Cascata Estiva, un’avventura romantica sul Sassopiatto. Di Aaron Moroder
Prendo in mano il binocolo e faccio scorrere il mio sguardo sui prati e i monti dell’Alpe di Siusi. Siamo a giugno e la neve dell’inverno si sta sciogliendo sotto i raggi del sole pomeridiano. Attraverso il binocolo osservo una bellissima cascata sul lato ovest del Sassopiatto, che cade per centinaia di metri giù dalla parete. Subito mostro questo spettacolo della natura alla mia ragazza Franziska che senza esitare mi domanda: "Non sarebbe bello fare una prima salita dove scorre la cascata?" Trattengo un sorriso e penso tra me e me:"Si certo! Forse con un boccaglio!". Ma i miei occhi sono già fissi su queste placche nere compatte, immaginando e cercando una linea logica, perché onestamente, questa parete mi aveva già incantato.
I miei pensieri si aggirano fissi attorno a questa linea, ma ahimè, la parete rimarrà bagnata dalla cascata per settimane. Continuo ad osservarla e noto che è molto ripida e impegnativa e solo con alcune strutture non ancora visibili con il binocolo, sarà possibile intraprendere la nostra salita. Non abbiamo scelta: dobbiamo provarci! Il fascino della prima salita ci ha catturati.
Con tutta l’attrezzatura necessaria ci ritroviamo sotto la parete anche se il meteo sembra molto incerto. Direttamente all’attacco della via trovo una clessidra che fungerà da sosta di partenza. Da lì, parto e salgo lungo una rampa abbastanza facile. Due clessidre mi danno la confidenza necessaria per attaccare la placca soprastante. E non delude: l’arrampicata si dimostra essere elegante e la roccia ottima. Franziska mi segue ma con lei anche le nubi scure e la pioggia che ci costringe a ritirarci.
Una settimana più tardi ci risiamo e, raggiunto il punto di ritirata dell’ultima volta, esploriamo la parete sovrastante. C’è un camino ripido e bagnato con aria poco invitante. Attraverso una placca verso destra e salendo un diedro ripido raggiungo due colate nere. Sulla colata a destra noto una fessura affascinante e difficile allo stesso tempo, che però potrebbe essere più fattibile del camino bagnato. Tenendo a mente questa nuova opzione ci caliamo un'altra volta.
Si prospetta un inverno con poca neve, che noi passeremo in Germania a Dresda. Proseguiamo con grinta il nostro allenamento in palestra d’arrampicata e nell’Elbsandsteingebirge, ma abbiamo sempre il nostro progetto nelle Dolomiti in testa.
Ad agosto ci risiamo: torniamo nelle Dolomiti. L’estate calda e secca ha asciugato anche il camino e un tentativo non sembra più impossibile. Salgo i primi metri senza problemi ma la roccia nel camino diventa marcia e muschiosa. Metto due friends e proseguo, ma col piede stacco un sasso che cade esattamente su Franziska. Fortunatamente si prende solo uno spavento, ma decidiamo di fermarci e gustarci i nostri panini. Successivamente ci ritiriamo e non riuscendo a nascondere la mia delusione penso già al prossimo attacco alla via, che avverrà una settimana più tardi.
Cambiamo tattica e saliamo rapidamente per la via a destra "Tanz über der Tiefe" che ci conduce sotto la fessura marcata intravista dal tentativo precedente. La giornata è fredda e tira un vento freddo da nord. Mi sistemo con cautela friends, rinvii, chiodi e martello sull’imbrago e provo a riscaldarmi le mani.
I primi metri sono ancora un po’ insicuri ma dopo aver messo alcuni friends, acquisto confidenza e salgo sempre più in alto.
L’arrampicata è faticosa e l’attrezzatura pesa sull’imbrago. La fessura sale spietata ma metro dopo metro salgo sempre più in alto. Oramai mi trovo davanti all’ultimo strapiombo, sento la stanchezza ma so che posso farcela. Questi sono i momenti, che si sognano, ancora prima di partire. Solo il pensiero di poterci riuscire mi agita e dà la carica necessaria. Una placca finale mi porta su terreno più facile, faccio sosta e mi calo. Pieno di euforia e gioia raggiungo Franziska, ormai tutta infreddolita. Proseguiamo per un altro tiro sulla via "Tanz über der Tiefe" fino a una cengia che ci permette di traversare fino alla sosta sopra la fessura.
Dopo una breve pausa ripartiamo. Le placche nere sono più difficili del previsto ma molte clessidre ci indicano la via. Le nostre braccia ormai sono stanche e anche la concentrazione diminuisce e i movimenti delle braccia e gambe vengono automatizzati. Conosco bene questo sentimento di stanchezza ma so che è esattamente questa la sensazione che rimarrà impressa nella mente.
Mentre ci troviamo sugli ultimi tiri, riusciamo anche a prenderci qualche raggio di sole, che ci dà la carica necessaria per proseguire e infine usciamo: verso il tardo pomeriggio abbiamo finalmente raggiunto l’altopiano del Sassopiatto. Il sole brilla ancora in cielo e una pace dei sensi ci riempie l’anima. Subito guardiamo verso la nostra baita e i prati verdi dell’Alpe di Siusi, dove la nostra avventura ha avuto inizio. Ci guardiamo negli occhi e siamo felicissimi di aver raggiunto il nostro obiettivo.
Nella via abbiamo lasciato poco e non abbiamo portato via niente. Siamo molto sodisfatti di lasciare la montagna come era e orgogliosi della nostra avventura. L’alpinismo è veramente affascinante – soprattutto quando lo si fa con la persona giusta al proprio fianco.
di Aaron Moroder
Info: www.gagherdeina.com