Conservazione del patrimonio alpinistico e sistemazione delle vie: il delicato tema analizzato al convegno CAAI
Lo scorso sabato 16 novembre 2024, presso l’abbazia benedettina di Maguzzano, Lonato (BS), si è tenuto un convegno del Club Alpino Accademico Italiano organizzato da un gruppo di lavoro coordinato da Claudio Inselvini, presidente del Gruppo Centrale del sodalizio. L’incontro, che riportava come titolo “La conservazione del patrimonio alpinistico nel rispetto dell’avventura e dell’esperienza vissuta”, si è rivelato decisamente interessante e attentamente seguito da un nutrito pubblico di accademici e non solo, in quanto per espressa volontà dell’organizzatore sono stati chiamati a partecipare, tanto come uditori quanto come relatori, personalità non legate al circolo accademico che comunque con questo condividono la stessa passione e le stesse preoccupazioni.
Dopo i saluti del presidente del CAI ospitante, Luca Grotti, e del Presidente Generale del CAAI Mauro Penasa, il convegno ha avuto inizio con il conferimento della spilla e della carica di socio onorario del CAAI a Gianni Battimelli, Giuseppe Popi Miotti e Andrea Zannini, figure importanti per l’alpinismo praticato e per la cultura legata allo stesso.
Una volta iniziati i lavori e dopo aver cercato di definire cosa si intenda per patrimonio alpinistico, convenuto che ciò comprende ben di più del mero aspetto relativo all’apertura o alla ripetizione di vie di salita su montagne o strutture di vallate, è spettato al Presidente dei Ragni di Lecco Matteo de Zaiacomo avviare la discussione con una precisa disamina della situazione in una delle vallate iconiche per la storia dell’arrampicata e dell’alpinismo, la Val di Mello.
A seguire è stata la volta di Matteo Rivadossi che con notevole verve ha presentato lo stato dell’arte attuale in Val Salarno come punto di partenza per analizzare alcune problematiche relative al rispetto del patrimonio storico, con particolare attenzione non tanto alla questione dell’uso o meno degli spit, già di per sé spinosa, quanto delle “richiodature” o delle “aggiunte” spesso effettuate senza il consenso o quanto meno il coinvolgimento dei primi salitori e senza il rispetto per l’etica del luogo.
Con attenzione è stata poi seguita la relazione di Heinz Grill, preceduta da un videomessaggio del purtroppo assente Ivo Rabanser, dedicata all’opera di risistemazione ed a volte rivisitazione delle vie in Valle del Sarca e in Dolomiti. Se quanto espresso relativamente all’etica di rivisitazione di alcune vie dolomitiche, in particolare in Moiazza, non ha generato dubbi o perplessità, altrettanto non può essere detto dell’opera di “miglioramento” di alcune linee e di intere vie in Valle del Sarca, tra disgaggi ed incroci con linee preesistenti. Sfortunatamente Grill ha avuto la necessità di lasciare la sala subito dopo il proprio intervento, non potendo così partecipare alla discussione o rispondere ad alcune domande che presumibilmente gli sarebbero state poste.
Interessanti e illuminanti, poi, i contributi di una notissima Guida Alpina, Beppe Villa, che ha portato il punto di vista sulla questione dei professionisti della montagna da lui rappresentati per poi lanciare un accorato appello contro la banalizzazione della montagna, cui hanno fatto seguito quelli dell’alpinista-soccorritore Tommaso Lamantia, che ha offerto una lettura della questione comprendente un tema che a tutti piacerebbe evitare, ma che va invece preso in assoluta considerazione, ovvero quello degli incidenti e del soccorso.
La parola, poi, è stata data ad alcuni giovani, la cui presenza ha segnato in positivo questo convegno di per sé già più che riuscito. Importante e illuminante il contributo di Marco Cocito relativo alla zona del cuneese, così come superbo per chiarezza il breve, conciso ma chiarissimo appello di Lucia Bertazzi e altrettanto dicasi per il contributo di Alicia Chiodi, sociologa che sta studiando in maniera approfondita l’alpinismo con il suo particolare taglio culturale e professionale di certo interesse.
Ultimo dei relatori è stato poi Luca Calvi, uno dei vari non-accademici invitati, che forte della sua esperienza di etnolinguista, storico dell’alpinismo dolomitico e traduttore ha invitato gli accademici a perorare la causa della storia intesa nel senso più ampio del termine, preservando e conservando tanto quella delle imprese alpinistiche quanto quella locale, delle singole aree, delle vallate e di chi le abita. Facendosi così narratori di ciò che è molto più di uno sport e facendo sì che l’accademia non diventi un non-luogo solipsistico, autoreferenziale e sterile, per affermarsi invece come centro di conservazione e condivisione di ciò che per semplicità amiamo definire cultura alpina
Un adeguato e piacevole dibattito, amichevole e pregno di spunti, per il quale segnaliamo gli interventi di Alessandro Gogna e di Andrea Giorda, ha fatto poi da traghettatore per un trasferimento invero nebbioso presso un agriturismo della zona dove il CAAI ha saputo dare il meglio di sé in termini di convivialità, a conclusione di un convegno realmente interessante che ci auspichiamo vedersi tradurre in una pubblicazione con gli atti del convegno stesso, soprattutto per la continuazione della discussione tra le nuove generazioni che si sono mostrate presenti e attente, lasciando così in eredità il miglior viatico possibile per il futuro del Club Alpino Accademico Italiano.
Info: www.clubalpinoaccademico.it