Ancora su Meroi, Pasaban, Kaltenbrunner e le questioni di stile

Pubblichiamo l'intervento di Andreas Dick su 'Questione di stile: Meroi, Pasaban, Kaltenbrunner e tutti i 14 Ottomila' insieme alla risposta di Manuel Lugli autore dell'articolo stesso. Inoltre pubblichiamo i pensieri di Cristina Castagna, l'alpinista di Valdagno con 4 Ottomila all'attivo, che tra pochi giorni partirà per l'Himalaya.
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La piramide dell'Everest dal versante Sud.
Simone Moro
Sulle questioni di stile il mondo dell'alpinismo dibatte da sempre. Tanto più se si tratta degli Ottomila. Più volte, e da più parti, ci è stato chiesto di precisare meglio le differenze tra una salita e l'altra, tra un'impresa e l'altra. Noi abbiamo sempre cercato di farlo, anche se allo stesso tempo abbiamo sempre cercato di non ridurre tutto a una sequenza di cifre. Troppe variabili entrano in campo. E troppo poco il “fattore umano”, quello dell'esperienza unica ed irripetibile che coinvolge l'alpinista in ogni salita, è spiegato dai numeri e dal “fattore tecnico”. Così non ci stupisce che, dopo l'articolo di Manuel Lugli, siano arrivati in redazione vari interventi. Ne pubblichiamo alcuni che riteniamo più significativi, con una precisazione che è nostra come di Manuel Lugli: quello che stanno facendo in Himalaya, Nives Meroi, Edurne Pasaban e Gerlinde Kaltenbrunner è un'avventura bellissima: ciascuna rimarrà nella storia, quella grande, dell'alpinismo e di tutti noi.

Lettera alla redazione di Andreas Dick (editor della rivista tedesca del Club Alpino "DAV Panorama")
Ho letto con interesse l'articolo di Manuel Lugli sulla rinuncia di Nives Meroi e Romano Benet su Kanch. Concordo con la sua opinione: è un segno di vera partnership tornare indietro e rinunciare ad un obiettivo se un compagno non sta bene, e sono molto contento per Nives che abbia avuto la forza di agire in maniera umana e non seguendo un'ambizione cieca.
Più strani invece mi sembrano i tentativi di Lugli di distinguere le abilità di Meroi ed Edurne Pasaban. Non credo che porti a molto contare i dettagli più buoni o meno buoni. Lo stile deve essere riportato esattamente, i commenti possono essere fatti dai lettori per stessi.
Completamente falsa e quasi una sorta di assassinio dell'immagine sono le parole di Lugli per Gerlinde Kaltenbrunner. Sicuramente suo marito Ralf Dujmovits organizza professionalmente le spedizioni, e sicuramente questo garantisce si spera un'ottima base per una spedizione. Potrebbe essere simile al marito di Nives Romano Benet, con cui lei va sempre, o alle spedizioni ben organizzati di Edurne. Ma Ralf e Gerlinde salgono sempre in stile alpino (per quanto si può definirlo così sulla Ferrata-Everest). Portano il loro materiale, la tenda, il loro cibo. Non installano corde fisse. E l'anno scorso, Gerlinde ha fatto la stessa cosa per Ralf come Nives ha fatto per Romano: è tornata indietro e ha rinunciato al suo secondo tentativo sul Lhotse quando Ralf aveva una tosse fortissima.
Non è nient'altro che una bugia dire che entrambi dipendono dall'aiuto degli sherpa per piantare le tende e suggerire che senza Ralf, Gerlinde non sarebbe stata in grado di raggiungere la cima. Sul Lhotse ha aspettato un'ora sotto la cima per fare gli ultimi passi con il suo amato compagno. Sul Dhaulagiri ha fatto il suo percorso in maniera indipendente. Sul K2 è salita in stile alpino per 3000 metri andando soprattutto lei per prima, senza Ralf. E nel Khumbu Icefall non si possono citare le installazioni degli sherpa.
Le tre donne stanno facendo un buon lavoro. Per la maggior parte "soltanto" su vie normali, ma questa è un'altra questione. Non sono in una "corsa" come molti outsider suppongono. Si rispettano. Non dovrebbero essere altri uomini a tentare di dividerle in sportive più o meno brave.
Vi sarei molto grato se poteste pubblicare la mia lettera. Sono una guida alpina, editor della rivista tedesca del Club Alpino "DAV Panorama" e un buon amico di Ralf (da più di 25 anni) e di Gerlinde.

