Mauro Calibani, tra arrampicata, esplorazione e creatività. L'intervista di Massimo Malpezzi

Intervista, tra storia, presente ed etica, a Mauro Calibani, uno tra i più forti e propositivi boulderisti. Di Massimo Malpezzi.
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Mauro Calibani
Massimo Malpezzi
Non capita spesso di visitare siti di arrampicata godendo del silenzio e dei soli pochi intimi amici, quando succede i casi sono due, o siamo riusciti a fuggire dal luogo di lavoro in una giornata feriale, oppure quelle rocce fanno parte di spot non ancora pubblicizzati. Non dico posti segreti, ma più semplicemente il frutto di ricerche, del vagare, della consapevolezza che quel terreno amico potrà riservare al ricercatore stupore e felicità.

Mi piace pensare d'essere lì tra quelle rocce intonse come se fossi invitato da un antico pioniere, consapevole che la sua felicità passerà dalla condivisione della sua scoperta con gli amici fidati, solo allora verrà ripagato dal luccichio dei loro occhi, dai sorrisi, dalla quiete che rende quel luogo magico, poi l'azione prenderà il sopravvento. Ho la netta sensazione di aver vissuto tutto questo in occasione di un piccolo raduno di climber, testimonial di un notissimo marchio.

A capo di questa bella cosa Mauro Calibani. Quando ricevetti la sua telefonata che mi invitava giù dalle sue parti a fare un po' di foto, sapevo che avrei vissuto esattamente l'atmosfera dell'esplorazione, ho immaginato in anticipo lo stupore primordiale del pioniere e quella meravigliosa percezione che solo la natura più selvaggia sa regalare.

Quattro giorni intensi, dove i forti testimonial si sono confrontati sulla magnifica arenaria ascolana, ma non solo arcuate e lanci, il pensiero e la riflessione su alcuni temi scottanti sul mondo dell'arrampicata oggi, sono stati protagonisti spesso accompagnati nelle belle serate da un buon rosso e dalle immancabili croccanti olive ascolane.

In quel clima così favorevole non potevo fare a meno di incalzare colui che ha incarnato con successo la filosofia dell'esplorazione. Mauro conosce bene la differenza tra ciò che è il nuovo per tutti e il bello per pochi, spesso l'ho sentito insofferente al caos, nessun anticonformismo nelle sue scelte, capivo che vivere la sua l'esclusività significava prima di tutto sottrarsi alla codificazione, ma ancor di più non accettare la sfida esteriore e così materiale del grado come unica possibilità di apparire.

Tanta carne al fuoco, insomma, impossibile lasciare in un angolo della mia mente tanti pensieri, le mie domande dovevano diventare patrimonio per il mondo degli arrampicatori come insegnamento ad una nuova grande possibilità.


Mauro, questa mattina ho fatto un giro nel bosco di Meschia vecchia, così per rimembrare la libertà di un tempo, camminarci dentro e stato bello, ho riconosciuto casualmente il tuo sasso più difficile... Tonino 78, era il ad un passo dalla tua casa di pietra...

"Tonino 78", forte il nome eh’… Un sasso quasi umano, silenzioso e fermo! Pensa che sotto quel sasso ci riparavamo dalla pioggia, senza nemmeno immaginare che ci potesse essere una linea di salita; fino a quando i miei occhi "hanno voluto vedere". Per concatenare questo passaggio nel 2004 con i miei metodi, ho impiegato circa un anno, prendendomela comoda, lo quotai 8c+. Fu la mia tesi di laurea nell’alta difficoltà del bouldering. Il sasso, come l’intero settore di Meschia Vecchia dista un minuto a piedi dalla mia casetta in pietra costruita dai mastri artigiani di una volta nel 1860 sopra la roccia. L’ho ristrutturata rispettando l’equilibrio architettonico e cercando di renderla accogliente come Meschia lo è stata con me.

