Il passo del vento di Mauro Corona e Matteo Righetto
E' un viaggio che attraversa tutte le lettere dell'alfabeto. Si parte da Abete per arrivare a Zuppa. Dentro ci stanno una montagna di parole che, non a caso, descrivono il fantastico mondo, solitario e spesso difficile, delle terre alte. Un libero sillabario, anche di associazioni e rimandi. Per evocare atmosfere. Per ricordare e celebrare tutte le montagne e tutto ciò che le terre che toccano il cielo rappresentano.
E' così, proprio come si rincorrono le nuvole in cielo, che Mauro Corona e Matteo Righetto sembrano inseguire i loro ricordi e un po' il loro cuore. Ad attenderli le loro amate montagne e pareti ma anche i loro pensieri e le loro preoccupazioni. Ed è così che nel loro libro le parole e i racconti sembrano alternarsi con il ritmo di quel passo dopo passo che i montanari conoscono bene. Perché tutto sembra misurato al cammino.Tutto sembra dipanarsi senza fretta, lasciandosi (e lasciandoci) il tempo per pensare. Per respirare. Per liberare la fantasia, anche.
Dunque, percorrendo questo sillabario alpino è bello prendersi il giusto tempo. E' bello anche perdersi, senza badare alla sequenza dell'alfabeto. Vagabondare tra le pagine, i racconti e le storie. Si guarda all'insù, alla meta e anche a quello che verrà. Senza scordare da dove si è partiti, perché è lì dove ci sono anche le nostre radici. Né sfugge ciò che ci circonda, perché qui è il nostro presente.
Immersi nelle montagne, nelle parole e nelle suggestioni evocate dai due autori, riusciamo a soffermarci sui particolari. Su un sasso. Un ghiaione. Una parete. Una scure (o meglio, manèra). Sui lavori di una volta. Sul regno del ghiaccio e della neve. Su tutto un mondo che non c'è più e che non tornerà mai più. Allo stesso tempo assaporiamo la magia dell'aquila. Il mistero del bosco e la grazia del camoscio che si arrampica su rocce impossibili. La profondità del freddo, delle stelle e di quella impossibile frontiera sognata da ragazzini.
Pagina dopo pagina riusciamo ad intravedere qualcosa che ha a che fare con noi e con la nostra grande madre, la natura. C'è da avere nostalgia. E c'è da piangere per il cimitero di alberi lasciato da Vaia e dalla nostra insensata corsa. Sedici milioni di abeti falcidiati. Un'enormità: messi in fila arriverebbero da qui alla luna. C'è di che pensare. Tanta bellezza distrutta. E tanta bellezza che dobbiamo salvare. Occorre ricordare. Occorre pensare. Bisogna intraprendere il giusto cammino che ci porti in alto e che ci faccia tenere il giusto Passo del vento.
di Vinicio Stefanello
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info: Il passo del vento di Mauro Corona e Matteo Righetto