Piolets d'Or 2013: l'incomprensibile pareggio universale
Alcune riflessioni dopo il verdetto della Giuria del 21° Piolet d'Or 2013 in cui sono state premiate ex aequo tutte le sei salite nominate.
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Tutti i premiati sul palco del Palanoir di Courmayeur
Lanzeni / Piolets d'Or
Piolet d'Or 2013: hanno vinto tutti, o abbiamo perso un po' tutti? Ormai è cosa fatta: la Giuria presieduta dal britannico Steve Venables ha assegnato il 21° Piolets d'Or a tutte e sei le ascensioni nominate. Come dire che non c'è differenza alcuna. O meglio che (per dirla con un'affermazione più volte sostenuta in questi ultimi anni) in alpinismo non si possono fare confronti. Nessuna salita, dicono, è paragonibile ad un'altra: ergo non esiste la migliore. Si potrebbe obiettare subito che non si capisce a cosa serva un Premio se poi si parte da questo assunto. Oppure, se tutto ciò fosse vero, come si è fatto a scegliere le 6 vie nominate tra le 80 in lizza. Tutte le altre erano meno “uguali”? Ma sono domande vecchie, quasi scontate, che sappiamo resteranno senza risposta.
Vien da pensare che forse, anche nelle “cose” dell'alpinismo, ci vorrebbe un po' di sana “leggerezza” (alla Calvino delle “Lezioni americane”, per intenderci). Forse l'alpinismo si dovrebbe considerare un po' meno come un territorio degli dei. Tanto etereo da non rientrare nemmeno nella categoria del mondo normale.
Sono tra quelli che ha sempre affermato che tutte le Giurie debbano essere libere e autonome, e che il loro giudizio deve essere rispettato. Ma, mai come in questo caso, mi sento di affermare che c'è anche il sacrosanto diritto di critica. Mai come quest'anno, infatti, la soluzione del rebus sembrava così chiara. Il vincitore c'era. Eccome se c'era! Era chiaro a tutti - fuorché evidentemente alla Giuria - che la salita dell'anno non poteva essere che quella della Mazeno Ridge sul Nanga Parbat. Quella di Sandy Allan e Rick Allen è una storia davvero potente, epica ed incredibile, di un alpinismo quasi d'altri tempi. Invece, no. Tutti uguali. Una scelta a dir poco incomprensibile. Tanto che sarebbe stata migliore qualsiasi altra decisione, magari a favore di una qualsiasi altra salita. Del resto tutte le nominations dei Piolets sono (nei fatti e per definizione) salite super. Personalmente, per esempio, ho apprezzato molto quella dei russi sulla Muztagh Tower - 17 giorni in mezzo alla tormenta, semplicemente perché avevano scelto di stare così isolati dal mondo da non avere nemmeno le informazioni sulle condizioni del meteo. Ma, ripetiamo, si è scelto di andare da un'altra parte. Di fare una “non scelta”. E, se posso permettermi, anche di non avere coraggio.
La cosa, se volete più triste, è che se non l'abbiamo capita noi questa scelta, come molti altri alpinisti e giornalisti - specializzati e non - presenti a Courmayeur nella serata di premiazione, figurarsi se riusciremo a comunicarla all'esterno. Tant'è che, proprio per questo, su www.montagnes-magazine.com (il sito della rivista co-fondatrice dei Piolets d'or) Manu Rivaud, giornalista della stessa rivista e dell'organizzazione dei Piolets d'or, ha confermato sia le sue dimissioni dal Premio sia quelle di Claude Gardien, a sua volta direttore di Vertical nonché parte dell'organizzazione dei Piolets.
Appunto, abbiamo perso un'altra occasione. Continuando su questa strada resteremo sempre nel nostro piccolo mondo. E, purtroppo, dovremo continuare a vedere l'alpinismo e la montagna sbattuti in prima pagina solo per le tragedie.
Poi, ad essere sinceri, sul versante della “comunicabilità” non ha brillato nemmeno la menzione speciale della Giuria per la “schiodatura” della via del Compressore sul Cerro Torre. Menzione che univa la salita, ma soprattutto la schiodatura, di Kennedy e Kruk alla (successiva e questa sì straordinaria) prima salita in libera di David Lama. S'è detto che la schiodatura ha eliminato lo sfregio fatto alla montagna restituendole allo stesso tempo la verginità. Chiedo scusa, ma a me sembra che la “verginità” del Cerro Torre non sia cambiata, mentre di sicuro lo sfregio è stato fatto (ancora una volta) a Cesare Maestri, un uomo che, nel bene e nel male, sarebbe giusto ed umano lasciare in “pace”.
Per fortuna che in questo Piolet d'Or c'era anche Kurt Diemberger che, meritatamente, ha ricevuto il Premio alla carriera intitolato a Walter Bonatti. Ancora una volta, il saggio Kurt, ha fatto sognare la platea di Courmayeur con le sue storie di un alpinismo di ricerca, di esplorazione, di bellezza e di poesia. Sono queste le cose che ci faranno sempre sognare. Come ci ha trasportato su altre dimensioni, quelle della poesia, la grande musica de L'Orage che ha fatto da colonna sonora alla serata di premiazione. Ecco, alla fine è questo che vorremmo dall'alpinismo che si mostra al mondo. Semplicità e bellezza. Poi, e per fortuna, c'è ancora l'alpinismo che continua felicemente ad andare in montagna, e solo questo lo fa realmente vivere.
