Baston la Baffe, ripetizione di una super via per Della Bordella e Palma
Nei primi giorni di agosto Matteo Della Bordella e Fabio Palma hanno realizzato una delle rare ripetizioni di Baston la Baffe (1100m, 7c max 7a obbl.) la grande big wall alpina aperta dai fratelli Zambetti e da Denis Burdet sullo Scheideggwettwerhorn (3361m) nelle Alpi Bernesi. Il report di Fabio Palma.
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La parete dello Scheideggwettwerhorn (3361m)
Fabio Palma
Ci sono vie e pareti che, chissà perché, non hanno il posto che meritano. Alias non sono così conosciute (almeno in Italia) come meriterebbero. Una di questa è Baston la Baffe (1100m, 7c max 7a obbl.) la grande via aperta dai fratelli Nicolas e Julien Zambetti e da Denis Burdet sulla parete dello Scheideggwettwerhorn. Sarà per la difficoltà e severità della chiodatura. Sarà perché si tratta di una big wall in quota su una parete che fa veramente paura. Sarà per i bivacchi. Oppure sarà per il nome impronunciabile di quella imponente montagna, fatto sta che questo gran viaggio di 34 (!) lunghezze, con difficoltà massima di 7c e obbligatorio di 7a, meriterebbe un posto tra i sogni di tutti gli alpinisti. E dopo aver letto il report di Fabio Palma siamo sicuri che anche voi la penserete come noi.
Ore 8.20, arriva il pullman. L'inglese e la sua compagna spagnola ci hanno appena detto che andranno a fare la classica, un bivacco previsto e ritorno per 4 o più ore per ghiacciaio sommitale. Poiché fissiamo le loro calzature un po' troppo interrogativamente, l'inglese ci fa, oh sì, abbiamo questa (mostra una piccozza...) e un paio di ramponi, ne monteremo uno a testa e l'altro saltellerà... Matteo tira su il sacco e... voilà, si rompe lo spallaccio. Panico, parolacce, concitazione, nodo allo spallaccio improvvisato, salita trafelata sul pullman. Mi guardo le mani ed esclamo, le corde! Mi giro ad occhi spalancati e l'inglese, con le nostre corde in mano, sorride. Ce le ha raccolte lui ed un fatto è chiaro e lampante: entrambi pensiamo che l'altro stia andando a farsi male...
E' noto che il nome di un oggetto ne influenza la fortuna mediatica, e Scheideggwetterhorn... beh, volete mettere Eiger e Civetta? Pareti Nord in tutti e tre i casi, ma quando superi le dieci lettere dovresti avere almeno un suono gentile per affascinare storici e salitori. Eppure, su questo mostro, Max Niedermann aprì nel 1954 una via che qualunque storico dovrebbe inserire nelle Top aperture di roccia europee del '900, affermazione che le mere cifre (VI+ A3 in due giorni) giustificano abbondantemente, ma che la visione diretta della parete legittima definitivamente. Lo Schedeg-etc non è che mostri proprio linee logiche, come si dice in gergo alpinistico. In parecchi tratti va su dritto e impennato e azzardarne un'apertura in quella data... very very compliments.
Ci sono altre due linee agghiaccianti, sul nostro mostro: la via dei giapponesi (Takio e Kato, 1971. V+ A3. Si infila in posti allucinanti...) e la tortuosa e irripetuta via dei fratelli Coubal, 1989, 53 lunghezze, 7a+ max dichiarato, nome: Trikolora. Auguri ai primi ripetitori... Baston la Baffe, invece, di lunghezze ne ha 34, e devo dire che l'ho approcciata poco professionalmente. 35 minuti di avvicinamento, due bivacchi previsti giudicati comodi e molto panoramici, tratti di roccia sontuosa alternati a collegamenti che, guardando la relazione, mi dicevo, ok, questi si fanno in 10 minuti tra tutti e due. Lo zero termico, poi, croce e delizia estiva di ogni appassionato, recitava tra 4000 e 3800, ed essendo la quota finale 3200... va beh, piumino e Guscio proshell per il bivacco e qualche assicurazione in alto, niente di che. La vera sfida, mi dicevo, è fare in libera qualche tiro in alto dimostrando resistenza e autocontrollo, neanche poi così tanto, mi dicevo, visto che l'unica via che avevamo ripetuto io e Matteo dei fratelli Zambetti, al Wenden, aveva sciorinato un 6b scabroso e il resto normale amministrazione.
