Birthright al Grands Charmoz: la via e il tempo nei ricordi di Rossano Libera
Rossano Libera ricorda la prima ripetizione integrale di Birthright (Grands Charmoz - Monte Bianco) realizzata nel 2008 con Claudio Pozzi.
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Cercando un'alternativa (inutile) al diedro in alto a sinistra di Birthright.
archivio R. Libera, C. Pozzi
Abbiamo appena pubblicato la notizia della bella prima libera, realizzata da Matt Helliker e Jon Bracey, di Birthright. La grande via aperta nel 1993 da Mark Twight e Scott Backes sul Grands Charmoz (Monte Bianco). Una salita di gran misto con un bel menù di protezioni aleatorie. Ossia una di quelle linee che si definiscono "effimere", nel senso che le condizioni del "terreno" fanno la differenza e la difficoltà. Così ci è venuta la curiosità di chiedere a Rossano Libera di raccontarci la "sua" Birthright, quella che, nel 2008, ha affrontato insieme a Claudio Pozzi. La loro è stata la prima ripetizione integrale della via. Ed è anche la conferma che il "viaggio", in alpinismo ma non solo, è sempre diverso, assolutamente personale e mai uguale a se stesso.
Era l’ottobre 2008 ed i corsi Guida ci stavano centrifugando per bene; la mia vita stava avendo alcune risposte alle domande di sempre. Non stavo però cercando quelle risposte; avevo ancora voglia, bisogno, di altre domande.
La scalata su misto la fa da padrona in quanto ad incertezze; una via in particolare era ancora un grande interrogativo, almeno per me. La relazione citava “WI 6; V/A2” sui 450 metri di parete dei Grands Charmoz. Il problema si chiamava “Birthright” e la voglia di risolverlo mi dannava da un po’...
Con l’amico Claudio c’era già una comunione di intenti. Dalla funivia che sale al Plan des Aiguilles, la vista sul “problema” ci confortò non poco; una decisa colata bianca, ricopriva totalmente la linea!
Eccitati e già pregustanti del successo, ci dirigemmo veloci alla base, ma una volta lì, ciò che vedemmo ci fece sprofondare nello sconforto più totale. Non era solido ghiaccio il motivo di quel biancore ma una spolverata di candida neve scesa nei giorni precedenti.
Sarebbe stato scontato e saggio un dietro-front, ma stranamente quella visione, anziché scoraggiare, fu un invito alle nozze dell’incertezza. Non mi ero sorbito tutto quel viaggio per essere sicuro delle buone condizioni della parete; erano dentro di me le più grandi condizioni, per cui la decisione fu scontata.
Come già l’anno prima abboccai all’esca che mi aveva lanciato il mio orgoglio, l’amo su cui stava era sempre una via di misto del Maestro Twight. Allora a dividere con me i deliri di onnipotenza, era legata Viviana Savin da Cogne. Il pretesto di salire in giornata la versione integrale di “Beyond The Good And The Evil”, anestetizzò completamente quel dolore che la via in versione quasi secca ci aveva procurato. Quella stessa visione ottimistica, che fa vedere un orologio fermo perfettamente esatto due volte al giorno, lanciò le nostre ambizioni verso l’alto.
“Birthright”, dicevamo, segnava il nostro tempo e solo dopo mi sono reso conto quanto lassù abbia vissuto il più profondo e reale rapporto coi miei limiti psicofisici. Ad ogni sosta giuravo a me stesso che, una volta raggiunto da Claudio, avrei buttato le doppie per tornare alla dimensione orizzontale, ma ogni volta l’entusiasmo del mio compagno spegneva i miei intenti, riconsegnandomi alla folle idea di proseguire...
Ecco la magia ed il fascino di questo tipo di vie, dove la relazione indica le condizioni trovate dai primi salitori e ritrovare la stessa situazione non è semplice né scontato. Ogni ripetizione è una storia a sé.
Per Matt Helliker e Jon Bracey è stata una breve fuga durata meno di 4 ore. Per Claudio e me un autentico calvario di due giorni; i due giorni su misto più intensi della mia vita.
Rossano Libera - 2013
Era l’ottobre 2008 ed i corsi Guida ci stavano centrifugando per bene; la mia vita stava avendo alcune risposte alle domande di sempre. Non stavo però cercando quelle risposte; avevo ancora voglia, bisogno, di altre domande.
La scalata su misto la fa da padrona in quanto ad incertezze; una via in particolare era ancora un grande interrogativo, almeno per me. La relazione citava “WI 6; V/A2” sui 450 metri di parete dei Grands Charmoz. Il problema si chiamava “Birthright” e la voglia di risolverlo mi dannava da un po’...
Con l’amico Claudio c’era già una comunione di intenti. Dalla funivia che sale al Plan des Aiguilles, la vista sul “problema” ci confortò non poco; una decisa colata bianca, ricopriva totalmente la linea!
Eccitati e già pregustanti del successo, ci dirigemmo veloci alla base, ma una volta lì, ciò che vedemmo ci fece sprofondare nello sconforto più totale. Non era solido ghiaccio il motivo di quel biancore ma una spolverata di candida neve scesa nei giorni precedenti.
Sarebbe stato scontato e saggio un dietro-front, ma stranamente quella visione, anziché scoraggiare, fu un invito alle nozze dell’incertezza. Non mi ero sorbito tutto quel viaggio per essere sicuro delle buone condizioni della parete; erano dentro di me le più grandi condizioni, per cui la decisione fu scontata.
Come già l’anno prima abboccai all’esca che mi aveva lanciato il mio orgoglio, l’amo su cui stava era sempre una via di misto del Maestro Twight. Allora a dividere con me i deliri di onnipotenza, era legata Viviana Savin da Cogne. Il pretesto di salire in giornata la versione integrale di “Beyond The Good And The Evil”, anestetizzò completamente quel dolore che la via in versione quasi secca ci aveva procurato. Quella stessa visione ottimistica, che fa vedere un orologio fermo perfettamente esatto due volte al giorno, lanciò le nostre ambizioni verso l’alto.
“Birthright”, dicevamo, segnava il nostro tempo e solo dopo mi sono reso conto quanto lassù abbia vissuto il più profondo e reale rapporto coi miei limiti psicofisici. Ad ogni sosta giuravo a me stesso che, una volta raggiunto da Claudio, avrei buttato le doppie per tornare alla dimensione orizzontale, ma ogni volta l’entusiasmo del mio compagno spegneva i miei intenti, riconsegnandomi alla folle idea di proseguire...
Ecco la magia ed il fascino di questo tipo di vie, dove la relazione indica le condizioni trovate dai primi salitori e ritrovare la stessa situazione non è semplice né scontato. Ogni ripetizione è una storia a sé.
Per Matt Helliker e Jon Bracey è stata una breve fuga durata meno di 4 ore. Per Claudio e me un autentico calvario di due giorni; i due giorni su misto più intensi della mia vita.
Rossano Libera - 2013
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