Gondo Crack trad per Jacopo Larcher e Barbara Zangerl
Ancora Jacopo Larcher e Barbara Zangerl. Dopo le dure vie d’arrampicata sportiva a Siurana in Spagna, dopo l’enorme big wall Free Zodiac su El Capitan in Yosemite e dopo le difficili vie trad in Scozia, la fortissima cordata sudtirolese - austriaca ha segnato un altro colpo importante: la prima libera di Gondo Crack nella falesia del Cippo. Si tratta di una sottile fessura strapiombante subito oltre il confine in Svizzera, un vecchio progetto spittato anni fa e tentato da alcuni dei più esperti specialisti del “crack climbing”. Dopo un breve corteggiamento Zangerl e Larcher hanno liberato la via nella sua versione sportiva poi, il giorno seguente e proprio come sulla via Lapoterapia a Osso nel 2015, Larcher l’ha salita senza gli spit in versione trad. Poco dopo anche Zangerl ha messo i nuts e friends sul suo imbrago ed ha salito la via nello stile greenpoint, senza spit e con appunto soltanto le protezioni mobili. Inutile dire che si tratta della chiusura di un ambito vecchio progetto e, contemporaneamente, una delle salite trad femminili più dure di sempre.
Gondo Crack ha la sua storia… Però per chi non conosce questa fessura, ci raccontate brevemente la sua storia?
Larcher: Gondo Crack è stata chiodata alla fine degli anni ’90 da due icone dell’arrampicata ossolana, Maurizio Pellizzon e Allessandro Manini. È una sottile fessura che sale in diagonale un muro leggermente strapiombante; la prima parte, fino ad un riposo a 2/3 della via, è relativamente semplice (7c) e tutte le difficoltà sono concentrate negli ultimi metri. Negli anni ha resistito ai tentativi di molti arrampicatori, diventando uno dei progetti più “famosi” della zona. Solo dopo averla salita ci siamo resi conto di quanto questa via fosse importante per gli scalatori locali!
Quando l’avete provata per la prima volta? E come è andata?
Zangerl: Abbiamo provato la via per la prima volta ad inizio ottobre, proprio prima di partire per Yosemite.
Larcher: I locals continuavo a parlarmene e, visto che eravamo a Cadarese, abbiamo deciso di andare a darci un’occhiata. La via ci è subito piaciuta, anche se abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo per capire come risolvere l’ultima parte. La sezione finale è davvero complicata: la roccia è molto liscia e gli appoggi sono particolarmente scivolosi. Avevamo poco tempo a disposizione, quindi ci siamo riproposti di ritornarci con più calma in primavera.
Quest’anno siete tornati, con la forma alle stelle dopo la Spagna…
Zangerl: Dopo il nostro viaggio in Spagna avevamo voglia di “rispolverare” nuovamente i friends, quindi ci siamo diretti subito lì! Nonostante le via sia spittata, per noi era chiaro fin dall’inizio che volevamo provare a salirla greenpoint.
Spiegati meglio
Zangerl: Abbiamo iniziato a lavorare la via per preparare la salita “trad”, scalandola con gli spit. Per noi non aveva senso provarla top rope solo per cercare di non usarli. Per fortuna questa volta, complici anche le buone condizioni e la preparazione “spagnola”, il tiro si è fatto domare abbastanza in fretta.
Curiosità, chi ha liberato la via?
Larcher: È stata Babsi a salire per prima la via con gli spit: è stata bravissima! Io l’ho seguita subito dopo… alle volte è dura starle dietro! ;-)
Poi però, c’era da provarla in versione trad…
Larcher: Appunto. Il vero obiettivo per entrambi era di salirla greenpoint. Lo so che per molti non sarà facile comprendere questa decisione (visti gli spit), ma per noi questa via ha più senso così. È una linea molto logica, che non ha necessariamente bisogno degli spit per essere salita. Fatta in questo modo richiede sicuramente più impegno, ma riesce anche a trasmetterti emozioni più forti
Dopo la prima libera trad di Jacopo, anche tu Barbara l’hai fatta
Zangerl: Sì, il giorno dopo l’ho fatta anche io. Bellissima. Essere motivati per la stessa via, e riuscirci entrambi, è figo. Avevamo lo stesso obiettivo ed eravamo estremamente motivati. La sfida più grande è stata rimanere concentrata nella sezione chiave e non pensare alla caduta. Piazzare le protezioni significava arrivare un po' più stanca e preoccupata al passaggio chiave. Mentalmente mi ha richiesto di più farlo in versione trad, ma è proprio questo che rende l’arrampicata trad così eccitante e regala un'esperienza molto pura ed intensa.
A proposito della caduta: quanto si rischia?
Larcher: Credo che non si rischi moltissimo, ma è sempre difficile giudicare con certezza queste cose. Le protezioni nella prima parte sono mediocri, ma sinceramente non avevamo nessuna voglia di testarle cadendo. Le ultime due protezioni si trovano proprio all’inizio della sezione chiave, e da lì bisogna fare un lungo run out per arrivare in catena… visto che i movimenti più duri sono proprio alla fine, non è poi così scontato non cadere! L’ultimo friend sembra buono (X4 #0.3), ma se per caso dovesse saltare non sarebbe esclusa una caduta a terra.
Che ci dite del grado? Con cosa la paragonate per arrivare a questo suggerimento?
Larcher: Come pericolo la si potrebbe paragonare ad Achmine, la via a Dumbarton in Scozia, ma abbiamo troppo poca esperienza per poterla gradare con la scala inglese (ed inoltre non avrebbe senso visti gli spit). Abbiamo quindi usato la classica scala francese, riferendoci semplicemente alla difficoltà tecnica.
Zangerl: Se si volesse assolutamente valutare anche il grado di pericolo, secondo me avrebbe più senso utilizzare la scala americana… quindi 5.14b R.
Ultima domanda: avete lasciato la fessura come l’avete trovata, sia in versione trad che sportiva. Come mai?
Larcher: La via è stata chiodata quasi 20 anni fa e ci sono molte persone che continuano a provarla: non ci saremmo mai permessi di schiodarla. Personalmente se trovassi una linea simile deciderei di non chiodarla, ma è semplicemente il mio punto di vista. Spero che la nostra salita aiuti a diffondere questo modo “diverso” di vedere l’arrampicata, sopratutto in una zona come l’Ossola, che è un vero paradiso per l’arrampicata trad.
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