Beh è incredibile come le cose più belle spesso siano così vicine a noi, eppure molto luoghi, diciamo segreti, non sono proprio così a portata di mano, necessitano di una esplorazione lunga, piccole avventure, per esempio la meravigliosa piazzetta boulder di Uscerno mi ha stregato sembrava un giardino zen...
Mi ritengo fortunato nell’aver avuto a disposizione questi luoghi magici, per la natura e la qualità della roccia che ovunque nasconde passaggi fenomenali, dove l’arte di arrampicare si miscela perfettamente con gestualità dinamiche incredibili, su cui poter sfrenare la propria fantasia. Io credo di aver bene approfittato di tutto questo, anzi mi piace pensare che i tesori che ho al mio fianco siano lì perché li merito! Ho investito giornate intere a camminare, esplorare, cercare, a sognare davanti a pezzi di pietra apparentemente lisci e poi tornare a casa continuando a desiderarli e ad occhi chiusi, ho immaginato le possibili bizzarre sequenze, fino ad arrivare alle "metode" definitive ed alle conseguenti salite. Un rapporto continuo e ciclico con la pietra, che mi ha permesso di dar vita a un’infinità di passaggi.
Uscerno è un bel posto, in una proprietà privata, trovato senza grandi esplorazioni, ma i passaggi che vi sono dentro invece, sono il frutto dell’esplorazione che ho voluto fare dentro di me attraverso la pietra ed al mio amore verso di essa e soprattutto alla mia voglia di salire ovunque.

La storia ci insegna che dare in pasto siti così belli alla comunità degli arrampicatori spesso può creare gravi problemi al fragile equilibrio naturale, Meschia vecchia insegna. Ricordo quel piccolo libricino guida che inconsapevolmente aprì alle orde il bosco incontaminato, oggi è out. Da lì credo derivi la tua attenzione massima nel divulgare rocce nuove...
Meschia ha cambiato la mia vita in meglio, aprendomi gli occhi e dandomi una nuova grande apertura mentale, sia per la costruzione del mio nuovo bagaglio gestuale, sia per l’ideazione visionaria del progetto E9 nato tra i massi durante le giornate di scalata. Il settore di Meschia Vecchia è stato chiuso un sacco di anni fa ormai, a causa della fragilità del sottobosco, non predisposto al frenetico calpestio di centinaia di climbers che in pochi ravvicinati anni, l’hanno presa d’assalto. Un giorno il proprietario ha deciso di dare uno stop a tutto questo e di riprendersi quello che era suo, doloroso per la comunità dei climbers, ma comprensibile.
Fino a quel momento ho accolto chiunque venisse con grande entusiasmo, sino a rendermi conto che le cose diventavano fuori controllo. Dopo il divieto d’accesso a quel tesoro di passaggi puliti con pazienza e fatica, ho avuto anni di blocco di entusiasmo nel divulgare le nuove zone, che per la maggior parte erano comunque private.
Anche la guidina, è divenuta ormai un pezzo da collezione storica… Da quel momento in poi in cui ho sofferto non poco, ho ricominciato un nuovo percorso, all’inizio spiacevolmente segreto, ma ricco di nuovi piaceri, poi è nato un nuovo logico equilibrio, fatto di solidarietà tra gli scalatori che in minor quantità arrivavano, volto ad un unico obiettivo: "che nessuno dei nuovi posti ci venisse più vietato". Così abbiamo evitato di divulgare, di scrivere guide come spesso è consuetudine fare, codificando e catalogando per le masse, rendendo tutto facile. L’arrampicata, non per forza deve essere sempre per tutti a qualsiasi costo. Ci sono posti divenuti "commerciali" come Arco, Kalymnos, Rocklands, mentre ci sono posti dove chi ci arriva ha saputo conquistarseli, dimostrando anche di meritarseli! Da noi l’80% dei posti è proprietà privata, come Uscerno, per cui l’arrampicata ci potrà essere solo se si troveranno gli equilibri tra il numero dei frequentatori e la tolleranza dei proprietari.

Sono particolarmente curioso, quando mi capita di essere accompagnato in un uno spot nuovo, diciamo segreto, mi chiedo come sia potuto apparire, per esempio quella barra d’arenaria dove si trova la tua via trad "Pesce fritto da Pietro". Incredibile: passando dalla tangenziale che da Ascoli passa per Mozzano la si vede incassata dentro una valletta a ridosso della città, ma come l'hai trovata?
Ogni nuovo posto è una grande emozione per chi lo scopre. Ci sono persone ed io tra queste, che sono fatte per rinnovarsi continuamente, per cui sono sempre a caccia di nuovi territori, di nuove emozioni perché solo così si sfamano a dovere, ad esempio se ti riferisci alla falesietta di Mozzano a cinque minuti da Ascoli, dove si trova la magnifica linea di "Pesce fritto da Pietro", anche quella fa parte di una scorribanda esplorativa. Quel giorno trovai la linea e ci cominciai a fare bouldering sotto, poi mi è partita la molla di concatenare la partenza da seduti con la fessura sovrastante ed è nata la perfezione, una linea con partenza di blocco da seduti, una fessura ad incastro proteggibile a friend ed un duro boulder d’uscita spaccadita… In una linea ho espresso anni di sperimentazioni ed esperienza.

