Pinne gialle, nuova via per Manolo in Tognazza

Maurizio 'Manolo' Zanolla ha aperto e (il 23/09/2014) liberato Pinne gialle, una nuova e difficile via di 4 tiri che corre sul bordo del grande diedro centrale della Tognazza (Passo Rolle, Dolomiti).
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Manolo su Pinne Gialle (Tognazza, Passo Rolle, Dolomiti)
Matteo Mocellin / Storyteller-labs
"La Parete è un meraviglioso balcone sulle Pale di San Martino". Così Manolo, nella sua guida delle falesie del Primiero "In Bilico", descrive le lavagne di porfido della Tognazza. Impossibile non notarla, per chi sale al Passo Rolle da Fiera. Impossibile non essere colpiti dalla differenza con quel mondo di calcare delle Pale e delle Dolomiti che la circonda. E' un 'unicum', la Tognazza. E all'occhio del climber quelle lavagne, tagliate con il coltello nel porfido, non possono che ricordare difficili e sfumati giochi d'equilibri, tra gli specchi e le cicatrici appena accennate della roccia. E' appunto tra questi specchi e cicatrici, già a suo tempo frequentati, che è ritornato Manolo. Sempre alla ricerca di equilibri sfuggenti. Anzi di visioni di possibili equilibri. Così, con Pinne gialle ha risolto in 120 metri di scalata un suo vecchio progetto, quello che "corre sul bordo del grande diedro centrale". Per arrivarci occorre salire la prima lunghezza della via Dell'antonio - Briosi e poi il primo tiro di Border Line (aperta dallo stesso Manolo e Cristina Zorzi nel '97). Poi, andando a sinistra, si vanno a prendere le 4 lunghezze (30m, 15m, 45m, 30m) di Pinne gialle. Per l'uscita, invece, si percorrono gli ultimi 15m della via del Gran Diedro. "Bastava di nuovo guardare in un modo diverso per trovare, almeno per me, la via più bella della parete" scrive Manolo. I gradi? Non li dà... lasciando agli "eventuali ripetitori la sentenza". Di certo c'è che qui l'arrampicata si sposa con una visione, quella dell'equilibrio, che forse non si può misurare. Forse bisogna cercarlo, provarlo, tentare di immaginarselo quell'equilibrio... ma non è scontato, non è detto, che lo si catturi. Giusto per farsene una qualche idea basta guardare le belle immagini scattate a Manolo su Pinne gialle da Matteo Mocellin.

PINNE GIALLE IN TOGNAZZA di Maurizio 'Manolo' Zanolla

Sarà che va sempre peggio ma in un'estate che sembra non incominciare mai e i frassini che perdono le foglie alla fine di luglio, non m'importa nemmeno di andare in montagna. Andrea insiste che in Tognazza le dita non si usano poi molto e mi convince per una di quelle vie non molto difficili. Improvvisamente mi ritorna in mente quel vecchio progetto che corre sul bordo del grande diedro centrale.

Raggiunto l'attacco cambiamo programma e tiriamo diritto per il "Gran diedro", è la via che passa più vicina a quel progetto. E' da parecchio tempo che non ritorno quassù ma questa scalata delicata, fatta di equilibri e di aderenza, mi diverte subito. E, il vecchio progetto che corre lì a pochi metri diventa, immediata curiosità.

Il giorno dopo mi calo dall'alto e quella cicatrice che fugge nel vuoto mi sembra la madre di tutte le fessure. Purtroppo, un tratto di questa sembra non accettare nessuna protezione e quel diedro vicino è dannatamente pericoloso. Sarà che sono ormai "diversamente giovane" ma non me la sento di rischiare così tanto e il sogno "trad" diventa un sogno a spit.

"Quest'idea", sembra infilarsi in dimensioni e geometrie completamente diverse, fra prospettive reali e immaginarie. E diventa ogni giorno più bella. Quando la provo in continuità la prima volta, con la corda dall'alto, mi riesce quasi subito. E sono molto sorpreso ma so che quando toglierò quella sicurezza l'arrampicata diventerà molto più complicata. Dovrò riuscire ad adattarmi senza irrigidirmi a quei necessari equilibri di aderenza che da semplici potranno diventare paralizzanti. E, mi convinco che scalare su questa via, a parte un paio di tratti, sia più una questione mentale che fisica, perché concede molti riposi e non intacca mai ne forza ne resistenza. E cosa ancora più bella, non fa nemmeno male alle dita.

