Perché è stata uccisa Serendipity in Valle dell'Orco?

Nell'autunno del 2022 la via di più tiri 'Serendipity' sul Sergent in Valle Orco di Maurizio Oviglia, Cecilia Marchi e Eugenio Pinotti è stata schiodata da ignoti per motivi sconosciuti. Mario Ogliengo, guida alpina e storica figura della valle piemontese, ha inviato questa 'inchiesta molto seria su una attività poco seria'.
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Il Sergent in Valle Orco
Mario Ogliengo

Che cosa succede nella Orco Valley? Una valle che negli ultimi decenni è stata un laboratorio dell’arrampicata del nord ovest dove un po’ tutti gli stili e le interpretazioni di questa attività convivono. Vie dure "Trad", arrampicata artificiale, mista e altro ancora. Chi sono quindi i misteriosi "carpentieri" che si ergono a giustizieri nella notte e che, probabilmente nel mese di ottobre 2022, cancellano a colpi di flessibile Serendipity, la via di più tiri aperta da Maurizio Oviglia, Cecilia Marchi e Eugenio Pinotti sul Sergent nel 2019? Uno degli itinerari più ripetuti ed apprezzati in questo settore.

Ricordo di aver letto che questa via voleva essere una opportunità per tutti quegli scalatori che, non potendo affrontare vie più difficili, avrebbero goduto di una possibilità non estrema su questa famosa parete. Un bel regalo da parte di Maurizio, molto legato alla valle. Si tratta forse di regolamento di conti rocciosi, oppure un messaggio della serie "qui decidiamo noi cosa fare"? Perché nessuno ne ha parlato, anche se molti ne sono al corrente? Paura, sbattimento, vivi e lascia vivere?

Naturalmente non dispongo di informazioni dettagliate, ma prima o poi la verità viene sempre a galla. Ho avuto modo di discutere con alcuni amici che su queste pareti hanno consumato e tuttora consumano i polpastrelli, ma che si prendono anche in carico la manutenzione dove necessario. Nessuno ricorda un’opera di distruzione di massa equivalente a quella intrapresa sulla Via Serendipity.

L’apertura di una nuova via, dal mio punto di vista, rappresenta ricerca estetica, creatività, esplorazione personale, impegno mentale, fisico e non ultimo economico. Aprire una via richiede tempo, a volte giorni, settimane. Disintegrarla richiede poco coraggio e poco tempo, e, volendo, in aggiunta a volta si recupera del materiale a costo zero!

Itinerari quali Serendipity al Sergent oppure Tutto si farà alla Torre di Aimonin di sicuro incrociano vie già esistenti e a volte si sviluppano "scandalosamente" vicino a itinerari esistenti. Forse varrebbe la pena che gli autori di queste opere facessero una riflessione a questo proposito e investissero le loro energie in modi più creativi. Tuttavia, smantellare un itinerario per la solo probabile ragione che si sviluppa vicino oppure interseca altre vie non è accettabile.

Si può dissentire sul metodo e sullo stile, ma sempre attraverso una dialettica interna ad una comunità che condivide alcuni semplici principi. Che cosa succederà domani se oggi accettiamo che queste persone si ergano a giudici? Ciascuno potrà serenamente eliminare un itinerario che non gli è piaciuto, se troppo difficile scavarlo un po', se è troppo esposto aggiungere ulteriori protezioni, se le protezioni fissi sono troppo ravvicinati rimuoverne alcune.

Sarei curioso di conoscere le motivazioni che hanno portato a questo intervento radicale, ma temo che non lo scopriremo mai. Perché investire tempo e stress nella cancellazione di un itinerario e non utilizzarlo per esplorare altre pietre e inventarsi piuttosto delle avventure positive da condividere?

Immagino che molti pensino che non sia così grave e che domani questo episodio sarà dimenticato, ma voglio ribadire la mia visione. Gli episodi violenti non devono essere accettati, devono essere stigmatizzati. Provate per un momento a mettervi nei panni di un "apritore" che vede il suo lavoro annullato senza un motivo apparente. Personalmente non sarei proprio contento.

Se intendiamo salvaguardare la storia e le peculiarità degli itinerari della Valle Orco dovremo condividere alcuni principi di base quali:
a) il rispetto dello stile delle protezioni dei primi salitori.
b) la sostituzione delle protezioni originali solo quando il pericolo diventa importante, con soluzioni a basso impatto estetico e ambientale.
c) disgaggio di porzioni di roccia solo e se altamente pericolosa.