Parlando di realtà di arrampicate metropolitane, e mi riferisco alle neonate grandi palestre indoor, ti ho sentito particolarmente insofferente, mi ha colpito la tua presa di posizione sulle reali responsabilità di chi ha in mano le sale, mi riferisco all'educazione indispensabile che i neonati climber dovrebbero ricevere, etica, regole, rispetto...
Oggi, l’arrampicata sta vivendo un magico momento in termini di notorietà, conseguentemente all’aumento dei praticanti. Stanno nascendo come funghi palestre indoor che introducono industrialmente nuove leve all’arrampicata ed alcuni scalano solo ed esclusivamente in palestra, praticando l’arrampicata come un qualsiasi altro sport indoor. Altri iniziano a frequentare anche le falesie e gli spot di bouldering rendendoli a volte quasi impraticabili nei weekend; tutto normale, aumentano le persone ed i posti invece restano sempre quelli.
Il vero problema che si sta riscontrando non è solo il numero impressionante in aumento, ma bensì la "cultura" che viene a mancare. In passato i pochi fortunati che venivano introdotti all’arrampicata o alla montagna, avevano la fortuna di passare tra le mani di saggi personaggi che insegnavano dalla A alla Z la storia, la filosofia e la tecnica dell’arrampicata e della montagna, collegavano le nuove generazioni alle vecchie in modo da creare una naturale prosecuzione basata anche sul rispetto storico.

Invece oggi?
Oggi mi sembra di percepire una mancanza di rispetto verso quello che si è fatto prima, causata dall’inconsapevolezza. Le persone s’improvvisano chiodatori senza avere ben chiaro cosa significhi chiodare bene, senza confrontarsi con gli altri, così scavano appigli, o obbligano a scalare su linee sovra spittate, forzate o innaturali. Oppure vanno a chiodare com’è successo da noi, in posti come Interprete dove l’arrampicata aveva raggiunto l’apice della scalata trad, solo per dimostrare che i tempi cambiano e che le volontà di pochi, possono essere cambiate, dimostrando ignoranza e superficialità, ma soprattutto regredendo. Da noi l’arrampicata grazie a Meschia ed al bouldering ha raggiunto fino a verso la metà degli anni 2000 un apice meraviglioso fatto di regole ferree e tecniche sopraffine, volte sempre al confronto più puro con la roccia ed al suo rispetto. Persino le asperità del terreno le abbiamo lasciate come la natura aveva voluto, riuscendo a salire anche passaggi con cadute molto pericolose, come hanno sempre fatto in Inghilterra o a Fontainebleau; oggi invece sono stati spaccati sassi sotto alcuni blocchi già saliti, o ottimizzati discutibilmente degli atterraggi, in nome dello sport, ma l’arrampicata outdoor non è un vero e proprio sport, è piuttosto un’arte dell’interpretazione di ciò che la natura ha creato. Quando l’uomo piega la natura a se stesso, ha già incrinato quel delicato e magico rapporto in cui è l’uomo che deve piegarsi alla natura utilizzandola per confrontarsi con i suoi limiti interiori e non il contrario. Ecco, se io avessi una "scuola d’arrampicata", mi piacerebbe che ci fossero delle lezioni teoriche su come ci si dovrebbe comportare in natura e sulla roccia, le buone maniere per preservare la pietra e per convivere con gli altri, costanti cenni storici su chi è venuto prima di noi, quali limiti e quali barriere ha infranto fino a quel momento, ponendo l’accento anche sugli errori commessi, e così i giovani maggiormente educati, potrebbero proseguire il loro cammino.
Sì, i gestori delle palestre d’arrampicata hanno delle grandi responsabilità sul futuro della pietra e della sua conservazione e quindi sul futuro dell’arrampicata.

