Himalaya: prime cime tra il maltempo, e un report di Nives Meroi dal Dhaulagiri
Mentre le code del monsone non lasciano le cime himalayane arrivano la cima dell'Everest per un team nepalese-tibetano e quella del Manaslu per gli spagnoli Inaki Ochoa de Olza e Jorge Echoeaga. Intanto tutte le altre spedizioni sono alle prese con la neve alta e il maltempo come ci scrive Nives meroi nel suo diario dal Dhalaugiri.
Sono arrivati i primi ottomila in Himalaya. Nonostante una “coda” del monsone che continua a imperversare e a far disperare praticamente tutte le spedizioni. Iniziamo con la bella salita del team nepalo-tibetano che, il 1° maggio, ha raggiunto il top dell'Everest da Nord. Gli autori sono 6 “super” sherpa che, nonostante una bufera di vento, hanno ri-firmato il libro della vetta più alta. Bravi! Anche perché con questa salita tutti insieme assommano qualcosa come 27 volte in cima al tetto del mondo. In dettaglio: Phurba Tashi, (Nepal) era alla sua 10a cima dell'Everest; Son Dorjee, (Nepal) alla 3°, Dorji Somam Gyalson, (Nepal) alla 5a; Ta Shi Ping Tso (Tibet) alla 4a; Denzeong, (Tibet) alla 3a mentre Ta Shi Tsenzong (Tibet) era “solo” al suo 2° Everest. E' chiaro che tutti i commenti sono superflui per questi super alpinisti dell'altissima quota! Tutto il report è su www.mounteverest.net. Altra cima da segnalare è quella degli spagnoli Inaki Ochoa de Olza e Jorge Echoeaga che il 29 aprile, alle ore 10,45 locali, hanno raggiunto la vetta del Manaslu (8.163m). Ce lo fa rilevare Nives Meroi che, insieme a Romano Benet e Luca Vuerich, sta tentando il Dhaulagiri e (come ci racconta nella pagina di diario che pubblichiamo) combatte ormai da molti giorni con le bizze del maltempo. Una situazione estesa anche a tutte le altre spedizioni: da Simone Moro impegnato al Lhotse, a Mario Merelli (sempre al Lhotse) a Silvio Mondinelli e C. allo Shisha Pangma fino al Makalu di Vielmo, Mario Panzeri e C. tutti stanno combattendo con neve alta e bufere improvvise. Sarà la coda del monsone che stenta ad allontanarsi…, dicevamo... E forse, tra qualche giorno, tutto si risolverà... con l'arrivo del tempo giusto e quelle cime tanto sognate da tutti. DHALAUGIRI 2006 dal diario di Nives Meroi 29.04.06 Campo Base, il cielo è sereno. Oggi il nostro amico Inaki Ochoa è arrivato in cima al Manaslu dopo un mese di lavoro serrato. Siamo tutti felici per lui. Per quanto ci riguarda noi siamo tornati giù ieri pomeriggio. Eravamo partiti dal CB il giorno prima, il 27: sveglia alle 5, colazione e alle 6… via. Il tempo era buono, così come le condizioni della neve. Partire presto è dura per tutti, ma almeno a quell'ora la neve regge bene il peso dei passi e soprattutto il sole non è così feroce mentre risali il grande plateau sopra l'Icefall. Abbiamo raggiunto il colle a 5800 m ciascuno migliorando i tempi dello scorso anno, nonostante gli zaini ancora belli carichi. Da lì invece si è trattato di battere nuovamente la traccia. Verso le 12.30 abbiamo raggiunto quota 6300 m e abbiamo risistemato il nostro campo. Abbiamo scavato una bella piazza d'armi e sistemate in linea le nostre due tende. A quel punto ci siamo potuti riposare e preparare qualcosa da bere e da mangiare. Una volta rifocillati ci siamo dedicati a far asciugare un po' scarpe e vestiti, approfittando degli ultimi raggi di sole tiepido e poi… i compiti: i test neurocognitivi di Leila. Quest'anno la batteria che ci ha propinato è decisamente più breve e divertente. Ogni tanto capita di scoppiare a ridere delle risposte strampalate che riusciamo a dare, risate che diventano contagiose da una tenda all'altra. La notte è trascorsa tranquilla a parte le raffiche di vento che sbattevano la tenda e facevano scivolare mucchi di neve che si accumulavano a monte della tenda. Ma per fortuna non era necessario dover uscire a spalare. L'indomani mattina abbiamo aspettato che il sole asciugasse un po' la tenda e i sacchi a pelo. Una breve colazione e alle 8.30 partenza. Siamo risaliti battendo la traccia nella neve fresca fino a 6800 m, da dove il pendio si impenna e da qui abbiamo iniziato a fissare le corde. Arrivati a 7100 m il cielo si è chiuso e ha iniziato a sbuferare. A quel punto abbiamo deciso di scendere, non fino a 6300, come previsto, ma direttamente fino al base, “attratti” dal profumo della pastasciutta di Indra. In quattro salti siamo scesi e in due ore e mezza abbiamo raggiunto il CB. Con un simpatico siparietto da me improvvisato, proprio in prossimità del campo: l'innalzarsi della temperatura ha ormai trasformato il ghiacciaio in una ragnatela di torrentelli che devi evitare o saltare. Io, per evitare di allungare la strada, convinta che non fosse così fonda, ho messo un piede sulla crosta di un laghetto ghiacciato e sono finita nell'acqua fino ai fianchi. Cercavo di rimontare sulla crosta che ad ogni passo si rompeva, facendomi nuovamente fare un bagno gelido e non proprio voluto. A detta di Luca sembravo un cagnolino che, a quattro zampe, cercava di attraversare un lago ghiacciato. Finalmente sono riuscita a raggiungere la riva e, per fortuna, mancavano solo pochi minuti per raggiungere il campo... Nives Meroi
nella foto il campo 1 al Dhalaugiri (ph Luca Vuerich) |
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