausto, ancora prima di raggiungere la cima. Che, in pratica, laccusarono di aver deliberatamente preferito la vetta, il successo, alla salvezza del fratello. Ora ci sono le prove di ciò che Reinhold ha sempre sostenuto. Dopo i veleni, le illazioni, le supposizioni che sono seguite a quella grande e tragica spedizione. Dopo il sottile gioco al massacro un gioco ben noto a chi segue il mondo dellalpinismo e che spessissimo fa da contorno alle grandi imprese e soprattutto alle tragedie - sembra che la malevola cortina dei dubbi sia stata spazzata via. Günther e Reinhold sono veramente saliti insieme in vetta al Nanga Parbat, ed entrambi sono scesi dal versante Diamir: il ritrovamento dei resti di Günther ai piedi del versante ovest lo conferma. Ci sono voluti 34 anni, uneternità! E cè voluta la mano del destino per risolvere quello che era stato dipinto come un tragico giallo con tanto di colpevole. Hanspeter Eisendle, infatti, ha ritrovato i resti di Günther assolutamente per caso, mentre, ai piedi del Nanga Parbat, cercava solo dei minerali da portare in ricordo ai figli... Senza questa casualità le versioni e "i si dice senza fondamento di prova avrebbero ancora lo stesso peso, se non addirittura maggiore, della parola dellunico testimone e, allo stesso tempo, dell'unico protagonista vivente della vicenda. Un protagonista-testimone che, annuncia, ritornerà sul luogo del suo presunto delitto nel 2005. E forse è questo proposito che dà la misura della ferita, profonda, incancellabile, che quella montagna, quella salita e questi decenni di sospetti hanno lasciato su Reinhold Messner. |
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