Non sapevo molte cose, però, ed eccone una lista stringata ed autoesplicativa:
1) Lo Scheideggwetterhorn ha sì tre muri meravigliosi da far invidia al 99% delle falesie del pianeta, ma anche una serie di parti di roccia immonda che definire pericolosa anche con chiodo o spit alle ascelle non rende neppure tanto bene
2) I fratelli, forse influenzati per la lunghissima apertura ( 8 anni...), probabilmente entrati in un viziosissimo circolo adrenalinico, si sono esaltati, e non poco, con run-out e “vai e incrocia le dita” proprio su quelle lunghezze marce e pericolose che solo a vederle, credetemi, facevano accapponare la pelle. Roba che in doppia ho più volte pensato, Dio non farmi crollare addosso quella roba.
3) Zero termico: e perché non ho riflettuto sulle foto del sito dei fratellini, sempre e comunque imbaccuccati manco fossero sul Ben Nevis? E perché non si sapeva che la via era già stata ripetuta da Sebastien Rater e Dimitry Munoz, due fortissimi e per giunta esperti anche di invernali, che nel libro firma hanno anche scritto, molto freddo?
4) Bivacco: giusta la strategia adottata, arriviamo il primo giorno a L18, saltando il bivacco ufficiale di L12, c'è una cengia, uno spiazzo ci sarà... così il secondo giorno non partiamo subito con difficoltà elevate, ci scaldiamo meglio e... tutto o quasi giusto, tranne la parola spiazzo. Per essere chiari, continuavo a ripetermi che comunque nei voli intercontinentali si dorme anche peggio (temperatura a parte...)
Insomma, 72 ore di passione complessive, 60 delle quali trascorse con piumino e guscio stretti e benedetti, con un freddo mai provato, in scalata, soprattutto alla fine del secondo giorno, e il beffardissimo sole (sulla carta presente dalle 15...) arrivato solo e solamente durante la foto finale, in cima... una vera e propria lotta, mentre in testa, col poco sangue che circolava fra i pensieri, mi rimbombava l'affermazione degli Zambetti, “grande sfida per un fuoriclasse capace di salire in RP in giornata”.
Boh, forse David Lama, magari con qualche grado in più. Chissà... io mi limito a complimentarmi con Matteo per due lunghezze difficili salite Onsight, un 7b+ stupendo e psicologico e la fessura baston, 60 metri di 7b che non potete avere idea, storia di lotta col freddo, col posizionamento Friends, col chiave freddo e bagnato. Complimenti a lui e ovviamente ai già più volte citati Zambetti: aprire su una parete così, nello stile che hanno dimostrato, è questione di tanto cuore e tanta testa. Stra-giù il cappello. In discesa, e aspettando il pulman di come-back, guardavo il mostro e pensavo alle molte super linee apribili, e mai e poi mai mi sono detto, potremmo provare per di là...
Fabio Palma
Ore 8.20, arriva il pullman. L'inglese e la sua compagna spagnola ci hanno appena detto che andranno a fare la classica, un bivacco previsto e ritorno per 4 o più ore per ghiacciaio sommitale. Poiché fissiamo le loro calzature un po' troppo interrogativamente, l'inglese ci fa, oh sì, abbiamo questa (mostra una piccozza...) e un paio di ramponi, ne monteremo uno a testa e l'altro saltellerà... Matteo tira su il sacco e... voilà, si rompe lo spallaccio. Panico, parolacce, concitazione, nodo allo spallaccio improvvisato, salita trafelata sul pullman. Mi guardo le mani ed esclamo, le corde! Mi giro ad occhi spalancati e l'inglese, con le nostre corde in mano, sorride. Ce le ha raccolte lui ed un fatto è chiaro e lampante: entrambi pensiamo che l'altro stia andando a farsi male...
E' noto che il nome di un oggetto ne influenza la fortuna mediatica, e Scheideggwetterhorn... beh, volete mettere Eiger e Civetta? Pareti Nord in tutti e tre i casi, ma quando superi le dieci lettere dovresti avere almeno un suono gentile per affascinare storici e salitori. Eppure, su questo mostro, Max Niedermann aprì nel 1954 una via che qualunque storico dovrebbe inserire nelle Top aperture di roccia europee del '900, affermazione che le mere cifre (VI+ A3 in due giorni) giustificano abbondantemente, ma che la visione diretta della parete legittima definitivamente. Lo Schedeg-etc non è che mostri proprio linee logiche, come si dice in gergo alpinistico. In parecchi tratti va su dritto e impennato e azzardarne un'apertura in quella data... very very compliments.