Se saremo capaci di applicare questi semplici suggerimenti potremo definirci una ‘Comunità’ che rispetta il passato e salvaguarda il gioco per il futuro.

La "distruzione" di un itinerario ci ricorda gli atteggiamenti spesso imperanti nei nostri rapporti sociali quali arroganza, invidia, competizioni tra individui o clan e colpi bassi. Se ci lasciassimo condizionare da questo approccio perderemmo l’essenza più profonda di questo "Non Sport" nel quale la sola competizione contemplata è quella con se stessi e i propri limiti.

"Comunità" dovrebbe essere anche lo spazio nel quale i conflitti si trasformano in soluzioni condivise. Quando gli itinerari classici e storici necessitano manutenzione, richiedono interventi che non ne compromettano la loro storia. Spesso però dimentichiamo che prima di noi sulle vie altri hanno scritto pagine che non dobbiamo cancellare in nome di una sicurezza "assoluta". Cancellare le storie passate diventa un implicito riconoscimento che solo il presente conta e tutto si riduce a difficoltà e tempi, che a loro volta saranno presto cancellati.

Questo di Serendipity non è il solo caso che si è verificato questo autunno nella Valle, purtroppo. Mi riferisco alla "revisione" di alcune protezioni di Itaca nel Sole e l’attrezzatura di soste per calate che probabilmente ora sono visibili anche da Marte. Qualcuno lo ha fatto sicuramente in buona fede, pensando di intervenire per migliorare le calate, ma ha anche provveduto a sostituire con tasselli gli ultimi chiodi a pressione "Mohicani" sulla placca. L’ultimo pezzetto della storia di una delle prime vie del Caporal. Parlarne e riflettere prima di agire è chiedere troppo? Confrontarsi e discutere prima avrebbe probabilmente permesso di trovare una soluzione meno aggressiva e più rispettosa di questa storica via.

Il trapano oggi risolve molte situazioni, ma resta tuttavia un’arma pericolosa. Non ho dubbi sul fatto che l’autore di questo intervento sia stato investito dal nobile (importante?) intento "Safety First", ma sarebbe stato preferibile considerare l’importanza della storia di questi itinerari prima di affidarsi alla "chirurgia". Interventi di questo genere sulle pareti Dolomitiche avrebbero garantito una "gogna perenne" agli autori…

Questi episodi dimostrano la fragilità del terreno su cui ci muoviamo e la necessità di rispettarlo il più possibile. Chissà se gli autori di questi atti si paleseranno? Alzare la mano per dire sono stato io, e queste sono le ragioni del mio intervento, potrebbe essere una base per condividere in futuro scelte migliori e meno invasive. A questo proposito, ci piacerebbe che ci fosse un dialogo più aperto tra chi ha a cuore la valle. Sarebbe auspicabile un incontro, una sorte di tavola rotonda aperta a tutti coloro che si sentono implicati in queste problematiche sulla falsariga di iniziative simili intraprese in altre regioni Alpine.

Intanto Serendipity non morirà, ci prenderemo cura di questa via e la faremo rinascere cosi come interverremo sugli interventi ingegneristici del Caporal per ridare dignità ad Itaca. A proposito, se fosse possibile, ci piacerebbe che i chiodi a pressione rimossi su Itaca trovassero pace al Museo della Montagna di Torino.

Questo mio intervento non deve essere frainteso. È stato meditato a lungo e condiviso con amici e colleghi che hanno a cuore il destino di questi luoghi. Le mie non sono intenzioni partigiane. Non difendo interessi di parte o singole persone. Butto una pietra nel lago di Ceresole, vedremo che cosa succederà, per il bene dell'arrampicata, non solo in Valle Orco. Per concludere, ritorniamo a Serendipity e al suo significato. "La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte…mentre si sta cercando altro". Ironia della sorte…

di Mario Ogliengo

Note dell’Autore: qualche vietta pure io l’ho aperta negli anni d’oro della Valle. Qualcuna bella e ormai classica, altre da dimenticare. Dal Nautilus al Sergent alla Placca del Cacao, da Crazy Horse ad Aldebaran e A volte ritornano in Noaschetta. I mesi e gli anni trascorsi su queste pareti mi hanno aiutato a crescere, sono diventato un professionista della montagna, ma non per questo ho perso la passione per la scalata e il granito dell’Orco.




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