L'incidente al Piergiorgio nel racconto di Brenna
1/02/08 - Dopo l'incidente di ieri al Cerro Piegiorgio, Giovanni Ongaro è stato portato all'ospedale di Calafate per verificare i danni subiti alle mani. Cristian Brenna ci racconta com'è avvenuto il tutto: dal momento drammatico della scarica di ghiaccio alla ritirata per fortuna andata a buon fine.
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Il Cerro Piegiorgio
arch. Ragni Lecco
Il report di Cristian Brenna su quanto è successo ieri sul Piergiorgio (vedi news) si commmenta da sé. Per Giovanni Ongaro, soprattutto, ma anche per Hervé Barmasse e Cristian Brenna, impegnati in un (serio!) tentativo alla vetta, poteva sicuramente andar peggio.
Intanto - mentre Giovanni Ongaro sta andando a Calafate per farsi visitare da un ortopedico accompagnato da Mario Conti - ecco il (bel testo) della (brutta) avventura raccontata da Cristian Brenna:
"Sono circa le 17, quando il nostro sogno di salire in “cumbre” al Piergiorgio diventa un incubo, prima si avverte un forte sibilo, tipo quello che si sente nei film di fantascienza, alzo lo sguardo e vedo un'enorme massa di ghiaccio che si dirige sopra le nostre teste, riesco solo ad urlare un "occhio!", visto che Hervè si è appena tolto il casco, poi entro nel “nidos de los condores” (così abbiamo soprannominato la nostra nicchia) il più velocemente possibile; questa è la prima sosta comoda che ci permette di stare seduti e non con le chiappe all'aria come per il resto dei 700 metri di via fin qui saliti.
Non è la prima “frana” di ghiaccio che passa sopra le nostre teste, di solito ci si avvicina alla parete il più possibile e si aspetta che passi, sempre con la fronte aggrottata, aspettando il blocco che ti colpisce. Il tutto dura una trentina di secondi, ma adesso, dopo che sono passati i pezzi più grossi, sento Giò che urla come un forsennato che è stato colpito a tutte e due le mani. Urla di dolore, e chiede di essere calato il più possibile velocemente in sosta.
Lo calo più in fretta che posso, e la scena che si presenta ai nostri occhi è abbastanza agghiacciante: la mano destra completamente gonfia come un pallone, ma la sinistra è messa decisamente peggio, il metatarso è praticamente finito nel polso e la mano è piatta come una sogliola. Giò urla di tirargli le dita e cercare di rimettere a posto la lussazione, Hervè comincia a tirare e dopo qualche tentativo la mano comincia a prendere una forma più normale. Giò adesso sembra più tranquillo, anche se comunque ha le due mani completamente fuori uso.
Cominciamo a rimettere via il materiale e a organizzare una ritirata tutt'altro che semplice, visto che la parete è sempre leggermente strapiombante e molte calate sono anche in traverso. Via radio riusciamo ad avvisare anche Mario che è alle tende. Lo informiamo sull'accaduto, e gli diciamo di smontare il campo perché bisogna portare Giovanni il più velocemente possibile a Chalten, perché nel frattempo le mani continuano a gonfiarsi a dismisura e siamo preoccupati che la cosa possa ancora peggiorare.
Cominciamo a calarci e insieme cala anche un po' la tensione, tanto basta per cominciare a fare qualche battuta su chi dei due dovrà aiutarlo nei bisogni fisiologici, io mi calo per primo sulle statiche con un cordino collegato con Giovanni, quando arrivo in sosta Hervè lo cala e io col cordino lo recupero a ogni sosta, una volta recuperato comincio a scendere alla sosta successiva, Hervè lo raggiunge e via di nuovo con la stessa sequenza.
Alle nove e mezza circa siamo di nuovo all'attacco della via, raggiungiamo Mario, scendendo il ghiacciaio oramai marcio, visto che questa mattina alle quattro si sprofondava già fino a metà gamba. Verso le undici siamo in fondo al canale, ci aspettano “solo” i venti e passa chilometri che ci separano dalla Pietra del fraile, che raggiungiamo verso le cinque e mezza del mattino.
Ci buttiamo sfiniti un paio d'ore nei sacchi a pelo, orami sono più di ventisei ore che siamo in giro e dobbiamo cercare di recuperare un po' le energie, visto che per arrivare all' Hosteria del Pilar dove abbiamo la macchina dobbiamo fare un'altra passeggiata di una dozzina di chilometri. Alle otto e mezza, dopo aver mangiato un boccone, siamo nuovamente in “pista”, raggiungiamo il posto medico al Chalten dove vengono prestate le prime cure a Giovanni.