Ci sono altre due linee agghiaccianti, sul nostro mostro: la via dei giapponesi (Takio e Kato, 1971. V+ A3. Si infila in posti allucinanti...) e la tortuosa e irripetuta via dei fratelli Coubal, 1989, 53 lunghezze, 7a+ max dichiarato, nome: Trikolora. Auguri ai primi ripetitori... Baston la Baffe, invece, di lunghezze ne ha 34, e devo dire che l'ho approcciata poco professionalmente. 35 minuti di avvicinamento, due bivacchi previsti giudicati comodi e molto panoramici, tratti di roccia sontuosa alternati a collegamenti che, guardando la relazione, mi dicevo, ok, questi si fanno in 10 minuti tra tutti e due. Lo zero termico, poi, croce e delizia estiva di ogni appassionato, recitava tra 4000 e 3800, ed essendo la quota finale 3200... va beh, piumino e Guscio proshell per il bivacco e qualche assicurazione in alto, niente di che. La vera sfida, mi dicevo, è fare in libera qualche tiro in alto dimostrando resistenza e autocontrollo, neanche poi così tanto, mi dicevo, visto che l'unica via che avevamo ripetuto io e Matteo dei fratelli Zambetti, al Wenden, aveva sciorinato un 6b scabroso e il resto normale amministrazione.
Non sapevo molte cose, però, ed eccone una lista stringata ed autoesplicativa:
1) Lo Scheideggwetterhorn ha sì tre muri meravigliosi da far invidia al 99% delle falesie del pianeta, ma anche una serie di parti di roccia immonda che definire pericolosa anche con chiodo o spit alle ascelle non rende neppure tanto bene
2) I fratelli, forse influenzati per la lunghissima apertura ( 8 anni...), probabilmente entrati in un viziosissimo circolo adrenalinico, si sono esaltati, e non poco, con run-out e “vai e incrocia le dita” proprio su quelle lunghezze marce e pericolose che solo a vederle, credetemi, facevano accapponare la pelle. Roba che in doppia ho più volte pensato, Dio non farmi crollare addosso quella roba.
3) Zero termico: e perché non ho riflettuto sulle foto del sito dei fratellini, sempre e comunque imbaccuccati manco fossero sul Ben Nevis? E perché non si sapeva che la via era già stata ripetuta da Sebastien Rater e Dimitry Munoz, due fortissimi e per giunta esperti anche di invernali, che nel libro firma hanno anche scritto, molto freddo?
4) Bivacco: giusta la strategia adottata, arriviamo il primo giorno a L18, saltando il bivacco ufficiale di L12, c'è una cengia, uno spiazzo ci sarà... così il secondo giorno non partiamo subito con difficoltà elevate, ci scaldiamo meglio e... tutto o quasi giusto, tranne la parola spiazzo. Per essere chiari, continuavo a ripetermi che comunque nei voli intercontinentali si dorme anche peggio (temperatura a parte...)
Insomma, 72 ore di passione complessive, 60 delle quali trascorse con piumino e guscio stretti e benedetti, con un freddo mai provato, in scalata, soprattutto alla fine del secondo giorno, e il beffardissimo sole (sulla carta presente dalle 15...) arrivato solo e solamente durante la foto finale, in cima... una vera e propria lotta, mentre in testa, col poco sangue che circolava fra i pensieri, mi rimbombava l'affermazione degli Zambetti, “grande sfida per un fuoriclasse capace di salire in RP in giornata”.
Boh, forse David Lama, magari con qualche grado in più. Chissà... io mi limito a complimentarmi con Matteo per due lunghezze difficili salite Onsight, un 7b+ stupendo e psicologico e la fessura baston, 60 metri di 7b che non potete avere idea, storia di lotta col freddo, col posizionamento Friends, col chiave freddo e bagnato. Complimenti a lui e ovviamente ai già più volte citati Zambetti: aprire su una parete così, nello stile che hanno dimostrato, è questione di tanto cuore e tanta testa. Stra-giù il cappello. In discesa, e aspettando il pulman di come-back, guardavo il mostro e pensavo alle molte super linee apribili, e mai e poi mai mi sono detto, potremmo provare per di là...
Fabio Palma
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