Lo Spirito Continua in Presanella di Francesco Nardelli e Francesco Salvaterra

Il 29/11/2023 sulla parete est della Presanella Francesco Nardelli e Francesco Salvaterra hanno salito 'Lo Spirito Continua' (500m (250m nuovi) M7?/AI4/IV). Il report e la relazione della via di misto di Salvaterra e Nardelli.
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L'apertura di 'Lo Spirito Continua' in Presanella (Francesco Nardelli, Francesco Salvaterra 29/11/2023)
Francesco Nardelli / Francesco Salvaterra

Mercoledì 29 novembre, ultimo giorno di alta pressione prima della perturbazione. I nostri amici Nicola Castagna e Patrick Ghezzi hanno da poco ripetuto la mitica via delle guide sulla est della Presanella (Giglio Alimonta, Bruno e Catullo Detassis, Serafino Serafini e Natale Vidi 8 settembre 1949). Si tratta di una via di roccia fino al V+ che in chiave invernale costituisce probabilmente la linea di misto più bella del gruppo di Presanella, viste le buone condizioni non vogliamo farcela scappare.

Arrivati all'attacco inevitabilmente lo sguardo scappa sulla destra, su un profondo camino ghiacciato che volevamo salire ancora nel 2012 con la via Depravation, ma che abbiamo evitato per via delle condizioni non buone. Ora sembra salibile e decidiamo di provarci, pur senza chiodi da roccia. Ne è venuta fuori una bella salita, che lungo il profondo camino-gola ricorda la mitica Exocet alla Torre Standhardt, una delle vie di ghiaccio più belle della Patagonia.

I primi 250 metri sono nuovi, a parte una decina di metri di canale nevoso in comune con Depravation, nella parte alta della parete abbiamo piegato a sinistra seguendo pressappoco il percorso della Via delle guide. Nei due tratti più difficili ci siamo appesi alle picche per pulire da alcuni tappi di neve inconsistente, il grado M7?/AI4/IV quindi è solo proposto e manca una RP.

di Francesco Salvaterra


LO SPIRITO CONTINUA di Francesco Nardelli
Mercoledì 29 novembre. Da domani sono previste copiose nevicate e in montagna le condizioni cambieranno. Al momento, invece, la neve caduta ormai qualche settimana fa dev’essersi ben trasformata sulla parete est della Presanella. Su suggerimento di Nicola Castagna e Patrick Ghezzi, io e Franz Salvaterra decidiamo di approfittare di questa occasione per andare a ripetere in chiave invernale la Via delle Guide: forse "la linea" della parete.

Partiamo alle 3.30 di notte da Tione. La parete est della Presanella è immersa in un ambiente selvaggio e remoto, solo l’avvicinamento è di per sé un’avventura e una faticosa giornata. Infatti, nonostante le quattro ruote motrici della jeep di Franz, siamo ben presto costretti a montare le catene per arrivare a parcheggiare la macchina il più in alto possibile. Veniamo accolti da un freddo pungente, di quelli che, anche senza un termometro, ti fanno capire che siamo parecchi gradi sotto lo zero. Intirizziti, ci mettiamo subito in cammino, le frontali sono accese, ma siamo accompagnati da una luna splendente che illumina tutta la val d’Amola. Le cime innevate risplendono nella notte. Queste immagini hanno già ripagato la fatica dell’alzataccia.

Fortunatamente qualcuno prima di noi si era già avventurato da queste parti e troviamo una traccia da seguire nella neve. Rapidamente arriviamo al rifugio Segantini. Passato il rifugio, la traccia si inerpica lungo le dorsali moreniche e il vallone che porta verso il passo d’Amola e al nostro obbiettivo. Quando albeggia, le prime luci rosate illuminano il paesaggio che ci circonda, dietro di noi le guglie del gruppo del Brenta disegnano una skyline perfetta. Arriviamo sotto la parete quando qualche raggio di sole vi fa capolino, purtroppo saranno gli unici raggi che vedremo in tutta la giornata. Il freddo si fa sentire: l’aria frizzante brucia quasi sul viso e togliere i guanti è un azzardo. Giusto il tempo per bere un goccio di tè e sistemare il materiale sull’imbrago e siamo pronti.

Parte Franz che conosce bene la parete e non dovrebbe sbagliare l’attacco. Fa qualche decina di metri, poi si ferma ad osservare. Mi grida che a destra della Via delle Guide c’è una linea di ghiaccio che non aveva mai visto prima. Una linea nuova che non era ancora stata salita… non ci mettiamo molto a decidere di avventurarvici.

