L'Onda di Hokusai, la nuova e bella via sul Molignon di Dentro in Dolomiti per Angelo e Tonelli

Il racconto di Philipp Angelo ed Andreas Tonelli de L'Onda di Hokusai (750m, WI5+, 60°, M3), la loro nuova via sulla parete nordest del Molignon di Dentro, Catinaccio, Dolomiti.
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Klaus Baumgartner in uscita dal nono tiro, L'Onda di Hokusai, Molignon di Dentro, Catinaccio, Dolomiti
archivio Angelo & Tonelli

Vie come queste capitano davvero di rado. Basta basta guardare la foto per capirlo: un’esile linea di ghiaccio e misto che taglia l'imponente parete. Una linea rimasta nascosta a tutti tranne che a Andreas Tonelli e Philipp Angelo che a marzo hanno saputo cogliere L'Onda di Hokusai, una via che ha il sapore di qualcosa di particolare e prezioso, in un ambiente straordinario e selvaggio. Quello bellissimo, quanto semi sconosciuto ai più, della nordest del Molignon nel segreto cuore del Catinaccio d'Antermoia, gran perla delle Dolomiti.

Si tratta di una scoperta ed un viaggio di 750m che Philipp Angelo e Andreas Tonelli hanno salito in due tappe: la prima il 5 marzo interrotta per il buio 2 tiri sotto la cima, e poi ripresa il 16 marzo fino in cima, assieme a Thomas Gianola e Klaus Baumgartner che hanno a tutti gli effetti effettuato la prima ripetizione di questa grande, bella via dedicata a Manuel Moroder e Giulio Longatti.

LA SCOPERTA DELL'ACQUA FREDDA di Andreas Tonelli
"Son le rose che mi hanno tradito. Se gli uomini non le avessero viste, non avrebbero mai scoperto il mio regno" Re Laurino

Sono sempre stato affascinato da questa parete che si innalza come uno spartiacque tra il fantastico mondo del Catinaccio e l'Alpe di Siusi, a pochi passi dai chilometri di piste battute, la miriade di impianti di risalita e l’incessante via vai di turisti dell'alpe più estesa d'Europa. Sembra quasi incredibile, ma la catena del Molignon pare trovarsi lontano da tutto, selvaggia e imponente domina dall’alto la Val Duron. D’inverno questa bastionata acquista un fascino tutto particolare: esposta com'è ai venti del nord, spesso la neve s’incolla sul verticale donando alla parete un aspetto quasi himalayano. La lunga cresta è percorsa dalla bellissima e panoramica Ferrata Laurenzi che collega il passo del Molignon con la vallata dell'Antermoia, facendone un luogo abbastanza frequentato nei mesi più caldi, ma d'inverno la parete non vede anima viva. Chissà se su questa larga muraglia nei mesi più freddi esiste una possibile linea di salita? È con questa domanda che mi fruga per la testa che un giorno di dicembre chiedo in prestito al proprietario del rifugio Zallinger sotto al Sasso Piatto il binocolo. Corro lungo la cresta da destra a sinistra ammirandone le immense cornici di neve sospese nel vuoto e poi mi abbasso di un po' sotto la cima del Molignon di Dentro, la cima più alta e orientale della catena. Scopro una larga colata di ghiaccio a tre quarti della parete, che poi però sparisce nel nulla. Che strano, tutto quel ghiaccio che apparentemente non sembra proseguire il suo logico viaggio verso il basso... Alla base della parete individuo un'altra lingua di ghiaccio, ma tra le due colate purtroppo solo neve, rocce e nessun apparente collegamento. Peccato, penso. È così che arriva gennaio e dopo alcune copiose nevicate assieme a Philipp e Thomas decidiamo di effettuare il bellissimo giro dell'Antermoia, loro con gli sci e io con la tavola, partendo dall'Alpe di Siusi. Durante l'ultima discesa che dalla Forcella Croda del Lago conduce nella Val Duron mi fermo per scattare alcune foto a Thomas che scende in una polvere da sogno, poi mi volto verso la parete del Molignon e con grande stupore noto che tra la colata alta e quella bassa corre un esile lingua di ghiaccio incastonata in un grande diedro. Una parte della colata è poi nascosta da un avancorpo roccioso, che da questa prospettiva distinguo chiaramente. È questo forse l'unico punto dal quale si può osservare gran parte della colata...sono stato fortunato, penso. Sarà che un’altra rosa ha tradito Re Laurino? Ora che l'acqua fredda è scoperta, bisogna soltanto fare le valige e partire...

