Antartica: per certi versi nemmeno l'Himalaya è così impressionante

La salita e discesa del Mount Parry, la cima più alta di Brabant Island nella Penisola Antartica. Ecco la sesta puntata di Manuel Lugli dall’Antartide dove sta esplorando alcune delle montagne più belle della penisola insieme ad un piccolo gruppo di scialpinisti guidati dall’alpinista ed esploratore britannico Stephen Venables.
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Scialpinismo in Antartide: verso il Mount Parry, la cima più alta di Brabant Island nella Penisola Antartica
archive Manuel Lugli

Bellissima, lunga, faticosa salita quella Mount Parry, la cima più alta di Brabant Island. Duemilacinquecentoventi metri di pendio che sembrano fatti per essere sciati; magari non proprio tutti - una discretamente lunga parte d'itinerario è piuttosto pianeggiante o appena inclinata - ma la ricompensa di una discesa lunga quasi duemila metri è certa.

Il tempo è abbastanza clemente da lasciarci salire - con le pulke carogne ad affaticare il nostro passo - fino al campo a circa 800 metri di quota, a dieci chilometri dalla costa.

Come detto, le distanze qui sono difficili da valutare a vista: tutto appare vicino ma sembra rimanere immobile mentre si avanza. Questione di dimensioni. Raramente ho visto una tale ''quantità' di montagne spettacolari così vicine una all'altra e con aspetti così monumentali: ghiacciai pensili di dimensioni gigantesche che dal mare si perdono nell'inland, verso i grandi massicci del plateau di Bruce, creste lunghissime con cornici ventate da far paura e meringhe di ghiaccio grandi come condominii sulle vette. Per certi versi nemmeno l’Himalaya è così impressionante.

Dal campo saliamo i 1750 metri di dislivello e i dieci chilometri di distanza fino alla vetta con tempo incerto e molto variabile, a tratti con visibilità molto scarsa. Ma gli spiriti dell'aria antartica ci favoriscono, lasciando un lungo spiraglio di discreta visibilità proprio nelle ore più importanti della salita. E così, passo dopo passo, siamo in cima. Nemmeno Stephen Venables era mai arrivato quassù e condividere con lui questa vetta per me e Matteo - e per tutti gli altri compagni di salita - è una gran bella soddisfazione.

La discesa lunghissima fino alle tende non è tutta rose e fiori, come si dice: la neve, ventata in alto, ci regala belle curve nella parte mediana, per poi diventare un po' pesante nell'ultima parte. Ma non ci lamentiamo, tutt'altro: abbiamo tutti sorrisi a quarantaquattro denti che la dicono lunga sul bilancio sportivo ed emotivo.

Il rientro sulla costa dopo un'altra notte al campo, avviene quasi tutto nel più completo whiteout, ma l'aiuto della tecnologia ci tiene fuori dai guai e ci porta al rendez-vous con il Pelagic Australis in orario quasi perfetto.

Nella nostra baia d'ormeggio troviamo ancorata una barca a vela francese con una guida di Chamonix e alcuni clienti sciatori; sono diretti anch'essi al Mount Parry, gia' tentato lo scorso anno, ma senza successo. Una piccola maligna soddisfazione emerge dal fondo del nostro animo nero di scialpinisti, quando leggiamo negli occhi della guida un leggero disappunto nel sapere che ce l'abbiamo fatta al primo tentativo. Per un attimo, fatte le doverose proporzioni e chiedendo perdono ai due grandi esploratori, mi viene in mente il povero Robert Falcon Scott che arriva al Polo Sud per secondo, poco dopo Amundsen, di cui trova un beffardo messaggio di saluto.

Comunque salutiamo calorosamente e auguriamo ai cugini transalpini il meglio per la loro salita: "Se non nevica troppo e il vento non le cancella, potrete trovare le nostre tracce fino in cima." Carogne fino in fondo.

di Manuel Lugli

Aggiornamento della spedizione live: public.wicis.com

Link: Ortovox




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