La delicatezza del caso mi impone la massima attenzione, non si può fare pubblicità, ma non posso esimermi dal raccontare un po' di storia, parlo del tuo lavoro. Moltissimi anni fa Enrico (Baistrocchi) mi fece vedere alcune magliette, oserei dire assai scialbe con posizionato all'altezza del capezzolo destro un logo davvero strano, un numero e una vocale, nel mondo arrampicatorio anglosassone significava arditezza estrema. Eri come sempre entusiasta mi disse:-va che figata questa cosa che Mauro si sta inventando spaccherà? Devo essere sincero sorrisi in maniera sarcastica era il periodo che tutti indossavano maglie e pantaloni americani dal logo ascetico, eppure...
Ah, ah, ah, Grande Enry… Sì , il mio progetto lavorativo legato al mondo dell’arrampicata da allora è cresciuto parecchio, dimostrandomi che le mie idee erano quelle giuste, anche lì sono stato un po’ visionario no? Pensa che allora ci prendevano in giro, dicendoci che eravamo i produttori di "stracci" perché utilizzavamo il cotone nel mondo outdoor, al contrario dei tessuti antivento, pioggia e... proiettile… poi oggi tutte le aziende del settore si sono buttate a pesce in questo mondo, con la differenza che io seguivo e continuo a seguire il mio animalesco istinto creativo, mentre le altre aziende spesso seguono strategie di mercato.

Nei giorni passati insieme mi sono esaltato per come arte e creatività applicati all'arrampicata fossero parte integrante del tuo progetto, spesso con scelte un po folli, certamente fuori dagli schemi, sono figlio di un artista, dipingo e fotografo quindi capirai quanto sia stato attratto, mi ha colpito molto quando nella calda casa di pietra di Meschia hai preso il tablet e con una App hai iniziato a disegnare, mi è sembrato così strano vederlo fare da un arrampicatore...
Sai l’arrampicata per me è sempre di più una forma di espressione del mio essere, amo scoprire e dar vita a nuove linee, sviluppare bei vestiti e mi piace perdermi nel disegno, sono davvero felice solo quando "sento" l’energia trasmessa da quello che sto creando, odio la ripetitività, la scontatezza e credo di avere come te una forte spinta verso l’arte in generale. Adoro esprimermi ed inventare, quando scopro una bella forma nella pietra da cui poi nascerà un passaggio, provo le stesse emozioni di quando lavoro su un nuovo capo d’abbigliamento.

Una cosa l'ho capita, esiste una sorta di selezione naturale, nel senso che hai bisogno di essere contornato dalle persone giuste, insomma una squadra giusta e carica di motivazione, quanto è importante per te il feeling, la fiducia, la lealtà?
Per me è fondamentale sapere che posso contare sulla mia squadra, sui ragazzi che collaborano quotidianamente con me nel lavoro in modo libero e gioioso, come è altrettanto fondamentale che gli atleti che compongono il team, si sentano felici e motivati nell’appartenere alla "famiglia E9" soprattutto perché si riconoscono nei nostri ideali!
I rapporti con tutti loro sono "veri" tendenzialmente messi a nudo da tutte quelle formalità comportamentali che rendono la comunicazione superficiale, poi ognuno ha il suo carattere con i suoi difetti ed i suoi pregi.

Una domanda secca...cosa avresti fatto di diverso nella tua vita se non avessi trovato lungo le tue rotte la roccia e l'arrampicata?
Non so, forse ho un po’ paura ad immaginarlo… Di sicuro qualche cosa di estremo! Mi ritengo fortunato nell’aver trovato una lunga e costruttiva continuità nell’arrampicata e sulla pietra, che per altro è stata l’unica attività a cui mi sono legato con tutto me stesso. Ho provato un sacco di sport prima d’innamorarmi della scalata, sin da piccolo sono stato un ragazzino estremamente libero, cresciuto nelle campagne assieme ad un branco di amici, ogni giorno all’aria aperta, confrontandomi sempre nell’estremo assieme a loro, grazie a quei vecchi amici mi sono fatto le ossa. Sono sempre stato un vulcano dentro.

Hai visto in azione Gabri Moroni, il tuo testimonial di punta, lo conosci da anni, quando lo abbiamo osservato ripetere alcuni blocchi storici nell'area di Meschia, eri curioso di sapere come te li gradava, sorridendoci su capivi che il tempo passa, ma insomma su certi passaggi da te liberati un po' di giri li ha fatti...
I ragazzi del team E9 sono meravigliosi! Tra questi Gabri è un ragazzo d’oro, mi è sempre piaciuto un sacco, per la sua passione, per la sensibilità, per la simpatia e per la sua curiosità verso il passato che continua ad affascinarlo. L’amore per l’arrampicata, lo sta portando a ripercorrere il passato attraverso tante ripetizioni di salite importanti che lui colleziona con gran consapevolezza e che gli servono per portare avanti il suo cammino, parallelamente al suo presente di cui oggi è un protagonista, e proiettarsi verso il futuro.
Vederlo salire alcuni dei miei passaggi storici è stato emozionante, soprattutto un immenso piacere. Per me uno scalatore deve essere completo, uno sperimentatore e uno che ami la scalata a 360°, trasmettendo una bella energia anche agli altri ed agli amici, spingendo tanto sull’acceleratore; Gabri è tutto questo e anche più!