I migliori auguri
Andreas Dick, Redaktion Panorama

Le precisazioni di Manuel Lugli:
Caro Andreas, grazie per l'attenzione riservata al mio articolo apparso su Planetmountain. Vorrei chiarire le cose scritte e rispondere alle tue legittime critiche, senza nessuna pretesa di convincerti delle mie idee, ovviamente, ma per amore di chiarezza.
A questo riguardo, quando scrivo un articolo, mi riservo il diritto di esprimere anche un'opinione sui fatti di cui parlo, opinione su cui i lettori possono essere d'accordo o meno, ma che non può essere separata dai fatti, altrimenti sarebbe una semplice nota d''agenzia, cioè un modo di fare giornalismo che non mi interessa. Ma andiamo per punti.
1) Rimango convinto che una certa distinzione sullo stile sia importante per stimare il valore di un'impresa, anche in alpinismo. Non ho affatto affermato che Edurne sia personalmente un'alpinista mediocre o non abile, tutt'altro; ha dimostrato caparbietà e abilità sicuramente non comuni. Ho semplicemente detto che fare salite in alta quota con l'assistenza fisica e psicologica di un team è diverso che farlo da soli in stile alpino: non credo che questi si possano definire "dettagli" di poco conto.
2) Riguardo Gerlinde, francamente non capisco la "violenza" della tua replica. Anzitutto anche qui non ho affatto suggerito che Gerlinde non sia forte abbastanza per salire senza Ralf; al contrario ho affermato che Gerlinde è personalmente molto, molto forte e lo si sa da tempo. E' ovvio che lo sia, altrimenti non avrebbe realizzato le ascensioni che ha fatto. So anche perfettamente (è il mio mestiere) che una buona organizzazione non è elemento sufficiente per assicurare una cima in Himalaya. E' però un fatto - se le notizie che ho non sono completamente false - che in alcune spedizioni Gerlinde abbia avuto l'ottimo supporto logistico dell'organizzazione di Ralf, organizzazione che conosco da vari anni. Cosa, ripeto che non influenza, anzi non riguarda le capacità, la serietà e la forza personale di Gerlinde. Per contro però, lasciamelo dire, tu non hai minimamente idea di come Nives Meroi e Romano Benet si muovano in montagna, con quanta "indipendenza" fisica e psicologica. Pagandone a volte, come quest'anno, le conseguenze.
3) L'ultima delle mie intenzioni, credimi, è seminare zizzania tra le ragazze. Non stiamo però nemmeno a raccontarci favole: che a loro, a noi, piaccia o meno, un certo grado di competizione per queste ultime vette c'è, sarebbe ingenuo negarlo. Perché comunque essere la prima donna nella storia a salire tutte le montagne di ottomila metri della Terra è un traguardo importante. Che poi questo avvenga con o senza ossigeno, con o senza sherpa, al grande pubblico interessa poco, lo so. Ma almeno agli addetti ai lavori un pochino dovrebbe.

Con cordialità
Manuel Lugli

A proposito di Donne e 8000
di Cristina Castagna

Ci sono modi diversi di scalare le montagne e noi che siamo a casa guardiamo, osserviamo, commentiamo, anche senza dirlo ad alta voce ma comunque lo si fa.
Chi è là subisce più o meno passivamente quello che gli giunge alle orecchie. Chi è più sensibile, chi meno, ma si sa noi donne lo siamo è una delle nostre caratteristiche. Allora perché chi è qui si permette di dire cosa è giusto e sbagliato? Dividere i comportamenti, i gesti, i modi che vanno bene oppure no?
Ho seguito Nives, la sua rinuncia, e l'ho ammirata perché è stata forte: più forte di molti uomini o molte donne. E' davvero una Donna con la maiuscola.
Ho seguito Gerlinde una Donna meravigliosa che conosco, almeno un po' e ho ammirato più volte per la sua determinazione il suo coraggio di andare da sola con la sua tendina.
Ho visto la stanchezza di Edurne e credo abbia vissuto momenti terribili: momenti in cui hai toccato il fondo ma comunque devi continuare a lottare non per la cima ma per la vita.
Tre Donne così diverse che possono piacere o meno, ma che di certo in questo mondo così Bianco come l'alpinismo d'alta quota dipingono a modo loro nuovi quadri che rimarranno nella storia.
Leggo di loro e ringrazio di essere Donna.

Ciao
Cristina Castagna (El Grio)

>> Italia, Spagna e gli 8000 di Nives Meroi ed Edurne Pasaban - di Ismael Santos



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