Considerazioni sulle scale di valutazione delle vie lunghe in arrampicata. Di Maurizio Oviglia

A 14 anni dalla proposta, fatta assieme ad Erik Svab e Nicola Tondini, per una nuova scala di valutazione delle vie di più tiri, Maurizio Oviglia fa il punto dell'esperienza e dell'attuale situazione.
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Maurizio Oviglia su Trad-Union E5 al Sergent
Paolo Seimandi

Premessa
Più di 10 anni fa insieme ad Erik Svab e Nicola Tondini avevamo proposto una nuova scala di valutazione per le vie di più tiri. Questa proposta nasceva dalla constatazione che la scala francese di valutazione generale delle vie (TD, ED etc) non era a nostro avviso più idonea alle vie di più lunghezze in montagna e sulle pareti di bassa valle, esprimendo un concetto di impegno un po’ confuso, comunque ancora legato all’alpinismo classico. Sulle vie "moderne", intendendo con questo termine le vie aperte dal 1975 in poi, tale scala era divenuta esclusivamente legata alla continuità delle difficoltà, includendo nel termine ED, tanto per fare un esempio, vie che avevano passaggi di VI grado come vie che invece proponevano difficoltà ben maggiori. Il tutto, inoltre, generava una compressione della scala secondo dinamiche già avvenute ai tempi del VII° grado. Occorreva a nostro avviso una scala che definisse meglio l’impegno legato alla difficoltà, differenziando quella tecnica da quella obbligatoria, l’impegno globale della salita (isolamento, ritirata o meno in doppia, lunghezza della via) ed infine la proteggibilità e la tipologia delle protezioni presenti in parete (spit o protezioni mobili da piazzare).

La proposta
Senza quasi nulla inventare, nella nostra proposta, avevamo solo messo insieme tutti questi parametri, cristallizzandoli in quattro sigle da indicare in maniera consequenziale.
- la difficoltà tecnica: espressa in scala francese (5c, 6a, etc) o UIAA e relativa alla lunghezza più dura, intesa in libera da sosta a sosta, come nell’arrampicata sportiva
- la difficoltà obbligatoria: espressa tra parentesi in scala francese o UIAA, intesa come il passaggio più difficile da protezione a protezione, senza possibilità di integrare
- la proteggibilità, rischio, con numeri arabi da 1 a 5 preceduti da R se su protezioni mobili o chiodi e S se su spit. RS per le vie miste
- l’impegno, da I a VI in numeri romani, come nella scala big wall americana

Accoglienza
La nostra proposta fu accolta con interesse dalla comunità alpinistica italiana. Essa fu pubblicata sull’annuario del CAAI e adottata direttamente per la prima volta nella IV edizione della guida della Sardegna Pietra di Luna (2002). Successivamente fu adottata dalla casa editrice Versante Sud in gran parte delle loro guide, contribuendo ad una larga diffusione della nuova scala nell’ambiente italiano, anche al di fuori delle guide stesse. Contemporaneamente la vecchia scala francese (TD, ED etc) è quasi completamente sparita dalle nostre relazioni, rimanendo utilizzata solamente in Francia. Negli altri paesi la scala non è stata per ora presa in considerazione, probabilmente per la mancanza di una proposta ufficiale da parte di un organismo internazionale riconosciuto e/o per la mancata pubblicazione della stessa su testate straniere.

Vizi e obiezioni
Varie obiezioni alla nostra proposta sono state avanzate da alcuni compilatori di guide che hanno avuto difficoltà a valutare la distanza tra le protezioni su vie molto disomogenee, non essendo specificato se la valutazione è da intendersi sulla lunghezza più pericolosa o su una media. Vi è da dire che avevamo previsto questa circostanza, aggiungendo un + (ad esempio RS2+) laddove si era in presenza di vie molto disomogenee ma l’utilizzo del + è stato invece spesso confuso con il + utilizzato nella scala di difficoltà, che solitamente intende un mezzo grado.

Diversi modi di intendere l’obbligatorio
L’esigenza del parametro dell’obbligatorio nella valutazione delle vie di più tiri si deve alla comparsa di vie completamente protette su roccia compatta, dove non è possibile integrare tra le protezioni con altro materiale. Successivamente questo parametro è entrato in uso anche nelle vie tradizionali, per sezioni prive di protezioni. Tuttavia il concetto originale di obbligatorio (difficoltà tecnica pura della sezione tra due protezioni, contando che ci si possa avvalere al massimo delle stesse, utilizzandole ad esempio come appoggio o appiglio) non è univoco. Alcuni apritori intendono piuttosto il livello richiesto a vista per salire la via in sicurezza, mentre in altri casi, all’opposto, la sezione si avvicina ad un grado blocco.

