Brêche del Pic Gugliermina e la via Vols incertains. Di Enrico Bonino

Il racconto della guida alpina Enrico Bonino della prima ripetizione, effettuata insieme al collega Nicolas Meli, di Vols incertains, una via aperta alla Brêche del Pic Gugliermina nel massiccio del Monte Bianco, nel febbraio 2020, da Sébastien Ibanez e Baptiste Obino.
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Enrico Bonino su Vols incertains, Brêche del Pic Gugliermina, Monte Bianco, insieme a Nicolas Meli
archivio Enrico Bonino

In autunno, durante il tentativo di aprire una via nuova sulla parete Est dell’Aiguille Blanche de Peuterey, Nicolas ed io ritroviamo alcune soste sulla parte centrale della via poco coerenti con una salita precedente, pensando ad una ritirata strategica. Dopo alcuni giorni di ricerca sembra che questa via sia stata percorsa l’8 febbraio 2020 da Sébastien Ibanez e Baptiste Obino a cui non posso che fare i miei complimenti. Un peccato per noi, ma nulla toglie alla bella avventura vissuta.

E’ un periodo difficile per parlare di una grande avventura. Ci sono troppi sentimenti contrastanti che si intersecano con la gioia della vetta, della riuscita, di una memorabile avventura condivisa con un caro amico, Nicolas Meli. L’incertezza del momento da una parte mi spinge in modo irrefrenabile a cercare rifugio tra le montagne, nell’alpinismo, in quel mondo in cui mi sento a mio agio e totalmente libero. Quel mondo che mi rigenera, mi rassicura e mi fa sognare. Dall’altra, nonostante la legge me lo permetta, anche la ricerca di solitudine e distanziamento mi fa sentire un fuggiasco, fuori posto, non sereno neanche nell’isolarmi lontano da tutto e nel rispetto di tutti.

Ma non perdiamoci in inutili filosofismi e veniamo alla parte bella, quella sulla qualche cerco di concentrarmi per godermi il post-salita: i sogni. I sogni sono il motore della mia vita e trasposti in alpinismo si materializzano in tutte quelle striature bianche che la neve disegna sulle rocce ogni volta che nevica umido. Allora la fantasia si accende. Le linee bianche cambiano di giorno in giorno a seconda di come soffia il vento e ad un certo punto, qualcuna di esse, rimane lì immobile qualche tempo in più. Allora oltre alla fantasia cominciano l’interesse, lo studio, il monitoraggio, la ricerca di informazioni. Se poi la linea è effimera e non si forma tutti gli anni o tutte le stagioni, diventa una vera sfida nel cogliere il momento giusto, quando tutto collima per un tentativo concreto e con un certo margine di sicurezza.

Sono più o meno 22 anni che prendo la funivia di Punta Helbronner. Quando salgo lassù non mi stanco mai di scrutare ogni angolo e ogni roccia affinché una possa catturare la mia attenzione più della volta precedente. Uno degli angoli che spesso mi ha fatto sognare è proprio la parete Est dell’Aiguille Blanche di Peuterey col Pic Gugliermina alla sua sinistra. Dalla brêche di quest’ultimo scorre un lungo toboga verso il basso, che si perde dove la parete si allarga, e ritorna più evidente lungo il bastione roccioso basale. In autunno e in primavera il versante si tinge di bianco e l’incavo si riempie di neve e di ghiaccio: ma solo raramente questo permane sul salto di rocce iniziale in consistenza tale da poter esser salito. La linea è evidente, è lì davanti a tutti… serve solo pazienza, tanta pazienza, e aspettare il momento giusto. L’accesso alla parete è molto impervio per via del ghiacciaio della Brenva, tra i più crepacciati del massiccio del Monte Bianco. Non è quindi solo la parete a necessitare di condizioni particolari per esser percorsa.

Attacchiamo carichi come degli asini verso le 8:30 del mattino: quando si tenta una via nuova, e sopratutto su una parete in condizioni invernali, il materiale che ci si porta appresso è moltissimo. A volte più del necessario... ma quello lo si scopre sempre dopo. Decidiamo di portare tutto sulle spalle e di fermarci qualora troveremo un buon posto per bivaccare a fine giornata.

