Steve House e Vincent Anderson - Nanga Parbat - Piolet d'Or 2005

Intervista agli alpinisti statunitensi Steve House e Vincent Anderson, vincitori del Piolet d'or 2005 per la salita del Pilastro centrale della Parete Rupal del Nanga Parbat (8125m).
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Vince Anderson e Steve House al Piolet d'or 2005
Giulio Malfer

Grenoble, 10 febbraio 2006
Steve House e Vincent Anderson sembrano andare all'unisono... eppure sembrano così diversi. L'uno, Steve, ha occhi sempre persi a cercare altrove, e sembra sempre inseguire altri mondi, per poi ritornare a terra con un sorriso. L'altro, Vincent, ti mette sicurezza al solo guardarlo, ha occhi decisi, pieni di pura sincerità e calore. Sono qui a Grenoble per il Piolet d'or, per raccontare la loro avventura sull'immenso Pilastro della parete Rupal al Nanga Parbat. A poche ore da quella premiazione che ha consegnato loro la Piccoza d'oro della migliore realizzazione del 2005, Steve, alla sua seconda volta consecutiva al Piolet d'or dopo la solitaria del K7, sembra un altro... sembra più tranquillo, anche se non ha perso la determinazione che lo contraddistingue, forse è merito di Vincent? Certo che insieme emanano una forza che raramente capita di percepire...

Allora Steve, ancora qui al Piolet d'or… Qual è la sostanziale differenza tra lo Steve House del 2004 al K7 e lo Steve House di quest'anno al Nanga Parbat?
Steve:
sul Nanga Parbat ero più calmo, più quieto nella mente. E una grande ragione di questo era Vincent. La sua presenza mi dava sufficiente calma per essere tranquillo che ce l'avremmo fatta. Prima che partissimo, pensando alla sua preparazione e “stabilità”, ero sicuro che saremmo riusciti a farcela.

Guardandolo capisco perché Vicent ti dà sicurezza, ha due spalle e una faccia da vero strong man…
Vincent:
Qualche volta è molto positivo dare quest'impressione anche se non ti senti così dentro…

Il Pilastro della parete Rupal del Nanga Parbat, che visione avevate e cosa vi ha stimolati a tentarlo per una via così bella e diritta?
Vincent:
Steve l'aveva visto varie volte e, anche se non l'aveva provata prima, la visione è venuta da un paio di cose: era una linea più che bella e l'alternativa sembrava essere molto più azzardata per via di un seracco che incombeva. C'erano insomma, due buone ragioni obbligatorie che ci spingevano verso quella linea.

Quali erano le certezze e quanti i dubbi su quella via del Nanga?
Steve:
un momento non c'era nessun dubbio, in un altro avevo tutti i dubbi…
Vincent: ho avuto molti più dubbi all'inizio ma mano a mano che salivamo ne ho avuti sempre meno… A metà, al terzo bivacco, è stato il momento peggiore perché non stavo bene… dopo quel momento di crisi ho passato il confine e ho capito che potevo continuare ad andare. E, naturalmente, ero sicuro che anche Steve, anche se apparentemente poteva non essere convinto, avrebbe dato tutto per continuare.

Contava essere su una delle pareti che ha fatto la storia dell'alpinismo himalayano?
Steve:
sicuramente!
Vincent: contava molto anche per me, e mi intimidiva molto. Però quando ci siamo ritrovati noi due soltanto al campo base sono riuscito a dimenticarmene…

Quanto ha contato essere impegnati su una montagna di più di 8000 metri?
Vincent:
l'altezza non era la cosa più importante, per me contava di più la bellezza della via, la lunghezza, l'ambiente…
Steve: per me sarebbe stato meglio se fosse stata sotto gli 8000 metri…

Perché?
Steve:
perché sarebbe stato meno costoso. Le nostre spedizioni sono sempre molto leggere… il nostro budget era molto basso, 10800 dollari in tutto, e 4500 li abbiamo spesi solo per il permesso di salita. Per questo avrei preferito una molto meno “costosa” montagna di 7000 metri; il problema è che certe vie si sviluppano sugli ottomila…

Quali le caratteristiche che deve avere una montagna per voi, cos'è più importante per voi?
Steve:
la prima cosa è l'estetica. E, dopo la bellezza, viene la sicurezza: non voglio fare una via sotto un seracco. Tante volte vedo delle vie molto belle ma anche molto pericolose, allora dico a me stesso: perché devo rischiare così tanto quando esistono vie altrettante belle senza che siano così pericolose.

Come descrivereste ad un alpinista la vostra via sul Nanga Parbat, quale dev'essere l'approccio e cosa bisogna “essere” per fare quella via?
Vincent:
devi avere un cuore molto forte non nel senso fisico ma nel senso mentale, psicologico. Devi avere una volontà molto forte…
Steve: Bisogna avere una motivazione pura e un cuore forte e puro. La cosa più importante è l'esperienza che abbiamo avuto insieme “dentro” a no stesi, più che l'aspetto tecnico della salita.
Vincent: per noi è stato importante arrampicare per il nostro personale rispetto e per il nostro personale piacere, e non pensando di essere riconosciuti da un Piolet d'or, o da una cosa del genere.

Qual è la musica della Rupal?
Vincent:
per me la musica della Rupal dovrebbe essere molto simile alla musica delle band norvegesi di black metal come i Darkthrone e i Mayhem,
Steve: sono d'accordo con Vincent...

Quella sul Nanga è la via più difficile che avete fatto?
Vincent:
per me sì...
Steve: difficile… cos'è più difficile? Qual è il significato di difficile. Penso che ci devono essere una serie di condizioni perché la cosa possa avvenire: il compagno, le condizioni meteo, le situazioni interiori, lo stato fisico… per cui a volte può capitare di andare più volte nello stesso posto senza riuscire a raggiungere il proprio obiettivo. Per esempio, credo che se fossi andato 10 volte sul K7 almeno 4 volte sarei riuscito a salirlo, mentre se fossi andato 10 volte sulla Rupal al Nanga Parbat sarei riuscito una o forse due volte…

NANGA PARBAT
versante Rupal. 8125m, Pakistan
Nuova via sul Pilastro centrale per Steve House e Vincent Anderson (USA)
Lunghezza: 4100m
Difficoltà: WI4 M5, 5.9
Stile alpino. Salita in 6 giorni, discesa in due giorni per la via Messner.
Presenza di corde fisse lungo la via Messner, non utilizzate da House e Anderson.

PIOLET D'OR 2005
PREMIO DELLA GIURIA
PREMIO DEL PUBBLICO





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