Ti senti ancora uno che può dire la sua qua e là?
Se posso ancora raccontare nuove interessanti storie? Assolutamente si! Non più come un top climber che primeggia per affermarsi con la sua forza, ma come un uomo carico d’esperienza, di consapevolezze e creatività, ho ancora un sacco di sogni nel cassetto che vorrei realizzare, sono il motore rombante che mi spinge a continuare in questo cammino e la fantasia è il suo carburante, io sono uno scalatore!

A proposito di giovani, li ho visti assai terrorizzati da un tiro trad che hai scalato alla Inglesissima falesia trad di Interprete, in particolare su un tiro che hai liberato, quando hai lasciato l'unica protezione dei 15 metri per quell'uscita spalmata che ti passava per la mente, penso che quel tipo di esperienza sia in fondo l'essenza dell'arrampicata non credi?
Il tiro di cui parli era una vecchia linea rimasta non salita per lungo tempo dalla sua scoperta, è una linea magnifica ed impegnativa dal punto di vista psicologico, perché dopo aver superato un certo punto, non puoi assolutamente più cadere, è alta cira 15 metri con il terreno sottostante in forte discesa, ed è stato bello provarla con dei superclimbers come Valdo Chilese, Gabriele Gorobei, Michele Caminati e Roberto Fantozzi. Alla fine della giornata quando il sole stava scendendo, ed i giochi stavano per essere rimandati ad un altro giorno, ho deciso di partire per il tentativo, sfidando la sorte. E’ andata bene… l’abbiamo chiamata "Sento puzza d’infortunio" e credo che si tratti di un E8 6b/c, sul 7b+ di via con uscita sulle uova ed una caduta vietata! Questa è la scalata per me oggi, qualche cosa che mi faccia vibrare, sentire, emozionare, riflettere, avere anche paura, che faccia uscire il mio istinto animale!
Sì, l’arrampicata senza sicurezze o trad come la chiamano oggi, è sempre stata per me l’espressione verticale assoluta, non a caso la mia azienda prende il nome da una quotazione che utilizzano gli inglesi, questo stile d’arrampicata unisce la tecnica e la forza fisica alla grande componente mentale, per me l’essenza dell’arrampicata.

Ai calciatori solitamente si domanda quali siano stato i loro eroi, a chi si ispirassero, tu all'inizio della tuo importante percorso avevi un tuo eroe come modello?
Ho avuto diverse figure che mi hanno ispirato e che hanno lasciato su di me la loro impronta; una mia qualità è stata sempre quella di imparare da tutti quelli che avessero qualche cosa da insegnarmi, come continuo ancora a fare ancora oggi. Forse la figura più influente nel mio percorso è stata quella del mio primo maestro Stefano Romanucci. Si é sempre approcciato all’arrampicata in modo scanzonato, libero, fuori dagli schemi e un po’ folle, caratteristiche ancora presenti in me oggi. Dopo di lui tanti altri, mi hanno dato qualche cosa, tutti accomunati da un grande spessore umano e da grande passionalità anche nella scalata, ognuno con delle qualità speciali.

Ti invidio la possibilità che hai di ricercare, attraverso i tuoi viaggi spesso esotici, una fonte di ispirazione intima... quanto conta confrontarsi con culture e pensieri lontani?
Viaggiare per me è molto importante, appartengo ad una famiglia di viaggiatori. Sin da piccolo ho imparato il valore di conoscere e rispettare culture differenti in giro per il mondo. Da bambino viaggiavo con i miei genitori per scoprire nuovi luoghi e nuove culture, poi il viaggio si è naturalmente collegato all’arrampicata. Viaggiare in nuovi posti, scoprire nuove pareti, trovare nuovi settori e vivere in mezzo a culture differenti dalle nostre, mi serve per migliorarmi, per progredire e per imparare, per apprezzare meglio quello che ho e capire cosa mi manca, la mia mente è in un continuo processo esplorativo e attraverso il confronto con gli altri posso capire a che punto sono arrivato.

Beh mi sembra che possa bastare non credi? Qualche cosa interessante e saltato fuori, più di una, sono contento perché sarebbe stato davvero un peccato non far conoscere i tuoi pensieri, soprattutto ai giovani rampicanti. Grazie

di Massimo Malpezzi


Mauro Calibani supported by La Sportiva e C.A.M.P.


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