Ho una mezza giornata e con Andrea decidiamo di provare, il tempo non è male, la via dovrebbe essere asciutta e la meteo sembra confortante. Sono molto curioso di vedere come sono messe quelle protezioni e quanto pericoloso sia volare in alcuni punti. Il porfido è tiepido e l'arrampicata oggi ci sembra più facile. Quando parto sul tiro difficile non ho nessuna ambizione e nessuna tensione, inoltre, la corda statica è lì davanti come un salvagente.

La prima parte ha un passo di grande "sensibilità" ma mi abbandono completamente sui piedi e scorre via piuttosto bene ma quando riesco a superare quel passo cattivo e difficile a metà lunghezza, le cose cambiano. Quella statica che devo togliere ogni volta dai rinvii per inserire la mia, diventa un odioso impedimento, ma ormai sono in piena lotta per riuscire.

Proseguo con esasperante lentezza e proteggermi diventa sempre più difficile, le caviglie cominciano a soffrire e le gambe a tremare. Non mi accorgo nemmeno delle prime gocce ma poi tutto diventa scivoloso. A questo punto avere le scarpette o le pinne è la stessa cosa e precipito insieme alla grandine. Raggiungo in qualche modo la sosta poi, una pioggia intensa e gelida ci entra ovunque.

Quindici giorni dopo Erik gentilmente si propone di farmi compagnia ed anche Matteo che non è mai stato in Tognazza ha voglia di fare qualche foto. Ci caliamo, la fessura sembra asciutta e la giornata abbastanza sicura.

Purtroppo la febbre e gli antibiotici non mi hanno fatto molto bene e sono "decisamente molle", infatti, volo già sul secondo tiro. Tutto da rifare. Riparto ma poi scivolo anche a metà del tiro difficile. Riparto di nuovo ma a pochi metri dalla fine ho i piedi completamente insensibili, mi sbilancio un attimo per guardare come sono messi, una distrazione e sono nel vuoto. Non ho voglia e nemmeno energie per ripartire e decido di provare a liberare l'ultimo. Mi riesce, e questo mi conforta per riprovare la lunghezza difficile, ma mi rendo conto di non averne proprio più. Tutti a casa.

Ancora una settimana di pioggia poi - improvvisamente - l'estate finisce e il secondo giorno d'autunno sembra irreale. Al Passo tira un'aria fredda e secca da nord e in cima le pozze sono ghiacciate. Ho una gran voglia di andare via ma proviamo a scendere. Sotto, fortunatamente la parete è riparata e la temperatura quasi perfetta.

Sono ancora con Erik e Matteo. Ripasso tutti i movimenti, non voglio più sprecare inutili energie. Oggi mi sento meglio, quella lunghezza lunga quarantacinque metri mi fa meno paura e quando passo il boulder a metà mi sento quasi in sosta.

Non c'è nulla di scontato in quei metri finali ma oggi, quell'aria secca che soffia da svuotarmi il magnesio mi aiuta e ci riesco. Sono molto contento quando arrivo in cima ma anche un po' sconfitto, perché quel sogno "trad" per me non ci sarà mai più, ma forse mi sono salvato la vita.

Sembrava impossibile ma c'era ancora spazio. Bastava di nuovo guardare in un modo diverso per trovare, almeno per me, la via più bella della parete.

I gradi? Non ne ho proprio idea e non mi arrischio nemmeno a proporli anche perché non ho molta esperienza in questo genere di scalata e lascio agli eventuali ripetitori la sentenza.

Ringrazio davvero molto Andrea Giacometti che mi ha aiutato nei giorni più gelidi, Erik Girardini che è rimasto fermo nelle soste più di quanto sia riuscita a tenerlo sua madre in tutta la vita e Matteo Mocellin per le foto.

Per il tiro più difficile servono 19 rinvii.

Manolo Maurizio Zanolla

Manolo usa Montura, La Sportiva e Grivel

Note:
Expo.Planetmountain
Expo Grivel
Expo La Sportiva



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