Marco Galliano e la prima discesa italiana in snowboard del Cho Oyu

Dal 24 al 25 settembre Marco Galliano ha effettuato la prima discesa italiana in snowboard (3a assoluta) dalla cima del Cho Oyu (8201m, Nepal). Lo snowboarder faceva parte di una spedizione della Mountain Kingdom guidata da Cesare Cesa Bianchi che ha raggiunto la cima insieme a Silvano e Guido Spinelli.
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Il Cho Oyu dal Campo base
arch. Mountain Kingdom
Che ci fa un antiquario-restauratore sul Cho Oyu? La domanda è solo per iniziati, o meglio per chi ama il surf sulla neve, alias lo snowboard. Loro, gli appassionati, con tutta probabilità vi risponderanno che lui è Marco Galliano, da Saluzzo. E che è lì, sulla Dea della Pietra Turchese, la sesta montagna per altezza della terra, per discenderla con la tavola, ovviamente da snowboard. E, anche se non è poi così tanto ovvio, per discenderla proprio dagli 8201 metri della vetta. Cosa che gli è riuscita perfettamente dal 24 al 25 settembre scorsi. Ma andiamo con ordine. Perché prima della discesa, Galliano naturalmente ha dovuto salirla quella montagna, affrontando le non poche difficoltà del caso e dell'aria sottile, con bello stile, senza ossigeno e, nonostante la presenza di due sherpa, portandosi tutti i carichi personalmente.

Diciamo subito che per Galliano questo è stato il battesimo in Himalaya e con gli 8000. Anche se al suo attivo aveva già la discesa integrale e prima italiana con lo snowboard dell'Elbrus (5.642m, Caucaso) e del Muztagh-ata (7.546m, Pamir cinese) ma anche un intensa attività agonistica. Come già sappiamo è stato un battesimo felice. Anche perché ha avuto come padrino una guida alpina di lungo corso come Cesare Cesa Bianchi che, nell'occasione, era a capo di una mini spedizione organizzata da Mountain Kingdom di cui faceva parte, oltre allo snowboarder saluzzese, anche Annarosa Guzzetti, Paolo Colombini, Silvano Spinelli e Guido Spinelli.

Naturalmente l'avvicinamento alla cima è andato di pari passo con l'acclimatamento e le condizioni meteo. Così il gruppo, partito il 29 agosto dall'Italia, è arrivato all'affollatissimo campo base del Cho Oyu il 10 settembre. Qui sono iniziati i soliti via vai per i campi alti. Così arrivano il campo 1 e il campo 2. Poi non rimaneva altro che attendere il momento propizio per tentare la vetta... Il 21 settembre partono dal campo base e raggiungono il Campo 1 a 6430m. Il 22 proseguono fino ai 7200m del campo 2. Il 23 arrivano al campo 3 a 7400m. Poi il 24 il tentativo verso la vetta...

Così Cesare Cesa Bianchi racconta la salita effettuata senza uso di ossigeno da tutto il gruppo: “Siamo partiti all'1.15 del mattino dal campo 3. Tshiring è in testa seguito da Marco con il suo snowboard di traverso sullo zaino, poi nel buio seguono Silvano Spinelli, io, Guido Spinelli e Pasang; ad un certo punto, alla fine della fascia rocciosa, ho invitato Silvano e Pasang a procedere al loro ritmo (più veloce) fino in vetta, mentre io e Guido Spinelli, più lenti, avremmo seguito fino a dove ce la saremmo sentita. Così dopo ripidi pendii, spesso attrezzati con corde fisse, e il grande plateau sommitale Marco con Tshiring Jangbu Sherpa raggiungono la vetta alle ore 9, Silvano con Pasang Gjalze Sherpa alle ore 10, e infine Guido ed io alle ore 12.30! Marco scende con lo snowboard, sembra volare, ma quanta fatica surfare a 8000 metri: grande performance e enorme gioia di tutti per la prima discesa italiana con snowboard dalla vetta del Cho Oyu. Gli altri scendono più prosaicamente a piedi, aiutati dalle corde fisse lungo le quali ci si cala spesso in corda doppia. Gli ultimi (Cesare e Guido) arrivano al campo 3 intorno alle 16.”