RACCONTO DI UN VIAGGIO di Philipp Angelo
05/03/2013

Non sono proprio un amante di racconti alpinistici nei quali con grandi giri di parole viene descritta una salita, un’avventura prima vissuta, poi distorta verbalizzandola. Ma ogni tanto mi piace raccontare per far sognare anche altri sperando che anche loro ogni tanto abbiano la possibilità di vivere questi sogni.

Sono le sei e venti quando Andreas ed io partiamo dal parcheggio di Compatsch sull’Alpe di Siusi. Meglio partire presto oggi, dato che altrimenti già solo il parcheggio ci costerebbe la modica cifra di ben 14 euro…e poi verso le cinque vogliamo essere di ritorno...bella questa!! Cerchiamo di non caricarci troppo, ci portiamo 11 viti da ghiaccio, una serie di camelots e sette chiodi.

Di buon passo ci incamminiamo in direzione del rifugio Molignon che secondo Andreas dista ad un’oretta di cammino. Per fortuna dopo una cinquantina di minuti passa una motoslitta e ci facciamo dare un passaggio fino al rifugio così almeno riusciamo a rispettare la tabella di marcia... Dopo il caffettino obbligatorio continuiamo con le ciaspole in direzione della parete nordest del Molignon che ora risplende già nel tiepido sole mattutino. Il tempo è stupendo, la temperatura sembra ideale. Ce la ricordevamo più corta e forse anche meno ripida, ma forse è solo la vista frontale ad ingannare. Comunque all’attacco dobbiamo ancora arrivarci, il resto si vedrà poi. Andreas, appassionato della tavola, è abituato a girare con le ciaspole ed io con i miei passettini piccoli faccio fatica a seguire le sue tracce. Dopo un’ora e tre quarti di sali e scendi finalmente ci ritroviamo sotto la prima lingua di ghiaccio. Attacchiamo alle dieci e venti, orario perfetto direi, o forse no?! Soprattutto se penso che volevamo attaccare un’ora e mezza prima... Da sotto i primi due tiri sembrano più facili e corti di quello che poi risultano essere. La qualità del ghiaccio non è sempre ottima, in parte è già molto secco e spaccoso, ma tutto sommato l‘arrampicata è molto bella e, come si suol dire, „di grande soddisfazione“. Dopo circa 60 metri e dopo aver „scrostato“ un po’ la cascata sul tratto più ripido avendo mollato giù due comodini ghiacciati, mi tocca sostare una quindicina di metri prima della fine del primo risalto. Il secondo tiro è più facile e finisce in un canale nevoso dove perdiamo un po’ di tempo cercando di allestire una sosta decente. Ci rendiamo conto che i nostri chiodi non sono ben accetti nelle rare e friabili fessure del Molignon. Continuiamo lungo un pendio nevoso di circa 45° per circa 150 metri fino alla base della parte principale della salita. Per fortuna la neve è portante altrimenti sarebbe stata una bella rottura...

