Battesimo in Val Varaita

Weekend in Val Varaita, il diario a due voci di Beppe Ballico ed Emanuela Tognotti. Ovvero l'incontro dell'Alpine Ice Tour Team per inaugurare la partenza collettiva del viaggio...
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Gustin classe 1927 (Valle Varaita)
Planetmountain
Ed eccoci allo start, i motori sono caldi, la voglia di cominciare è tanta; ci siamo lasciati alle spalle un Alpine Ice Tour ricco di emozioni ed incontri fantastici che speriamo si ripetano. Quest’anno però, Ezio, con il suo carattere sempre esplosivo, è riuscito mettere insieme un bel gruppo che porterà avanti questo progetto.
So bene che quando inizia l’inverno, iniziano anche le lunghe “chilometrate”, le innumerevoli ore passate in auto per raggiungere magari un “moccolo”, ma ormai è stradetto… questa passione e la voglia di incontrarsi con amici sono uniche e per questo i chilometri non contano. Così venerdì mattina parto presto per quel della Val Varaita, dove sabato ci sarà l’incontro con tutti quelli del team dell’Ice Tour.

Negli ultimi tempi mi è capitato di conoscere moltissime persone e visitare luoghi in cui non ero mai stata perché Beppe, girovago mai stanco, trova sempre il modo di portarmi con lui. Quando mi ha proposto di accompagnarlo in Val Varaita e non è servito che me lo chiedesse due volte: ormai vivo da più di un anno con la valigia in mano quindi...

Sono in auto con la mia ragazza da ormai 5 interminabili ore (!!); credevo che uscito dall’autostrada in poco più di un’ora saremmo arrivati, invece…traffico, tanto traffico, bancarelle ovunque, gente nervosa per l’ultimo acquisto natalizio…ma chiacchierando entriamo finalmente in Valle. “Dai, dai” dico, “tieni duro manca poco…” e dopo mezz’ora, azz… quanto è lunga questa valle? Ma dov’è questo rifugio?

Sono stanco di guidare e davanti a me trovo una “tarma” che va a 40 Km/h e dico: “Adesso anche questo, cavolo!!”.
Lo supero, proprio quando dovevo girare a destra per la stradina che saliva al Rifugio, così non mi accorgo dell’indicazione e proseguo. Il tipo mi viene dietro, come se mi stesse controllando…che strano…
Poco dopo, ormai con il cervello a “cartoni”, mi giro con l’auto e trovo la strada giusta. La neve, dura e ghiacciata, non mi permette di salire fino al Rifugio… che sfiga!! Ho mille cose da portare su, scatoloni, borse, materiale… Dal nulla una voce dice: “Ciao Beppe!!”, e sbuca il mitico Massimo Piras (scopro poi che quel “tarma” poco prima davanti a me, era proprio lui), accademico del CAI, INA presso la Scuola Gervasutti di Torino, nonché compagno di cordata di Gian Carlo Grassi !

Un abbraccio, le presentazioni e poi veloci in Rifugio, dove la calorosa accoglienza di Romeo ci ha fatto dimenticare in fretta il lungo viaggio. E’ ormai ora di pranzo e chiedo a Massimo se per caso si è formato qualcosa (lui qui è di casa). Dice che qualche piccozzata su Pineta Nord si riesce a dare e così si decide di andare.
Ogni volta che incontro Piras, mi stupisco dell’entusiasmo, dell’energia e della voglia che sprigiona questo piccolo grande uomo, sempre con il sorriso nelle labbra, tanto che, quando si parla di ghiaccio gli occhi gli brillano come due gioielli.
Buttiamo la roba in rifugio e poco dopo ci ritroviamo a rompere le frange sulla Cascata Pineta Nord, una breve e facile colata quando è in condizioni, ma non altrettanto in questo momento.

