Pian della Mussa, la piccola Gavarny piemontese!

Diego Ferrero, Adriano Trombetta e Ezio Marlier al Pian della Mussa in Val d'Ala: "magico luogo, dove le cascate durano fino a fine Marzo, dove l'accoglienza è ottima e dove c'è un servizio di motoslitta continuo, perchè diventi una valida alternativa a posti sovraffollati e a volte meno belli”.
Alpine Ice Tour

Diego Ferrero, Adriano Trombetta e Ezio Marlier al Pian della Mussa in Val d'Ala: "magico luogo, dove le cascate durano fino a fine Marzo, dove l'accoglienza è ottima e dove c'è un servizio di motoslitta continuo, perchè diventi una valida alternativa a posti sovraffollati e a volte meno belli”.

Pian della Mussa 15/02/2006

E' quasi l'imbrunire e a Balme, che a Febbraio sembra un paese fantasma, sentiamo l'eco di una motoslitta che scende verso di noi. E' Virgilio! Il simpaticissimo gestore del rifugio Ciriè viene a prenderci per portarci a passare una bellissima serata nella sua tana. Tana? Ma che dico, sembra una reggia! Il rifugio è situato in fondo al piano a più di 1850 metri d'altezza e, al freddo della sera che è ormai sopraggiunta, fa piacere entrare dove c'è un fuoco caldo, anche se vorremmo soffermarci di più a scrutare i mostri del circo, che sembrano sussurrarci il loro invito per il mattino.

Dopo un'ottima colazione servitaci da Anna, la bella aiutante moldava, usciamo dal rifugio. Lo spettacolo è magnifico! Io di Gavarny ho solo visto le foto, ma l'unico posto che in piccolo me lo ricordi nelle Alpi occidentali è la bastionata del “Pian dei morti”, al Pian della Mussa. La grande fascia è divisa in due settori separati da un canale in cui passa il sentiero che porta all'altipiano chiamato dei morti; il settore sinistro presenta cascate couloir mediamente facili ma di notevole interesse; il settore destro invece fa un po' circo e contiene cinque gioielli, cinque linee principali da sogno e in più ancora parecchie fantasie da realizzare. Ma c'è di più: la testata è sovrastata da grandi montagne come la Ciamarella e la Bessanese che donano al tutto un aspetto d'alta montagna ma che, unico neo, creano qualche canale che in certe condizioni di innevamento rende le cascate valangose.

E, ora, un po' di storia. Quasi tutte le linee della bastionata furono consumate tra l'80 e l'82 e si può dire che Grassi, Balmamion, Cavallo, Perona, Luzi e Bernardi su quelle strutture spinsero veramente avanti le difficoltà su ghiaccio, insomma, si “ingaggiarono” secchi! Per prima toccò alla “Meringa”, quella che resta più in ombra; ma ovvio che il vero richiamo era il “Cascatone del Pian dei Morti”, ebbero talmente fretta di aprirlo che non aspettarono che toccasse ed attaccarono da rampe di roccia a destra. Un mese dopo si formò quella che all'epoca era la più eclettica e talentuosa cordata possibile: Bernardi, Persico e Salino; quest'incredibile team non poteva che divorare quella che era la linea più elegante,”la Naressa”.

In seguito, tranne qualche linea minore degli anni 90', si è dovuto aspettare il Febbraio del 2001 per scrivere un'altra pagina di storia su questa parete: il “Lacrima Christi”. Di questa salita conservo un ricordo di immane fatica; fu la prima via di misto che aprii dal basso e, considerando che su roccia avevo trapanato ancora poco, immaginate voi che casini feci… ah… la motivazione! Com'è che dice il proverbio? “Tira più un po' di motivazione che un carro di buoi!”; o forse non era proprio così. Fatto sta che, reduce dalle ripetizioni delle mitiche vie del Grand Mussat, mi convinsi che da noi dovevano essercene di simili e, anche se all'epoca possedevo solo un Bosh, con 5 chili di batterie al piombo nello zaino, detti il via alle danze, a costo di impiegare giorni! Infatti, ne impiegai tre.