Dato che questa parte della cascata è nascosta dietro ad un avancorpo roccioso non sapevamo esattamente cosa ci aspettasse. Ed ecco che la nostra speranza diviene certezza: sopra di noi si alza un bel nastro di ghiaccio verticale misto a neve polistirene. Questa lunghezza sarà la più difficile della salita ma anche una delle più belle. Ci mangiamo l’unica barretta della giornata e beviamo un sorso di tè prima di ripartire. Alcuni passi sono un po‘ delicati dato che il ghiaccio non permette sempre di proteggersi al meglio. Non capendo esattamente se la neve sopra di noi fosse sufficientemente pressata da permettere una progressione abbastanza tranquilla, con il culo un po‘ stretto mi alzo fino ad una specie di strapiombino/tappo di neve pressata, attraversando poi per qualche metro su neve quasi verticale verso destra e salire ancora un po‘ per entrare in una specie di canalino ghiacciato. Intanto Andi mi dice „figo, figo!“ e continua a scattare foto ricordo... Dopo circa 50 metri si sosta su ghiaccio. Poi il canalino forma una specie di tubo e si stringe ancora un po‘. Esco verso sinistra dove il ghiaccio e migliore su un muretto verticale accontentando Andi che mi prega di non bombardarlo troppo. Sopra di noi il ghiaccio continua ma la cima ovviamente ancora non si vede. Sotto ce la siamo presa con calma ma ora, se vogliamo finire la via in giornata, bisogna mettere il turbo! Meglio non pensare alle ditina fredde e al fatto che mi sono già messo il terzo paio di guanti dato che gli altri due sono già zuppi... Per stare più tranquilli già sui tiri bassi abbiamo allestito le abalakov per la discesa. L’idea di una discesa al chiaro di luna con le frontali non ci preoccupa più di tanto, dato che non sarebbe di certo la prima volta. I prossimi tiri sono più facili ma sempre molto belli e così saliamo velocemente. Dal basso sembrava che in alto fosse più una „ravanata“ su neve ma siamo contenti di vedere che si prosegue perlopiù su ghiaccio. Dopo altri tre tiri arriviamo ad un pendio di neve sopra il quale si può proseguire sul ghiaccio sia a sinistra imboccando un canalino che a destra su una larga cascata. Decido di salire a destra ma dopo due minuti di doccia di neve „spindrift“ cambio idea e salgo lungo il colatoio a sinistra. Il terzo paio di guanti si sta già ghiacciando...che bello! Andreas continua a fare foto, io mi dedico ad uno dei miei passatempo preferiti: ruotare le braccia! Non manca tanto, la cresta è già in vista. Saliamo l’ultimo tiro di puro ghiaccio. È già tardi ma la cima sembra essere vicina, molto vicina. Durante il decimo tiro, su neve a 60°, con le mani mezze congelate mi fermo per fare una chiamata e dire che non riuscirò ad essere a Bolzano per le sei...chissà perché… Il tiro ci porta sotto una fascetta di rocce dove però non c’è abbastanza ghiaccio per fare una sosta decente e così ci tocca nuovamente andare alla ricerca di una fessurina. Tira un po‘ di vento e sta incominciando a fare buio. La cresta è lì, ma ormai sono già quasi le sette e per non rischiare di non riuscire ad allestire una sosta decente per la calata al buio sull’unico chiodo rimasto, decidiamo di non salire gli ultimi probabili due tiri fino in cresta. Intanto i nostri 10 tiri li abbiamo fatti e siamo iperfelici, ma non del tutto rilassati perché comunque ci vorranno ancora più di due ore e molte doppie per raggiungere la base della parete dove abbiamo lasciato gli zaini.

Qualche chiamata per rassicurare chi ci aspetta a casa, 8 belle calate al chiaro delle nostre frontali e per finire in gloria la giornata una cammina di tre ore nel buio con i fari dei gatti dele nevi che ci accompagnano in lontananza.

All’una di notte siamo nuovamente al Compatsch. Siamo scesi ma con i pensieri siamo ancora lì, in alto sulla parete al freddo, lontani dal comfort quotidiano, affamati, stanchi ma soddisfatti, al meno per il momento, felici di aver vissuto e di vivere un‘ avventura come questa.

16/03/2013...11 giorni dopo
Si riparte. Questa volta però siamo in buona compagnia. La seconda cordata è formata da Thomas Gianola e Klaus Bumgartner. I due giovani alpinisti di diciassette e diciotto anni fanno parte del gruppo agonistico di arrampicata del CAI e dell’AVS di Bolzano e si allenano entrambi 2-3 volte alla settimana nella palestra di roccia di Bolzano. Già in diverse occasioni abbiamo visto quanto è grande l’entusiasmo di questi simpatici ragazzi e quanto sono abili nel muoversi su terreno verticale e perciò siamo contenti di poter condividere quest’avventura con loro.

Sono circa le cinque e mezza quando partiamo dalla macchina con i pesanti zaini in spalla. Questa volta abbiamo cambiato strategia e invece di parcheggiare la macchina a Compatsch abbiamo deciso di proseguire fino all’Albergo Tirler nonostante il "divieto di transito". L’idea di risparmiare un’ora di avvicinamento è stata troppo allettante, quella di scegliere una giornata a dir poco gelida un po’ meno... Alla partenza il termometro segna -19 gradi a 1740m! Saliamo molto adagio per evitare di affaticarci e sudare e dopo circa un’oretta arriviamo al passo Duron. Lì ci mettiamo le ciaspole e assistiamo allo spettacolo dei primi raggi di sole che illuminano la bastionata del Molignon. Stupendo! Scendiamo per ca. 150m prima di risalire verso la base della parete. Il tempo è ottimo e al sole non fa poi più tanto freddo. Sugli ultimi 100 metri di dislivello per arrivare all’attacco tocca ravanare un po‘ e poi finché siamo pronti per partire sul primo tiro sono già le 9! Il termometro segna -15 gradi.