Vien da pensare che forse, anche nelle “cose” dell'alpinismo, ci vorrebbe un po' di sana “leggerezza” (alla Calvino delle “Lezioni americane”, per intenderci). Forse l'alpinismo si dovrebbe considerare un po' meno come un territorio degli dei. Tanto etereo da non rientrare nemmeno nella categoria del mondo normale.
Sono tra quelli che ha sempre affermato che tutte le Giurie debbano essere libere e autonome, e che il loro giudizio deve essere rispettato. Ma, mai come in questo caso, mi sento di affermare che c'è anche il sacrosanto diritto di critica. Mai come quest'anno, infatti, la soluzione del rebus sembrava così chiara. Il vincitore c'era. Eccome se c'era! Era chiaro a tutti - fuorché evidentemente alla Giuria - che la salita dell'anno non poteva essere che quella della Mazeno Ridge sul Nanga Parbat. Quella di Sandy Allan e Rick Allen è una storia davvero potente, epica ed incredibile, di un alpinismo quasi d'altri tempi. Invece, no. Tutti uguali. Una scelta a dir poco incomprensibile. Tanto che sarebbe stata migliore qualsiasi altra decisione, magari a favore di una qualsiasi altra salita. Del resto tutte le nominations dei Piolets sono (nei fatti e per definizione) salite super. Personalmente, per esempio, ho apprezzato molto quella dei russi sulla Muztagh Tower - 17 giorni in mezzo alla tormenta, semplicemente perché avevano scelto di stare così isolati dal mondo da non avere nemmeno le informazioni sulle condizioni del meteo. Ma, ripetiamo, si è scelto di andare da un'altra parte. Di fare una “non scelta”. E, se posso permettermi, anche di non avere coraggio.
La cosa, se volete più triste, è che se non l'abbiamo capita noi questa scelta, come molti altri alpinisti e giornalisti - specializzati e non - presenti a Courmayeur nella serata di premiazione, figurarsi se riusciremo a comunicarla all'esterno. Tant'è che, proprio per questo, su www.montagnes-magazine.com (il sito della rivista co-fondatrice dei Piolets d'or) Manu Rivaud, giornalista della stessa rivista e dell'organizzazione dei Piolets d'or, ha confermato sia le sue dimissioni dal Premio sia quelle di Claude Gardien, a sua volta direttore di Vertical nonché parte dell'organizzazione dei Piolets.
Appunto, abbiamo perso un'altra occasione. Continuando su questa strada resteremo sempre nel nostro piccolo mondo. E, purtroppo, dovremo continuare a vedere l'alpinismo e la montagna sbattuti in prima pagina solo per le tragedie.
Poi, ad essere sinceri, sul versante della “comunicabilità” non ha brillato nemmeno la menzione speciale della Giuria per la “schiodatura” della via del Compressore sul Cerro Torre. Menzione che univa la salita, ma soprattutto la schiodatura, di Kennedy e Kruk alla (successiva e questa sì straordinaria) prima salita in libera di David Lama. S'è detto che la schiodatura ha eliminato lo sfregio fatto alla montagna restituendole allo stesso tempo la verginità. Chiedo scusa, ma a me sembra che la “verginità” del Cerro Torre non sia cambiata, mentre di sicuro lo sfregio è stato fatto (ancora una volta) a Cesare Maestri, un uomo che, nel bene e nel male, sarebbe giusto ed umano lasciare in “pace”.
Per fortuna che in questo Piolet d'Or c'era anche Kurt Diemberger che, meritatamente, ha ricevuto il Premio alla carriera intitolato a Walter Bonatti. Ancora una volta, il saggio Kurt, ha fatto sognare la platea di Courmayeur con le sue storie di un alpinismo di ricerca, di esplorazione, di bellezza e di poesia. Sono queste le cose che ci faranno sempre sognare. Come ci ha trasportato su altre dimensioni, quelle della poesia, la grande musica de L'Orage che ha fatto da colonna sonora alla serata di premiazione. Ecco, alla fine è questo che vorremmo dall'alpinismo che si mostra al mondo. Semplicità e bellezza. Poi, e per fortuna, c'è ancora l'alpinismo che continua felicemente ad andare in montagna, e solo questo lo fa realmente vivere.
Vinicio Stefanello
PIOLETS D'OR 2013
06/04/2013 - Piolets d'Or 2013: una vittoria ex aequo
22/03/2013 - Piolets d'Or, menzione speciale a Kennedy, Kruk, Lama e Ornter
11/03/2013 - 21° Piolets d'Or: le nomination del 2013
06/02/2013 - Piolets d'Or 2013 al via. A Kurt Diemberger il premio alla carriera
Note:
www | |
www.pioletsdor.com |
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