All'epoca ancora nevicava d'inverno e, costretti all'uso degli sci, portammo “zainate” memorabili. Così nacque la prima grande via di misto moderno del Piemonte: 7 tiri in 200 metri. Lo so, sembra che stia parlando della preistoria e non di pochi anni fa ma per me, che ho 26 anni, 5 anni non sono pochi e il modo di “muoversi” è cambiato molto fretta. Nei primi anni della mia attività cascatistica ero spinto da uno spirito produttivo che poi si trasformò, purtroppo, in vanità e voglia di farsi conoscere. Poi, compresi che la magia delle cascate non è la salita ma è l'elemento stesso. Quindi andar per perle rare divenne il motto, cogliere il momento adatto e scoprire che “sputi” anche facili in nuove forre mi davano una soddisfazione immensa.

Oggi affinata ormai la tecnica, mi sono accorto di un gran difetto del ghiaccio, anche se molti non lo vedono come tale: trovo che l'aumentare della difficoltà sia un po' troppo dominato dalla paura. Con la corda davanti, la picca può entrare per un microdente e non si cade mai, per non parlare del fatto che chiunque abbia un po' di braccio e non sia motoriamente negato può, in breve tempo, salire da secondo un 6°, cioè quasi il limite delle difficolta! Da primi invece la piccozza viene battuta finché non la si sente ferma e la gestualità e la scelta del percorso vengono dominate dalla chiodatura. Ecco che vado a battere su quello che è per me il grande limite del ghiaccio: si è sempre slegati!...

Sull'appoggiato e sul verticale le viti sono buone, ma l'atterraggio con i ramponi un po' meno; in strapiombo invece si cade benissimo, peccato che spesso le viti siano nulle… Cos'è quindi che resta emotivamente al ghiacciatore veterano se non la paura? Essa è un'emozione che non tutti i giorni dà piacere e che ha rischiato di allontanarmi da questa disciplina. Fortunatamente il mestiere di Guida mi ha regalato un nuovo piacere: trasmettere la mia esperienza e la mia passione agli altri, i quali forse un giorno scopriranno il limite del ghiaccio e a loro volta riapriranno un nuovo cerchio.

Ma torniamo alla nostra giornata al Pian della Mussa. Ci siamo occupati della linea più grandiosa: il Cascatone del Pian dei Morti. Esso è veramente la dimensione canadese del cascatismo piemontese con i suoi 180m di sviluppo che raramente si appoggiano. Normalmente a Febbraio è quasi tutto il giorno al sole e a causa del caldo dei giorni passati è una fortuna che oggi sia nuvoloso, anche se così tutta la salita ha presentato una crosta da fusione e rigelo che andava interamente rimossa (uno sforzo non da ridere).

Accompagnati da Diego Ferrero, il direttore del corso di cascate della scuola “Paolo Giordano”di Orbassano, ho scelto tra i molteplici un percorso che andasse a mostrare alcune soste originali di Grassi, fatte con spit artigianali che andrebbero direttamente portati al museo della montagna; da qui, mentre si scorgevano sul piano dei fondisti che come anime dannate giravano in tondo, ho mostrato a Ezio tutte le vie future (ho come l'idea che ne faremo qualcuna insieme).

Giunti in cima in un batter d'occhio, con un Diego che per paura di esser lento è salito come un maratoneta, siamo scesi in doppia per evitare di tracciare la discesa a piedi, che dopo le nevicate non era ancora stata percorsa. In un attimo ci siamo catapultati al Ciriè, dove davanti ad un'ottima merenda abbiamo convinto il gestore ad accompagnarci con la motoslitta anche in discesa… Eh gli alpinisti moderni!

Spero vivamente che questo magico luogo, dove le cascate durano fino a fine Marzo, dove l'accoglienza è ottima e dove un servizio motoslitta è continuo, diventi una valida alternativa a posti sovraffollati e a volte meno belli!

di Adriano Trombetta


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