Mi aspettavo di trascorrere un fine settimana all’insegna del freddo, di qualche bicchierata in compagnia e magari anche di un po’ di attesa (ma io sono una molto paziente) aspettando che questo gruppo di super ghiacciatori rientrasse da qualche salita. E invece… Tutta colpa dell’entusiasmo di Massimo Piras e di Beppe che già a casa aveva, a mia insaputa, adattato un suo paio di ramponi al mio minuscolo scarponcino… e anche io non ho avuto scampo. Con quei due occhi infuocati come rubini, Massimo, non mi ha concesso di dire di no e, senza rendermene conto, mi sono ritrovata con in mano due piccozze e ai piedi i ramponi, con due maestri d’eccezione che mi insegnavano come battere e ramponare! Io, proprio io, su un saltino ghiacciato con due piccozze? Io su Pineta Nord? Beh, forse è meglio che scatti qualche foto mentre Massimo e Beppe fanno davvero la cascata!

Massimo, ci ha portati, dopo aver assaggiato qualche buon pezzo di formaggio e bevuto un buon goccio di the caldo, a vedere il lavoro che lui e Romeo stanno portando avanti, all’anfiteatro della diga. In poche parole, un parco giochi illuminato a giorno anche alla sera, ottenuto posizionando alcuni getti d’acqua dall’alto, per creare, grazie a corde penzolanti fissate in alto, delle candele di ghiaccio. Massimo parlava e parlava come un ragazzino entusiasta, sempre con il sorriso e addirittura mi confidava (a bassa voce): “Vedi Beppe, in questo secchio, alla base della candela, se ci facessimo dei buchi, l’acqua che fuoriesce si ghiaccerebbe e rinforzerebbe la base della candela… Cosa dici…? Secondo me si forma grossa, se poi questo lo metti così…, questo lo appoggi qui…” Insomma, io ero talmente distratto dal guardare i suoi occhi, che quasi non sapevo cosa dire. Intanto, senza che ce ne accorgessimo, ormai s’era fatto buio così fissiamo l’appuntamento per il giorno successivo per salire assieme al team un’altra cascata.

Sabato, sveglia presto, con Andrea Gamberini, romagnolo di Faenza, giunto in Rifugio all’una di notte. Dopo la ricca colazione preparata dal buon Romeo, ci portiamo con l’auto verso il paese di Chianale, dove, dopo una controllata veloce all’attrezzatura, partiamo verso la Cascata Salto dei Pachidermi. Purtroppo, vogliamo fare le cose in fretta, in quanto tutto il team sarà al Rifugio Savigliano verso le 10 ed ovviamente non vorremmo prendere parole da Ezio per il ritardo. In poco più di 20 minuti siamo all’attacco, il ghiaccio è un po’ magro, come l’uscita del terzo tiro, ma saliamo e dopo circa 50 minuti ci ritroviamo felici nel pendio di discesa che in breve ci riporterà all’attacco.
Si tratta di una bella cascata, ottima per chi vuole iniziare. Ovviamente, essendo incassata in un largo budello, è da evitare dopo abbondanti nevicate, o quantomeno bisogna aspettare che il canale scarichi.

Sapevo che Beppe non avrebbe resistito e si sarebbe alzato presto per salire un po’ di ghiaccio prima dell’arrivo dell’intero Team. Sapevo e non ho esitato a seguirlo. Avevo voglia di farmi una camminata, fare due foto, e godermi un po’ il panorama e magari vederlo scalare con il giovane e simpatico Andrea almeno sull’ultimo tiro di Pachiderma. Vederli? Magari? Troppo veloci loro o troppo lenta io a camminare…

Ansiosi di conoscere gli amici del team, torniamo in rifugio, accorgendoci di non essere poi così tanto in ritardo, ed è subito un susseguirsi di baci e abbracci con persone che non si vedevano da diversi mesi. Gustin il personaggio della Val Varaita classe 1927… che non ha bisogno di alcuna presentazione, l’instancabile Ezio, le due new entry femminili, la bionda Elisabetta “Betty” Camerini e la bruna Laura Frola, Francesco Vaudo “Cecco” e Piercarlo Berta, entrambi guide alpine, con cui abbiamo chiuso il precedente Alpine Ice tour in Val Travenanzes; Elio Bonfanti, istruttore nazionale di alpinismo presso la scuola Gervasutti di Torino, Fabio Salini, simpatica guida alpina della Val Malenco, conosciuto per caso in un viaggio in Canada nelle Rocky Mountains, Massimo Datrino, guida alpina valdostana da quasi vent’anni e infine Rossano Libera, che conoscevo solo di fama come forte alpinista a cui ovviamente sono andati subito i complimenti per l’ultima via aperta sul Monte Emilius assieme ad Ezio.

