Dente del gigante - Goulotte Nord
Il 22 marzo Enrico Bonino e Marcello Sanguineti hanno effettuato la terza ripetizione della Goulotte Nord del Dente del Gigante (Monte Bianco). 500 metri con difficoltà di 5/IV saliti per la prima volta nel 1979 Patrik Gabarrou e Bernard Muller che affrono un ambiente selvaggio e una salita di grande soddisfazione. Il report di Enrico Bonino e la scheda della via.
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Dente del Gigante (Monte Bianco)
arch. E. Bonino
Siamo abituati a vedere questa guglia monolitica di puro granito rosso dal versante più soleggiato che non a caso è quello italiano. Da secoli incombe sul paese di Courmayeur e attira l’attenzione del turista che si avvicina al Monte Bianco. In ambito alpinistico ne sentiamo parlare come una salita classica, storica. Ma questa torre compatta posta su un piedistallo presenta anche un lato oscuro ed impervio che in pochi hanno visitato, e che non ama concedersi facilmente. Ghiacciai, crepacci, seracchi e salti di roccia proteggono e rendono complicato l’accesso a questo versante, appunto il versante N.
Nel 1979 Patrik Gabarrou e Bernard Muller salivano per la prima volta questa parete per una linea di ghiaccio e misto nominandola semplicemente Goulotte N. Per la prima ripetizione si attese diversi anni, fino a che due fuoriclasse come Ezio Marlier e Arnaud Clavel, entrambi guide valdostane, decisero di cogliere la sfida e attaccare la parete. A testimonianza dell’impegno generale considerevole, questa mini grand course conta ad oggi 3 ripetizioni.
Avevo già fatto un tentativo nel mese di febbraio con Massimo Bazzetta, ma l’ambiente austero e la complessità dell’avvicinamento, ma soprattutto la progressiva chiusura delle vie di fuga ci aveva fatto rinunciare lungo il percorso. Forse non ci sentivamo all’altezza della situazione. Fatto tesoro di questa esperienza e con un pizzico di voglia di rivincita, domenica 22 marzo scorso sono ripartito questa volta con Marcello Sanguineti per sfidare nuovamente la parete.
Devo dire che le disavventure incontrate durante la salita (io ho perso una picozza ed il mio socio ne ha rotta un’altra…) mi hanno fatto pensare che forse non era destino. Ma affrontando la situazione con calma e serenità, valutando la situazione con obbiettività abbiamo deciso di continuare con i mezzi rimasti: 2 picozze e mezza in due!? Insomma, dopo 4 h e mezza di sali e scendi, corde doppie e crepacce terminali, siamo arrivati all’attacco della via, che non sarà la Nord delle Grandes Jorasses ma fa pur sempre 500m di dislivello.
Sono le 14:00 quando il primo sale con due piccozze e poi, una volta in sosta, prova a passarne una al secondo. Ma sistematicamente questa s’incastra alla cima dei muri ripidi costringendo il secondo ad arrampicare con un attrezzo solo…lo so, potrebbe sembrare un film di Harrer che sale la parete Nord dell’Eiger senza ramponi per risparmiare peso… ma è tutto vero!
Fa freddo, il vento è forte, ma a parte questo forte fruscio nessun altro rumore o suono disturba la nostra quiete. Affrontiamo con difficoltà i tiri più difficili al buio e finalmente sbuchiamo sula gengiva del Dente. Pochi passi e siamo al riparo dal vento e godiamo finalmente dello scenario luminoso di Courmayeur e Argentiere. In lontananza vediamo il faro del rifugio Torino che ci fa tornare in mente che non siamo ancora arrivati. Scendere dalla gengiva sul ghiacciaio del Gigante di notte non è cosa scontata, per fortuna qualche traccia ci indica la via.
E’ stata una bella avventura, la vetta non si è fatta conquistare facilmente. Questo ci fa capire come la montagna può riservarci sorprese ogni dove: anche le pareti all’apparenza più facili e conosciute, possono celare difficili scalate.
Enrico Bonino
http://enricobonino.blogspot.com
http://nepalkumbu.blogspot.com
>> SCHEDA GOULOTTE NORD - DENTE DEL GIGANTE
Nel 1979 Patrik Gabarrou e Bernard Muller salivano per la prima volta questa parete per una linea di ghiaccio e misto nominandola semplicemente Goulotte N. Per la prima ripetizione si attese diversi anni, fino a che due fuoriclasse come Ezio Marlier e Arnaud Clavel, entrambi guide valdostane, decisero di cogliere la sfida e attaccare la parete. A testimonianza dell’impegno generale considerevole, questa mini grand course conta ad oggi 3 ripetizioni.
Avevo già fatto un tentativo nel mese di febbraio con Massimo Bazzetta, ma l’ambiente austero e la complessità dell’avvicinamento, ma soprattutto la progressiva chiusura delle vie di fuga ci aveva fatto rinunciare lungo il percorso. Forse non ci sentivamo all’altezza della situazione. Fatto tesoro di questa esperienza e con un pizzico di voglia di rivincita, domenica 22 marzo scorso sono ripartito questa volta con Marcello Sanguineti per sfidare nuovamente la parete.
Devo dire che le disavventure incontrate durante la salita (io ho perso una picozza ed il mio socio ne ha rotta un’altra…) mi hanno fatto pensare che forse non era destino. Ma affrontando la situazione con calma e serenità, valutando la situazione con obbiettività abbiamo deciso di continuare con i mezzi rimasti: 2 picozze e mezza in due!? Insomma, dopo 4 h e mezza di sali e scendi, corde doppie e crepacce terminali, siamo arrivati all’attacco della via, che non sarà la Nord delle Grandes Jorasses ma fa pur sempre 500m di dislivello.
Sono le 14:00 quando il primo sale con due piccozze e poi, una volta in sosta, prova a passarne una al secondo. Ma sistematicamente questa s’incastra alla cima dei muri ripidi costringendo il secondo ad arrampicare con un attrezzo solo…lo so, potrebbe sembrare un film di Harrer che sale la parete Nord dell’Eiger senza ramponi per risparmiare peso… ma è tutto vero!
Fa freddo, il vento è forte, ma a parte questo forte fruscio nessun altro rumore o suono disturba la nostra quiete. Affrontiamo con difficoltà i tiri più difficili al buio e finalmente sbuchiamo sula gengiva del Dente. Pochi passi e siamo al riparo dal vento e godiamo finalmente dello scenario luminoso di Courmayeur e Argentiere. In lontananza vediamo il faro del rifugio Torino che ci fa tornare in mente che non siamo ancora arrivati. Scendere dalla gengiva sul ghiacciaio del Gigante di notte non è cosa scontata, per fortuna qualche traccia ci indica la via.
E’ stata una bella avventura, la vetta non si è fatta conquistare facilmente. Questo ci fa capire come la montagna può riservarci sorprese ogni dove: anche le pareti all’apparenza più facili e conosciute, possono celare difficili scalate.
Enrico Bonino
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