A questo punto vogliamo fare un inciso raccogliendo il pensiero scritto nel diario online degli alpinisti della Mountain Kingdom: “In vetta con noi altre 30 persone di cui la metà sherpa; la maggior parte di chi ha raggiunto la cima (sherpa esclusi) ha usato l'ossigeno dal campo 2 o 3 in su. Ha veramente senso? E' come dire di aver fatto la Milano-Sanremo con la bici quando però ci sei arrivato con la bicicletta elettrica”. Come si sa anche questa volta il “come si è arrivati” non è poi l'ultima cosa da considerare. Ma andiamo avanti...

Marco Galliano dal canto suo racconta così la sua vetta: “Sono scoppiato in lacrime e non riuscivo più a smettere”. Dopo la commozione però arriva il momento della verità, il vero motivo per cui lui è lì: la discesa. “Quelli che salivano, con l'ossigeno (e non senza come me) mi hanno fatto il tifo, urlando come non mai al mio passaggio in tavola” racconta. Poi il tratto più difficle, la “yellow band”, il salto di roccia (50° di pendenza con ghiaccio ovunque) sotto l'anticima. “Mi avevano detto tutti che non sarei riuscito a surfarci sopra, ma invece l'ho tagliato tutto a sinistra ed anche quel tratto della discesa è stato fatto con lo snowboard al piedi. Mi sono proprio goduto la discesa ed in mezz'ora circa sono tornato al campo 3 con una neve magnifica».

Poi, raccolto il materiale depositato al campo, la discesa è continuata fino al Campo 2 dove decide di fermarsi. “Sono esausto” spiega a Mattia Trotta al satellitare: “mi fermo qui per la notte e domani continuo la discesa fino al campo base. Ho l'alluce del piede destro a rischio congelamento ed ora dovrò curarmelo con degli impacchi. Sono felice come un bambino, ma prometto che per i prossimi dieci anni avrò solo il mare in mente! Ho fatto troppa fatica!»

Il 25 settembre è tempo per il rush finale degli ultimi 1500m di discesa, sempre con la tavola ai piedi, anche sulla difficile seraccata finale; cosa che gli procura il 'solito' ultimo brivido. “Mi avevano detto che avrei dovuto legarmi alle corde fisse durante il passaggio dalla seraccata” racconta Galliano dal campo base “ma mi sentivo sicuro ed ho preferito non farlo cercando di aggirare i pericoli maggiori. In una curva in backside, però, lo zaino da 35 kg ha avuto il sopravvento e mi ha fatto volare via. Sono rimbalzato per una ventina di metri ed ho perso un po' di materiale, ma sono vivo e l'importante è solo questo. Me la sono vista veramente brutta!”.

Intanto i suoi compagni, Cesare, Guido e Silvano scendono dal campo 3 affrontando anche una difficile meteo con vento e nevicate. Arriveranno al campo base all'ora di cena dello stesso giorno. Stanchi, felici e incolumi. Finisce così la storia di questa prima discesa italiana in snowboard dalla cima del Cho Oyu (la terza assoluta). Per rendere l'idea sulla performance di Galliano basti dire che la prima è stata firmata da Marco Siffredi, l'insuperato snowborder degli 8000 scomparso nel 2002 mentre scendeva l'Hornbein Couloir sull'Everest. E finisce anche la bella spedizione (4 componenti su 6 in vetta) della Mountain Kingdom.

Ora, mentre attende di togliere il campo per rientrare a Kathmandu, Marco Galliano ha trovato un'occupazione. Cedendo alle insistenze dei due sherpa che volevano provare a surfare ha “allestito un campo scuola” su un passo a 6000m di quota. Il risultato è che per queste lezioni private ha fatto più fatica che salire sul Cho Oyu... gli sherpa si sono cacciati immediatamnete giù con dei “dritti” paurosi e lui dietro di corsa. Avremmo voluto vederli ;-)



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