Il Sentiero Roma in Val Masino, un tentativo in invernale

Il racconto di Thomas Gusmeo che dal 27 al 30 dicembre del 2018, insieme a Francesco Fusi, Andrea Noseda, Gabriele Gerna e Guglielmo Mangano, ha percorso parte del Sentiero Roma, una delle più famose Alte Vie delle Alpi che percorre la testata della Val Masino (SO).
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Sentiero Roma, Val Masino: Thomas Gusmeo sulla morena prima di arrivare al Rifugio Ponti, sullo sfondo il Disgrazia
Francesco Fusi

Il Sentiero Roma, in Val Masino, è un trekking di 54km e più di 3000m di dislivello positivo, percorso anche da una delle più leggendarie gare di skyrunning: il Trofeo Kima. Attraversa otto valli e sette passi, agevolati da corde fisse, e richiede buona preparazione fisica e capacità alpinistiche. Sebbene frequentatissimo d’estate, i tentativi di percorrerlo in inverno si contano sulle dita di una mano, e a quanto ne sappiamo è stato portato a termine in questa stagione solamente una volta, da fortissimi alpinisti locali (Giuseppe Miotti e Sergio Salini hanno portato a termine la traversata passi Berbacan o Risari, Camerozzo, Qualido, Averta, Torrone, Cameraccio, Bocc. Roma, con salite al Pizzo Badile e al Monte Disgrazia, in 5 giorni del febbraio 1993 NdR).

Abbiamo progettato di farlo in quattro giorni, dormendo in bivacchi e locali invernali, per cui abbiamo con noi un peso considerevole di sacchi a pelo pesanti, cibo, acqua e attrezzatura alpinistica. Partiamo in cinque il 27 dicembre 2018 da Valbiore (1182m), dopo aver già lasciato la seconda macchina a San Martino: io, Francesco Fusi, Andrea Noseda, Guglielmo Mangano e Gabriele Gerna. Risaliamo la val di Sasso Bissolo inizialmente a piedi, poi con le pelli, poi ancora con un metti e togli di sci infinito sui tornanti per Preda Rossa a causa degli abeti abbattuti in autunno dalla tempesta Vaja, che ci obbligano a contorsioni e tagli nel bosco.

La meta della prima tappa, priva di difficoltà tecniche ma molto lunga, è l’invernale del Rifugio Ponti (2559m), a cui arriviamo a tardo pomeriggio stanchi e massacrati, ma non possiamo riposarci prima di aver liberato la porta di ingresso a colpi di pala. Per risparmiare peso avevamo portato solo due fornelletti con altrettante bombole piene, convinti che sarebbero bastate: invece, dopo pochi pentolini di neve sciolta per preparare tè e risotto, quello di Fra si spegne e restiamo con il solo fornelletto di Gabri, che oltretutto sprigiona una fiamma rachitica che fatica a scaldare. Però il tramonto, infuocato e bellissimo, ci fa ben sperare e andiamo a dormire sereni e fiduciosi.

Il giorno dopo partiamo che è ancora buio in direzione della Bocchetta Roma (2898m), dove arriviamo giusto in tempo per assistere ad una delle albe più belle che abbia mai visto. Scendiamo in Val Cameraccio e risaliamo al Bivacco Kima (2654m), dove dobbiamo separarci da Gughi e Gabri, che ci salutano a causa di problemi di materiale e vesciche: dormiranno lì per poi scendere il giorno dopo in Val di Mello. Io, Fra e Andre invece proseguiamo fino al Passo di Cameraccio (2954m), da cui sciamo il bel canale che ci deposita in Val Torrone e poi al Bivacco Manzi-Pirotta (2550m). Ci dirigiamo quindi al Passo di Val Torrone (2510m), che risaliamo con picca e ramponi per poi scendere fino al Rifugio Allievi (2387m), in Val di Zocca. Passiamo un’altra sera nell’infinita attesa dello scioglimento della neve per bere e cenare, prima di metterci a dormire soddisfatti.

La mattina dopo perdiamo inizialmente qualche centinaio di metri di quota, per poi risalire e dirigerci al Passo dell’Averta (2585m), che superiamo grazie ad un ripido canalino in cui affondiamo fino alla vita, scendendo poi in Val Qualido.  Attraversiamo la valle verso quello che crediamo sia il Passo Qualido e che pare raggiungibile con un traverso nevoso ascendente vero sinistra, ma quando proviamo ad attaccare quella fascia bianca ci ritiriamo dopo poche decine di metri: la neve è molle e inconsistente, e delle catene che dovrebbero agevolare la salita nessuna traccia! Interdetti stiamo quasi per rinunciare e scendere a valle quando Andre, che non si arrende mai, parte verso monte spingendomi a seguirlo. Fra è costretto controvoglia a raggiungerci, ma ne vale la pena e troviamo il ripido canale di accesso al Passo Qualido (2647m), che si rivela alquanto ostico. Finalmente scendiamo in Valle del Ferro e perveniamo al Bivacco Molteni-Valsecchi (2510m), che ci ospiterà per la notte. Prima di sistemarci però decidiamo di andare a vedere l’inizio della salita che ci aspetta il giorno dopo, quella al Passo del Camerozzo (2765m). Al contrario del Qualido, troviamo subito l’attacco e un primo tratto di catene, ma constatiamo che i successivi sono totalmente coperti dalla neve. In previsione del giorno dopo ci mettiamo di buona lena a liberare le catene dalla neve, ed iniziamo a procedere lentamente lungo una cengia ascendente verso sinistra. Dopo soli 40 metri però ci raggiunge il buio, per cui torniamo indietro e guardando dal basso constatiamo che i 40 metri liberati dalla neve sono solo una goccia nel mare: l’indomani sarà dura superare quel maledetto passo!

L’indomani arriva, ma quando ci svegliamo scopriamo un fitto mantello di nuvole basse sopra di noi e una bella nevicata in atto. Abbandonato per forza di cose il piano originale, decidiamo per un’alternativa interessante: sconfinare in Svizzera (Val Bondasca) e rientrare in Italia (Val Porcellizzo) dal Passo di Bondo. Ci avviamo sotto la fitta nevicata verso nord, in direzione del Passo del Ferro (3199m), che superiamo in mezzo alla bufera e a una tempesta di aghi di neve che ci colpiscono con cieca ferocia, rendendo gli sci attaccati allo zaino vele e tentando in tutti i modi di strapparci via dalla parete che stiamo risalendo a colpi di picche e ramponi. Riusciamo a ripararci da tanta violenza dietro uno sperone roccioso sul Ghiacciaio della Bondasca, prima di scavalcare, ravanando faticosamente, il Passo di Bondo (3166m) e scendere in Val Porcellizzo, dove per superare le ripide placche rocciose ghiacciate ci caliamo abbandonando una corda. Finalmente possiamo iniziare la lunga discesa verso valle e i Bagni di Masino (1172m), che raggiungiamo senza altre difficoltà a parte qualche placca ghiacciata su cui rischiamo più volte di scivolare e romperci il coccige.

Non siamo riusciti a compiere il percorso integrale, ma abbiamo comunque fatto quasi 40km e più di 3500m di dislivello. Ci porteremo per sempre dietro il ricordo di albe e tramonti spettacolari, di tanta fatica come di altrettanta gioia, di sensazioni uniche di libertà, di solitudine, di vita vissuta appieno!l

di Thomas Gusmeo




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