Dopo i primi pendii che conducono alla terminale, la goulotte iniziale si rivela straordinariamente bella e più fornita del previsto. E forse anche più dura. E’ sempre difficile essere obbiettivi nel valutare le difficoltà quando scali con zaini così pesanti. Il primo tiro è da sogno, il secondo da urlo, il terzo entusiasmante. La linea sembra una cartolina, un quadro disegnato su richiesta.

Arriviamo al tratto che da lontano destava dubbi e incognite. Circa 100m in cui il ghiaccio è estremamente effimero e intervallato da sezioni rocciose che anche con il binocolo erano difficili da interpretare. Sembra una stupidaggine ma i 10 giorni passati al Grand Flambeau a far scintille sulla roccia con gli attrezzi mi ha riacceso una grande confidenza su questo terreno, e anche questo tratto passa alle nostre spalle. Ancora qualche tiro tutto da scalare e comincia a farsi sera.

Le giornate di questi tempi sono corte e sopra di noi la parete si fa larga e complessa. Anche la fatica si fa sentire. Poco sopra di noi, fuori via, si intuisce un promontorio che, palando un pò, potrebbe diventare una buona cuccia per la notte. Data l’ora e l’incognita di ciò che ci aspetta oltre decidiamo di andare a vedere. Dopo una buona ora di “olio di gomito” la terrazza è pronta: un bivacco comodo dove dormire sdraiati a balcone su Courmayeur.

L’alba sarà meravigliosa. Non fa molto freddo, mangiamo e ci reidratiamo. Siamo sotto una grande barriera rocciosa che dovrebbe proteggerci da qualsiasi pericolo. Non fosse altro che durante la notte in cresta si alza il vento e gli spindrift... come dire.... disturbano il nostro sonno riempiendo i sacchi a pelo di neve. Alle 4 stufi dell’indesiderato trattamento decidiamo di alzarci e prepararci per la giornata. I primi tre tiri sono certamente più facili del giorno precedente, ma la difficoltà nel costruire delle soste solide e la qualità della neve ci mettono a dura prova.

Intanto il sole si leva e comincia a riscaldarci, quasi a tal punto da desiderare l’ombra. Eppure non è estate. La parete comincia a restringersi nuovamente e ad incanalarsi nella parte superiore del toboga. Ci siamo quasi. Qui è dove la via delle cenge Schneider passa in parete Est e prosegue verso la vetta dell’Aiguille Blanche. Noi proseguiamo dritti seguendo la logica della linea che ci porterà fino alla Brêche del Pic Gugliermina, tra le due torri granitiche: quella di destra compatta e monolitica e decisamente inscalabile, quella di sinistra, che conduce in vetta al picco, si rivela un grande ammasso di sfasciumi verticali. Decidiamo quindi che per logica e stile la nostra salita termina proprio al colle: una splendida finestra sui pilastri del Brouillard e il col Emile Rey. La felicità è immensa, siamo ancora nel dolce limbo della riuscita di una nuova prima salita.

E’ ora di scendere. La via verso valle è lunga e dobbiamo recuperare il nostro materiale al luogo del bivacco. Decidiamo, per semplicità e sicurezza, di tornare per la via di salita attrezzando le soste di calata (su materiale tradizionale!). Non mi sembra vero! Un altro grande, grandissimo sogno realizzato. Un itinerario che curavo da tempo, che è sempre stato lì davanti ai miei occhi e che sognavo di salire. E ora che mi sono nuovamente immedesimato nella salita scrivendo queste poche righe, mi sembra tutto più reale, un pò meno fuggiasco, e un pò più “normale”. Quella normalità e quel sognare che questo periodo nefasto tenta di oscurarci, ma che dobbiamo lottare per preservare ad ogni costo.

Faccio ancora i miei complimenti a Sebastien e Baptiste per la loro prima salita e a noi per averci creduto fino alla fine. E’ stata comunque una bellissima avventura condivisa con un collega ed amico, e alla fine è quello che conta e che rimane nel tempo!

di Enrico Bonino

SCHEDA: Vols incertains, Brêche del Pic Gugliermina, Monte Bianco

LINK: Vai a tutte le vie nel massiccio del Monte Bianco nel database di planetmountain.com 

Enrico ringrazia: SCARPA e Mtbness




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