Diversi modi di intendere la difficoltà tecnica
Mentre sulle multipitches sportive è assodato che la difficoltà tecnica si riferisca alla salita dell’intero tiro in libera, su molte vie in montagna, particolarmente nelle Alpi Orientali, la difficoltà tecnica si riferisce ancora (come un tempo) a passaggi e piccole sezioni. Questa discrepanza crea non poca confusione tra i ripetitori. Inoltre su molte salite classiche degli anni sessanta e settanta, come ad esempio in Yosemite, il grado del tiro lo dà il passaggio più difficile e non la continuità delle difficoltà (come è in arrampicata sportiva). Tutto ciò genera non poca confusione.

UIAA o francese?
Molti apritori e compilatori di guide sono rimasti affezionati alla scala UIAA, specialmente per indicare le difficoltà delle vie tradizionali. Nonostante sia chiaro che siano due modi diversi di indicare la difficoltà (posso dire "gatto" in italiano e "chat" in francese ma si tratta sempre dello stesso animale) questa consuetudine ha portato alla convinzione diffusa, erronea, che la scala UIAA indichi automaticamente una via a protezioni naturali, mentre quella francese a protezioni fisse. Inoltre molti ritengono che la traduzione dei gradi classici in scala francese (ad esempio VI in 5c) sminuisca il valore delle vie classiche e porti il ripetitore ad affrontarle con leggerezza, essendo il 5c un grado in falesia alla portata di molti mentre il VI in montagna lo è certamente meno.

Scala americana nelle fessure?
Alcuni hanno preferito usare la scala americana per la valutazione delle vie granitiche o in fessura, ritenendo che essa fosse più adatta a questa tipologia di vie. Lamberto Camurri ha pubblicato, a titolo di esempio, diversi libri sulle scalate del Monte Bianco utilizzando la scala e la simbologia tipica delle vie della California. Ma mentre Lamberto si è limitato a tradurre i gradi francesi (di Piola o Voigler) in gradi americani (ad esempio 7a+ in 5.12a e così via) così non è stato per alcune zone della Val d’Ossola dove si usa la scala americana rifacendosi direttamente ai santuari statunitensi della crack climbing, dove la specializzazione in questo tipo di scalata ha portato a valutazioni che per noi europei possono sembrare eccessivamente severe.

Scala inglese per il trad?
Il ritorno di moda del trad e del clean climbing, specialmente su monotiri più che su vie di più lunghezze, ha evidenziato come la scala francese sia molto limitante per definire la difficoltà in questo stile, non includendo parametri relativi alla difficoltà psicologica nel piazzare delle protezioni e all’affidabilità delle stesse. La scala inglese rimane quella più completa ed affidabile per valutare questo tipo di salite, ma è ancora di difficile comprensione (nonostante le tabelline di equivalenza) per la massa degli arrampicatori che non siano inglesi. Effettivamente per comprenderla appieno è necessario un breve viaggio sulle pareti di arrampicata britanniche, ma non tutti sono disposti a tanto. Peraltro la scala inglese, avendo il parametro della difficoltà legato a quello dell’impegno psicologico, sovente è sufficiente indicare quest’ultimo per capire che tipo di via si ha di fronte (es. un E3, E4 o E5). Ulteriore confusione è data dal fatto che gli inglesi usano per la difficoltà tecnica la stessa scala utilizzata dai francesi (senza i +) ma con significati ben diversi (un 6a inglese equivale grosso modo a un 7a francese!).

Conclusioni
Quando con Nicola ed Erik abbiamo avanzato la proposta della nuova scala non pensavamo di certo che essa fosse riconosciuta ed adottata da tutti. Era solo una proposta, un sasso nello stagno, passibile di modifiche e perfezionamenti. A distanza di 10 anni siamo lusingati dal vedere che essa è stata apprezzata da gran parte degli alpinisti e dagli arrampicatori, che spesso la utilizzano per le loro relazioni anche al di fuori di una pubblicazione editoriale. Non si pensava di certo che essa fosse presa in considerazione all’estero, anche se un certo interesse da parte dell’UIAA verso nuove proposte sarebbe auspicabile. Credo che una più corretta valutazione degli itinerari, utilizzando più parametri possibili, porti ad un aumento della consapevolezza da parte dei praticanti del tipo di via che si va ad affrontare. Tutto ciò sempre nell’ottica della sicurezza e, di riflesso, nella prevenzione di eventuali incidenti.

di Maurizio Oviglia (CAAI, INAL)




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