Monte Fop e lo sci ripido nelle Dolomiti del progetto Linea. Di Alberto Ronchi
Linea Chasing Aesthetics nasce dalla collaborazione tra me, Alberto Ronchi (freeskier) e Filippo Menardi (guida alpina e maestro di sci di Cortina), amico con cui condividevo da anni la passione per il freeride. Come spesso accade, il progetto prese forma davanti ad una “riga” di grappe in rifugio, in un pomeriggio d’inverno quando decidemmo di creare qualcosa di unico, qualcosa che ancora non esisteva nel panorama del freeski dolomitico.
Cominciò a prendere forma l’idea di filmare quello che ormai facciamo da anni, ovvero ricercare le linee più estetiche che si possano trovare in Dolomiti, con un approccio che strizza l’occhio più al freeski e meno allo sci alpinismo. Uno dei claim di Linea è "Less Turn More speed", che si traduce nell’idea di seguire il più possibile le curve naturali che la montagna stessa ci indica con la sua conformazione. La velocità che contraddistingue le nostre discese è più una conseguenza che un fattore vincolante sul quale basiamo la riuscita a meno di una run.
La maggior parte delle discese che affrontiamo sono sempre salite dal versante opposto. Valutare la discesa, individuare le vie di fuga mentre si scende ad una velocità sostenuta, per quanto mi riguarda, è la più bella e autentica espressione di questo sport.
Ci vuole intuito ed esperienza per leggere al volo la conformazione del terreno, le condizioni della neve che mutano di volta in volta sotto gli sci durante la discesa, e un po’ di fortuna. Per noi tutto questo è pura adrenalina, benzina per la nostra vita e non riusciamo più a farne a meno.
Negli anni Linea ha coinvolto nel progetto altri skiers con cui condividevamo la stessa passione: Patrik De Michiel (skier) Emanuele Lorenzini (skier), Marco Milanese (wingsuit), Davide Bressan (video editor e snowboarder), Alberto Casaro (skier , e molti altri fortissimi skiers del panorama dolomitico che solo per una questione di logistica non siamo ancora riusciti a coinvolgere pienamente, ma sarà sicuramente uno dei prossimi steps del progetto. Linea inoltre è una idee che può e vuole essere condivisa anche con altri sport ma di questo ne parleremo in futuro…
Tornando ad oggi: credo che nelle Dolomiti tutte le discese più importanti e più intuitive siano già state fatte. Il desiderio di "chiudere" una nuova discesa a tutti costi si traduce spesso in una forzatura. Non ci interessa mettere ad ogni costo il nostro marchio su un pendio mai sceso prima da nessuno sciatore, per noi invece è più importante cercare di sciarlo il meglio possibile seguendo la filosofia che ci contraddistingue.
Ad ogni modo, era da un po’ di tempo che salendo a Punta Penia o a Punta Rocca sulla cima della Marmolada, guardando il panorama mozzafiato che si staglia a sud, mi chiedevo se su quella sottile spaccatura che divide a metà la parete nord del Monte Fop, si fermasse abbastanza neve per scendere con gli sci. Non eravamo mai saliti sulla cima di quella montagna né in inverno né in estate. Per la verità in estate non salgo in cima a nessuna montagna (cosa che invece renderebbe probabilmente ogni valutazione invernale più veloce e semplice).
Il 1 febbraio chiamo il mio compagno di scorribande Patrik de Michiel e lo avverto che l’indomani saremmo andati a dare un’ occhiata al canale di cui gli parlavo da tempo sul Monte Fop.
Giornata caldissima, la prima dopo un inverno particolarmente rigido, decidiamo di partire presto, o meglio, ad un ora decente rispetto ai nostri standard! Alle 8:00 parcheggiamo a Malga Ciapela, con poche idee e ben confuse; al parcheggio troviamo un nostro amico Guida Alpina e dopo qualche battuta lo informiamo sui nostri piani. La Guida ci mette in guardia sul fatto che le temperature stanno salendo in fretta, perfetto, era proprio quello che si serviva come iniezione di fiducia.
Saliamo la Val di Franzedas e iniziamo a puntare il canale sud che scende dal monte Fop che, secondo i nostri piani, ci porterà in cima al grande anfiteatro che ci separa dal nostro obbiettivo. La neve è già bella bagnata, saliamo con le pelli fino ai piedi della salita che porta in cima all’imbocco del canale e ci mettiamo i ramponi. Mano a mano che ci avviciniamo con fatica alla forcella sentiamo con più frequenza i boati dei distacchi che scendono dalle pareti esposte a sud.
"Vecchio, siamo un po' lunghi con i tempi", dico a Patrick. Neppure il tempo di finire la frase e la mia piccozza vola in fondo al canale. Di tornare indietro a prenderla non se ne parla. Il passaggio che vediamo in forcella sembra agevole quindi decidiamo di continuare.
Alle 11,40 siamo in cima alla forcella. Il panorama che si apre ai nostro occhi toglie il fiato, quel poco che ci era rimasto dopo la salita. A sud le Cime d’Auta, Focobon, Mulaz, Agner e di fronte a noi l’immensa parete sud della Marmolada.
L’anfiteatro del Fop è il passaggio che dal punto di vista delle valanghe ci mette più in apprensione. Non è particolarmente ripido, anzi, ma è il classico posto dove dopo i giorni precedenti di vento forte è possibile trovare grossi accumuli che in un attimo possono portarti fino al centro del "cratere" e seppellirti.
Non resta che darci un’occhiata da vicino per capire le condizioni. La neve è portante, dura, scivolosa con le pelli ma portante; attraversiamo il famoso anfiteatro, togliamo gli sci e saliamo uno dei 2 canali paralleli. Le pareti sopra la nostra testa iniziano a prendere il sole e scaricano fortunatamente solo piccoli sluff di neve bagnata.
Finalmente in cima al canale si apre lo spettacolo che avevamo tanto agognato. "Che figata"- esclamo. Dall’imbocco si vede poco, ma spostandoci un pò a destra si vede almeno la prima parte: "Vecchio, si passa". Dopo alcuni metri di neve ghiacciata individuo un corridoio di neve accumulata dal vento o scaricata dal canale che sembra decisamente più soffice. Infatti iniziamo una bella sciata continua, alternata a qualche passaggio su neve più ghiacciata che ci fa ricordare che è meglio non fare troppo gli splendidi visto che sotto ci sarà almeno una calata.
"Eccola la nostra amica" dice Patrik guardando verso giù. "Eh sì, vecchio!" "Ma c’era un pendio sotto? Perché guardando il livello della neve ce ne saranno 100 di metri di calata..." "Eh speriamo proprio di no, dai vecchio!"
Attrezziamo la prima calata con uno spit e agganciamo l’escaper che ci permette di utilizzare tutta la lunghezza della corda di 60 metri fino a raggiungere una ripida lingua di neve da dove preparare la seconda calata (circa altri 45m).
Finalmente arriviamo alla base, il tramonto sulla sud della Marmolada è commovente. Si sentono ancora parecchi boati che arrivano dagli scarichi di neve delle pareti sud, ma ormai siamo in fondo e non ci fanno più paura. Alle 16.30 arriviamo alla macchina e ci cambiamo in fretta perché con questo maledetto Covid i bar chiudono alle 18.00 e noi una birretta oggi ce la siamo meritata!
di Alberto Ronchi
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