Parto. Questa volta il ghiaccio nonostante le temperature rigide è migliore dell’ultima volta e sul tratto più ripido è già abbastanza ripulito. Faccio sosta dopo 40 metri e assicuro Andi che viene seguito da Thomas che parte sicuro e veloce sul primo tiro. Oggi è uno spettacolo. Tactactac – vite – tactactac – vecchia abalacov - tactactac – e mi ritrovo nel canale di neve dove mi raggiunge Andi e prosegue fino all’inizio del prossimo tiro. Il contrasto tra luci ed ombre crea un’atmosfera quasi surreale. La cascata sopra le nostre teste risplende ancora nella luce del sole che le da un aspetto più docile. I due giovani sono tutt’altro che lenti e vedo Klaus risalire il canale mentre mi trovo a metà tiro. Questa volta faccio sosta quasi dieci metri sotto ma comunque per chi fa sicura il tubo di ghiaccio non è proprio il luogo più confortevole e sicuro sulla terra e cosi, mentre salgo sul prossimo tiro, Andi giustamente mi rammenta più volte di fare attenzione a non mollare giù troppa roba. Sul prossimo tiro questa volta decidiamo di esplorare la variante di destra il che sicuramente è anche meglio dal punto di vista della sicurezza, dato che così i nostri amici possono proseguire lungo il ramo sinistro. Un tiro da 55 metri ed un altro tiro da 60 metri ci portano alla base del secondo pendio di neve che in breve superiamo per sostare sotto un breve muretto verticale di ghiaccio. Ah, che goduria ripartire con un bel spindrift che mi da nuovamente il benvenuto. Dopo questo "rinfresco", superato il tratto più ripido, proseguo su ghiaccio appoggiato e faccio sosta sotto l’ultimo risalto ghiacciato. Ecco che da sinistra sbuca la cordata dei teenager che mi segue mentre salgo da secondo sul prossimo tiro. Bene, ora ci troviamo sulla sosta a due chiodi, il punto di ritorno dell’ultima volta. La cresta sembra veramente vicina...sarà così? Speriamo anche perché la stanchezza comincia a farsi sentire. Il prossimo tiro non è difficile, un pendio a 60° su neve intervallato da due brevi tratti di misto facile..m3? boh...

Comunque dopo quasi 60 metri mi tocca allestire una sosta su un friend rosso e un chiodo di dubbia tenuta prima che Andi riesca a battere due bei chiodi qualche metro sopra. Il tintinnio questa volta ci rassicura e tiriamo un sospiro di sollievo. Qualche metro sopra Andi gira l’angolo, un passaggio di misto, una crestina esposta e pochi minuti dopo un urlo di gioia mi fa capire che è fatta!

Un forte abbraccio, poi ci sleghiamo e attraversiamo la larga cresta fino alla cima del Molignon di Dentro, pochi metri più in alto. Bellissimo, magico. Il Catinaccio di Antermoia, l’omonima valle, la vallata del Principe, lo Sciliar e più in là il Sassolungo, il Sassopiatto, il Sella e la Marmolada stanno a dimostrare che siamo circondati da un paradiso di rocce e di neve. Fa freddo e tutto è silenzio e luce. Un urlo, una stretta di mano, la foto ricordo, un sorriso, la gioia dei ragazzi, e poi la discesa. Sono già le cinque e dieci. Abbiamo perso un po‘ di tempo per allestir le ultime due soste ma a parte ciò tutto sommato siamo andati via spedita...è che la via è bella lunga!! 10 doppie e tre ore dopo eccoci di nuovo alla base della parete sani e salvi. Sono felice, assieme ad Andreas siamo riusciti a colmare un sogno, tracciando un’incredibile linea su una splendida parete in uno dei più bei gruppi delle Dolomiti, a due passi da casa.

A questo punto vorremmo anche fare i complimenti a Thomas Gianola, 17 anni di Bolzano e Klaus Baumgartner, 18 anni di Auna di Sopra sul Renon, dei quali siamo certi si sentirà parlare anche in futuro.


SCHEDA: L'Onda di Hokusai, Molignon di Dentro, Dolomiti


NOTE
Via dedicata a Manuel Moroder, quindicenne alpinista gardenese morto sotto una valanga al Monte Pic il 3 febbraio 2013 e a Giulio Longatti, 37enne alpinista Bolzanino travolto da una valanga sul canale Est del Gran Zebrù il 16 marzo 2013.


Si ringrazia: www.riskprotect.net


Note: NOTE
Via dedicata a Manuel Moroder, quindicenne alpinista gardenese morto sotto una valanga al Monte Pic il 3 febbraio 2013 e a Giulio Longatti, 37enne alpinista Bolzanino travolto da una valanga sul canale Est del Gran Zebrù il 16 marzo 2013.

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