Dopo un primo tratto "in conserva", Franz inizia a salire sulla parete più ripida. L’arrampicata non è tecnicamente impegnativa, ma la roccia non offre grandi opportunità per proteggersi. La nostra corda non è lunga a sufficienza, quindi devo iniziare a scalare il dietro ghiacciato quando Franz sta ancora avanzando nella rampa di neve sovrastante, cercando un buon punto dove allestire la sosta. Subito mi ricordo quanto sia spiacevole la sensazione caratteristica delle vie di misto: sei già piuttosto infreddolito e vieni ricoperto di neve sottile e qualche pezzo più massiccio che cadono dall’alto. Ma non ci sono molte alternative e un po’ alla volta ci si fa l’abitudine. Fortunatamente fa così freddo che la neve non arriva nemmeno a bagnare la giaccia e scivola subito via.

Il tiro successivo sale lungo un diedro ostruito da un fungo di neve, con cui dovrò lottare per parecchi minuti e poi da un tetto strapiombante. Fortunatamente, sopra al tetto la neve trasformata è ottima e pianto con sicurezza le piccozze. La via prosegue in un diedro/camino incassato dietro dei pilastri. Franz riesce a trovare una soluzione per evitare un tratto di neve inconsistente che rischiava di bloccare la nostra progressione. Una ribaltata atletica, dove (finalmente!) lo sento sbuffare sotto sforzo, ci porta fuori dalla parte più ripida della parete.

Le difficoltà tecniche sono terminate, ora si tratta solo di avanzare nella neve, spesso polverosa fino alla sommità della parete est. Ci alterniamo battendo traccia, qui e lì c’è ancora qualche passaggio tecnico, le possibilità di proteggersi sono poche, quindi bisogna rimanere concentrati. Mentre ci avviciniamo alla cresta, iniziamo a sentire il vento che soffia da ovest. Sul filo di cresta e sulla cima il vento è fortissimo, le raffiche fanno perdere l’equilibrio.

Arriviamo alla croce di vetta con le ultime luci, il sole rosso sta tramontando dietro il gruppo dell’Adamello. Ci stringiamo la mano, un abbraccio e senza aggiungere altro corriamo verso il bivacco Orobica. Siamo ghiacciati. Al riparo si sta un po’ meglio, mangiamo e beviamo quello che ci è rimasto, mettiamo negli zaini il materiale che non ci serve per la discesa e senza indugiare troppo ci prepariamo per scendere. Il vento scuote le pareti del bivacco e l’idea di uscire non è di certo allettante.

Scendiamo dalla via normale, che tutto sommato risulta anche più agevole di quanto avessimo preventivato. Fortunatamente, anche qui, quando il vento è stato magnanimo e non le ha cancellate, troviamo le tracce di Nicola e Patrick che aiutano ad orientarsi nel buio e ad evitare di sprofondare eccessivamente nella neve.

Sotto la bocchetta di Monte Nero ci togliamo finalmente i ramponi e mettiamo via la piccozza. Da qui ci aspetta una lunghissima e faticosa camminata, ma le difficoltà ce le siamo già lasciate alle spalle. Arriviamo alla macchina qualche ora dopo, stanchi morti, stufi di camminare nella neve, ma felici e soddisfatti. Ora non resta che rientrare nel mondo civilizzato e sperare di trovare un locale aperto che ci prepari qualcosa per cena. Con un buon Kebab non si sbaglia mai.

Abbiamo deciso di chiamare la via Lo spirito continua. Il nome è tratto dal titolo dell’album e soprattutto da quello della traccia che chiude il celebre disco dei Negazione (1986). La canzone racconta una storia che ci esorta a non mollare mai: se non abbiamo paura di niente, neanche di morire, allora niente potrà intaccare il nostro spirito. Perché alla fine si tratta di questo, si tratta di vivere o morire, prendere posizione o soccombere sotto i colpi che la vita ci può riservare, si tratta solamente di questo. Lo spirito è vivo in noi e dobbiamo assolutamente alimentarlo, altrimenti egli deperirà come tutto il resto, e si allora che di noi non sarà rimasto niente.

di Franceso Nardelli

Salvaterra ringrazia per il supporto: Climbing Technology, Montura, SCARPA, Salice Occhiali
Info: www.francescosalvaterra.com, FB Francesco Salvaterra

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