Outsider, 8a+ per Angelika Rainer
Angelika Rainer e la ripetizione in libera di Outsider a Cornalba.
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Angelika Rainer su Outsider 8a+ a Cornalba
Marco Servalli
Cornalba, grazie anche alle ultime performance di Adam Ondra, sta ritornando giustamente una falesia di riferimento. E non c'è difficile immaginare che Bruno Tassi, il Camos, stia sorridendo da lassù. Perché la nuova vita del “fungo magico” bergamasco è un tributo alla sua capacità visionaria ma anche al suo stile, alla sua dedizione a questa bellissima falesia e all'arrampicata pura. Per questo ci piace dedicare al Camos questo racconto di Angelka Rainer che, smessi i panni invernali di campionessa dell'ice climbing, recentemente è riuscita nella libera di Outsider. Un 8a+ liberato nel lontanissimo 1989 da Simone Moro, altro grande artifice della storia di Cornalba nonché grande amico e “discepolo” del Camos. A quel tempo Angelika non era ancora in età da asilo. Intanto, in questi vent'anni, l'orizzonte di Simone Moro è diventato quello delle grandi montagne himalayane. Ma tutto è partito da qui, dall'arrampicata sportiva e da Cornalba. Dalla visionaria passione per l'arrampicata ma anche per l'alpinismo di Bruno Tassi detto il Camos.
Outsider a Cormalba di Angelika Rainer
Quando Simone Moro nel 1989 liberò questa via nella mitica falesia di Cornalba, io avevo ben altre cose in testa, per esempio giocare in giardino oppure farmi cambiare i pannolini dalla mamma; io a quel tempo non avevo neanche tre anni.
I miei primi movimenti sulla roccia bianca di Cornalba invece sono stati abbastanza faticosi. Quella prima via di 6a+ che provai nell’autunno del 2002 si trova a soli pochi metri da “Outsider”, ma ripensandoci ora mi sembrano chilometri. Arrivai direttamente dalle prese di plastica della palestra di arrampicata, dove avevo iniziato a scalare. Le mie esperienze su roccia erano poche e su questa roccia strana mi sembrava che sia le mani che i piedi scivolassero, ed ero vicina alle lacrime dalla paura e dalla disperazione. Negli anni seguenti ho iniziato a frequentare questa falesia, situata nelle montagne bergamasche, con la forma da fungo bianco, così speciale. Ho imparato ad apprezzarla, a scalarci, cosa che richiede tempo (a meno che uno non si chiami Lama o Ondra), ed alla fine ad amarla.
Così l’autunno scorso, Simone mi incitò a provare questa via, che io ritenevo troppo dura per me. Ho tanto rispetto verso queste vie di Cornalba, forse per il loro ruolo nella storia dell’ arrampicata italiana e per la loro età. Ma non mi trovai male su questa via; riuscii a fare tutti i movimenti, a parte il passaggio chiave dove, con il sole autunnale che picchiava sulla falesia, continuavo a scivolare.
Dopo la stagione di ghiaccio e la conseguente pausa per le dita, tornai a febbraio per riprovare il tiro, che in queste settimane di astinenza da roccia, mi era rimasto in testa. Sulla prima parte della via mi sentii subito bene, e per mia meraviglia, riuscii a tenere il monodito, che presenta “il chiave” della via. Così tornai motivatissima due settimane dopo, le condizioni erano ottime: sole, cielo leggermente velato e quindi non troppo caldo, vento leggero ma non così freddo da far gelare le dita.
Al secondo giro tutto filò liscio: la prima metà della via, poi il riposo, altri movimenti, ancora un riposo e poi via sulle tacche con la sinistra, destra, sinistra rovescio, tacca… e monodito, tacca con la destra e finalmente una tacca buona per riposare. Gli ultimi metri d’uscita ed è fatta! Sono riuscita a chiudere questa via in soli 7 giri, cosa che, ricordandomi delle prime scalate in questa falesia, mi rende molto felice, considerando che si tratta di una linea veramente bella da scalare, con movimenti svariati e che richiede sia forza che tecnica.
Sento di voler dedicare questa salita al Camos, Barbara e Simone, a loro modo mi hanno motivata, stimolata ed ispirata nel corso degli anni.
Angelika Rainer
Ringrazio i miei Sponsor Salewa, Kiku, La Sportiva, Grivel e Sportler
Outsider a Cormalba di Angelika Rainer
Quando Simone Moro nel 1989 liberò questa via nella mitica falesia di Cornalba, io avevo ben altre cose in testa, per esempio giocare in giardino oppure farmi cambiare i pannolini dalla mamma; io a quel tempo non avevo neanche tre anni.
I miei primi movimenti sulla roccia bianca di Cornalba invece sono stati abbastanza faticosi. Quella prima via di 6a+ che provai nell’autunno del 2002 si trova a soli pochi metri da “Outsider”, ma ripensandoci ora mi sembrano chilometri. Arrivai direttamente dalle prese di plastica della palestra di arrampicata, dove avevo iniziato a scalare. Le mie esperienze su roccia erano poche e su questa roccia strana mi sembrava che sia le mani che i piedi scivolassero, ed ero vicina alle lacrime dalla paura e dalla disperazione. Negli anni seguenti ho iniziato a frequentare questa falesia, situata nelle montagne bergamasche, con la forma da fungo bianco, così speciale. Ho imparato ad apprezzarla, a scalarci, cosa che richiede tempo (a meno che uno non si chiami Lama o Ondra), ed alla fine ad amarla.
Così l’autunno scorso, Simone mi incitò a provare questa via, che io ritenevo troppo dura per me. Ho tanto rispetto verso queste vie di Cornalba, forse per il loro ruolo nella storia dell’ arrampicata italiana e per la loro età. Ma non mi trovai male su questa via; riuscii a fare tutti i movimenti, a parte il passaggio chiave dove, con il sole autunnale che picchiava sulla falesia, continuavo a scivolare.
Dopo la stagione di ghiaccio e la conseguente pausa per le dita, tornai a febbraio per riprovare il tiro, che in queste settimane di astinenza da roccia, mi era rimasto in testa. Sulla prima parte della via mi sentii subito bene, e per mia meraviglia, riuscii a tenere il monodito, che presenta “il chiave” della via. Così tornai motivatissima due settimane dopo, le condizioni erano ottime: sole, cielo leggermente velato e quindi non troppo caldo, vento leggero ma non così freddo da far gelare le dita.
Al secondo giro tutto filò liscio: la prima metà della via, poi il riposo, altri movimenti, ancora un riposo e poi via sulle tacche con la sinistra, destra, sinistra rovescio, tacca… e monodito, tacca con la destra e finalmente una tacca buona per riposare. Gli ultimi metri d’uscita ed è fatta! Sono riuscita a chiudere questa via in soli 7 giri, cosa che, ricordandomi delle prime scalate in questa falesia, mi rende molto felice, considerando che si tratta di una linea veramente bella da scalare, con movimenti svariati e che richiede sia forza che tecnica.
Sento di voler dedicare questa salita al Camos, Barbara e Simone, a loro modo mi hanno motivata, stimolata ed ispirata nel corso degli anni.
Angelika Rainer
Ringrazio i miei Sponsor Salewa, Kiku, La Sportiva, Grivel e Sportler
Note:
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