Intanto il tempo si è messo al brutto, e per noi è una vera manna per cercare di recuperare il più possibile le energie in vista di un prossimo tentativo. Giò nel frattempo è stato mandato a Calafate per essere visitato da un ortopedico, visto che qui non ce ne sono e noi come voi aspettiamo nuove notizie… stay tuned"
Cristian Brenna
Intanto - mentre Giovanni Ongaro sta andando a Calafate per farsi visitare da un ortopedico accompagnato da Mario Conti - ecco il (bel testo) della (brutta) avventura raccontata da Cristian Brenna:
"Sono circa le 17, quando il nostro sogno di salire in “cumbre” al Piergiorgio diventa un incubo, prima si avverte un forte sibilo, tipo quello che si sente nei film di fantascienza, alzo lo sguardo e vedo un'enorme massa di ghiaccio che si dirige sopra le nostre teste, riesco solo ad urlare un "occhio!", visto che Hervè si è appena tolto il casco, poi entro nel “nidos de los condores” (così abbiamo soprannominato la nostra nicchia) il più velocemente possibile; questa è la prima sosta comoda che ci permette di stare seduti e non con le chiappe all'aria come per il resto dei 700 metri di via fin qui saliti.
Non è la prima “frana” di ghiaccio che passa sopra le nostre teste, di solito ci si avvicina alla parete il più possibile e si aspetta che passi, sempre con la fronte aggrottata, aspettando il blocco che ti colpisce. Il tutto dura una trentina di secondi, ma adesso, dopo che sono passati i pezzi più grossi, sento Giò che urla come un forsennato che è stato colpito a tutte e due le mani. Urla di dolore, e chiede di essere calato il più possibile velocemente in sosta.
Lo calo più in fretta che posso, e la scena che si presenta ai nostri occhi è abbastanza agghiacciante: la mano destra completamente gonfia come un pallone, ma la sinistra è messa decisamente peggio, il metatarso è praticamente finito nel polso e la mano è piatta come una sogliola. Giò urla di tirargli le dita e cercare di rimettere a posto la lussazione, Hervè comincia a tirare e dopo qualche tentativo la mano comincia a prendere una forma più normale. Giò adesso sembra più tranquillo, anche se comunque ha le due mani completamente fuori uso.
Cominciamo a rimettere via il materiale e a organizzare una ritirata tutt'altro che semplice, visto che la parete è sempre leggermente strapiombante e molte calate sono anche in traverso. Via radio riusciamo ad avvisare anche Mario che è alle tende. Lo informiamo sull'accaduto, e gli diciamo di smontare il campo perché bisogna portare Giovanni il più velocemente possibile a Chalten, perché nel frattempo le mani continuano a gonfiarsi a dismisura e siamo preoccupati che la cosa possa ancora peggiorare.
Cominciamo a calarci e insieme cala anche un po' la tensione, tanto basta per cominciare a fare qualche battuta su chi dei due dovrà aiutarlo nei bisogni fisiologici, io mi calo per primo sulle statiche con un cordino collegato con Giovanni, quando arrivo in sosta Hervè lo cala e io col cordino lo recupero a ogni sosta, una volta recuperato comincio a scendere alla sosta successiva, Hervè lo raggiunge e via di nuovo con la stessa sequenza.
Alle nove e mezza circa siamo di nuovo all'attacco della via, raggiungiamo Mario, scendendo il ghiacciaio oramai marcio, visto che questa mattina alle quattro si sprofondava già fino a metà gamba. Verso le undici siamo in fondo al canale, ci aspettano “solo” i venti e passa chilometri che ci separano dalla Pietra del fraile, che raggiungiamo verso le cinque e mezza del mattino.
Ci buttiamo sfiniti un paio d'ore nei sacchi a pelo, orami sono più di ventisei ore che siamo in giro e dobbiamo cercare di recuperare un po' le energie, visto che per arrivare all' Hosteria del Pilar dove abbiamo la macchina dobbiamo fare un'altra passeggiata di una dozzina di chilometri. Alle otto e mezza, dopo aver mangiato un boccone, siamo nuovamente in “pista”, raggiungiamo il posto medico al Chalten dove vengono prestate le prime cure a Giovanni.
Intanto il tempo si è messo al brutto, e per noi è una vera manna per cercare di recuperare il più possibile le energie in vista di un prossimo tentativo. Giò nel frattempo è stato mandato a Calafate per essere visitato da un ortopedico, visto che qui non ce ne sono e noi come voi aspettiamo nuove notizie… stay tuned"
Cristian Brenna
Note:
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