La spettacolare Primascesa di Simon Sartori e Giovanni Moscon
Affrontando difficoltà fisiche completamente inedite per l'alpinismo, l'anno scorso i trentini Simon Sartori e Giovanni Moscon sono riusciti in un impresa del tutto particolare, salendo e poi sciando una delle ultime montagne inviolate. I loro sforzi sono stati documentati da Leonardo Panizza in Primascesa, il film selezionato al 69° Trento Film Festival, di cui è uscito il trailer adesso.
NOTA DEL REGISTA
Da tempo Simon mi chiedeva di provare a fare questa avventura. Partire con picca e ramponi, e scendere con gli sci da questa montagna che nessuno aveva mai scalato. Finalmente più o meno un anno fa le condizioni rendevano la salita possibile, c’era il giusto grado di materiale vivo da arrampicare, io e Simon eravamo piuttosto liberi. Unica incognita ancora la discesa, non eravamo sicuri che la pendenza fosse abbastanza da permetterci di scendere con gli sci anche in assenza di neve.
All’ultimo, però, ho tirato un bidone a Simon, ho preferito fare un passo indietro e coinvolgere Giovanni, altro compagno di cordata in comune, per provare a mettermi dietro una macchina da presa per raccontare questa scalata così insolita, così si è creato un grande gruppo di lavoro intorno a questo progetto fatto da fotografi, cameraman, amici.
Abbiamo studiato il percorso per trovare i punti più verticali della montagna e abbiamo deciso di salire da sud. Un primo muro di una decina di metri rendeva necessario l’uso della piccozza e della corda, poi in conserva per alcune centinaia di metri e poi ancora un secondo muro che dalle nostre valutazioni sembrava breve ma molto intenso. Per assicurarsi in quel punto Simon e Giovanni hanno deciso di utilizzare dei corpi morti autocostruiti con legno di faggio a cui hanno aggiunto uno spezzone di corda e un rinvio.
La cosa che più ci preoccupava era la respirazione. Non sapevamo come i corpi degli alpinisti avrebbero reagito alle esalazioni. Loro intenzione era quella di arrivare in cima ad una montagna di rifiuti. E l’odore nauseabondo rendeva forse necessario l’utilizzo della maschera.
Quasi 300 metri di dislivello totale di immondizie accumulate in decenni, acque di scolo putride, e l’incapacità di prevedere come il loro corpo avrebbe reagito a quelle condizioni, nessuno infatti si era mai avventurato per scalare a mani nude quella montagna. Sulla Cima abbiamo deciso di piantare delle bandiere tibetane per invitare a riflettere sul fatto che ognuno di noi contribuisce a creare questa montagna di rifiuti e promuovere la pace, la forza e la saggezza.
Link: www.primAscesa.com, IG Primascesa, FB PrimaAscesa