Quante facce nuove, quanti persone sentite nominare molte volte che finalmente prendevano forma! Un nome ad un viso, un viso ad un nome. Ezio, Fabio, Andrea, Rossano, Cecco, Elio,… Qualche moglie, qualche fidanzata, qualche conoscente forumista. Fare amicizia, parlare un po’ di tutto è stato facile!

Ed ecco che il team al completo si sposta all’anfiteatro di Castello per “rompere il ghiaccio” e dare il via alle danze di questo Alpine Ice Tour! Un po’ d’ore, in allegra compagnia, accompagnati dalla grappa di Gustin e dalla purtroppo mite temperatura di questa strana stagione invernale.
Ma è la serata che offre un’occasione straordinaria di incontro e di scambio, fra la fame di tutti e i vassoi di squisiti tortelli (i romagnoli non me ne vogliano se non si chiamano così!) ai funghi di Romeo e di sua moglie. Scopro così che Rossano voleva dormire con Berta (!), ma non si accorge che quel bicchiere di vino rosso io e Manu non lo abbiamo bevuto… E poi i film di Ezio, le foto per rispolverare le salite dello scorso tour, gli impegni per l’anno che sta arrivando.

Beh, che dire? Incastrata nuovamente anche all’anfiteatro! Ormai l’obiettivo di Massimo era quello di farmi diventare ghiaccio dipendente e in cambio di qualche mandarino mi ha fatto nuovamente sicura! Io sotto questa pioggerellina di acqua che cadeva dalle candele, con i guanti fradici, affaticata ma felice. Io, freddolosa di natura tutta accaldata che salgo una cascata? Strano ma ero proprio io.
Con tutta quella fatica però mi sarei mangiata un pollo intero e la cena al rifugio ormai era il mio unico obiettivo…

Con il team pianifichiamo la giornata di domenica. Per me e Manu i programmi prevedono una partenza nel primo pomeriggio dato il lungo viaggio. Non si può però rinunciare ad un’altra salita. Ezio propone e il gruppo risponde con il solito entusiasmo. E così su Valeria ci troviamo con qualche cordata di donne, qualche cordata mista e un bello staff di supporto.

Quando Beppe e Ezio mi hanno proposto di andare almeno a fare il primo tiro di Valeria non ho ovviamente detto di no anche se i miei muscoli doloranti dal giorno prima protestavano. Ho provato a tirarmi indietro ma poi: “Ok, primo tiro”. E così zaino, breve camminata, rituale della vestizione e d’incanto sono nuovamente sotto una paretina di ghiaccio con le piccozze in mano. Da sotto i soliti consigli dei miei ormai innumerevoli maestri: “Giù i talloni”, “Picchia quel ghiaccio, fagli male”. E qualche “Brava Manu” che di certo mi ha incoraggiata a raggiungere Beppe in sosta. E poi? “Vuoi che facciamo un altro tiro?” E come non condividere anche questo con il mio compagno? Era evidente che era lì per me e per lo spirito che aleggiava fra i ragazzi e così… due tiretti brevi, un bel blocco di ghiaccio battesimale precipitato direttamente sulla mia spalla destra, e la cima. Sentirmi dire: “Ti porto in Canada!” è stata una gioia.

I saluti ai ragazzi e giù veloci verso il rifugio, l’autostrada, casa. Dire che mi sono divertita è poco, dire che ci riproverò è scontato, dire che ho incontrato persone straordinarie è ovvio, ma dire che l’Alpin Ice Tour può coinvolgere chiunque abbia voglia di provare è evidente?
Grazie a tutti!

Beppe Ballico & Emanuela Tognotti


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