Maurizio, Manolo, Mago
Pensate che la passione c'entri nella vita. Credete che gli incontri valgano più di mille parole. E che l'arrampicata, quella fatta sulla roccia e non solo chiacchierata, serva a comprendere e a capirsi? Io credo di sì. Direi che arrampicare insieme non è solo il modo migliore per godere di quell'aria, di quel vuoto, di quella roccia che riempiono i sogni dei climber. Ma dà anche senso alla ricerca infinita di quel qualcosa che non si trova mai. La giornata di arrampicata raccontata da Andrea è anche questo. E' la roccia, quella del Baule. E' una via, quell'Eternit aperta e liberata da Manolo lo scorso anno. Ed è la curiosità di vedere e cercare di capire. Di stupirsi assieme, arrampicando.
Maurizio, Manolo, Mago di Andrea Gallo
Mentre aspetto Maurizio guardando le magnetiche placche del Totoga mi chiedo come mai non ci sia mai stato a scalare in 30 anni. C’è stato un periodo che mi bastava sapere di una via difficile per attraversare tutta l’Italia per andare a provarla, e di ritornarci nei mesi per riuscire a ripeterla. Ma al Totoga, da Maurizio mai. Ci siamo guardati per anni, cani affamati che si giravano intorno, si annusavano, facendo finta di conoscersi, rinunciando allo scontro; io forse sapevo chi aveva i denti più aguzzi e rinunciavo ad ammetterlo.
Il tempo ci ha aiutato, Maurizio è venuto a Gressoney per una serata ed io l’ho presentata, immagino un suo minimo stupore a saperlo: parole mai dette direttamente, incomprensioni, battibecchi a distanza potevano far presagire il gelo; ed il gelo c’era veramente, una di quelle serate fredde che obbligano in piazza col piumino. Io preoccupato di uno show condotto col proiettore, le diapositive, senza musiche. Lui forse all’inizio diffidente più che impacciato. Ma come la luce si è spenta ed il flusso delle parole ha accompagnato le immagini di un ragazzo diventato uomo attraverso esplosioni di vita che flirtavano con la morte, è stata magia. Un pubblico non tecnico, di fronte al racconto delle sue folli scalate sulle Pale non si è ritratto, al contrario era magnetizzato da un mondo così distante dalla villeggiatura.
Colpito, rapito, volevo assolutamente di più, vedere, capire cosa facesse sulle sue rocce. Volevo vedere finalmente scalare Maurizio Zanolla, nudo di storie e miti che lo hanno fatto diventare Manolo e poi il Mago. Il libro che sto ultimando ha fatto da ponte. Negli ultimi dieci anni ho arrampicato e fotografato con tanti top climber italiani. Dopo qualche tempo mi sono guardato indietro e ho capito che stavo compiendo un viaggio. Passando dall’altra parte dell’obbiettivo cercavo di raccontare quello che realmente gli scalatori fanno, su un sasso, una cascata, una parete, attraverso una via che diventava una vita. Solo realtà, affanculo la tecnica, le luci perfette, il momento giusto, stronzate, loro erano lì per scalare, io per fotografare, basta. Questo sarà Io Scalo, un progetto che non riesco o non voglio mai a chiudere perché c’è sempre un'altra vi(t)a da raccontare. Mancava Maurizio, ma facevo finta di niente, proprio come avevo fatto con le sue vie. Ora no.
Saliamo al Baule appeso tra la pianura e le Pale ad una cresta della Val Noana, una giornata blu elettrizzante sopra questa placca perfetta. Eternit finalmente, 25metri di calcare perfetto, un’ inclinazione niente più che verticale che potrebbe far ridere ma non lo fa. Appigli piccoli, molto piccoli e lontani, appoggi inesistenti e Maurizio che inizia a salire.
Da come stringe le dita, come carica la punta della scarpa, come respira e si solleva, capisco subito che fa qualcosa che non si guadagna solo sul pannello. Ha giocato con la prima parte, quella di “o ce l’hai o ne hai bisogno”, che da sola basterebbe a celebrare un climber; un’aderenza fuori dal normale che attacca le dita alla roccia e secca la pelle gli taglia un dito, game over, giornata finita. Ma il fotografo va soddisfatto e Maurizio, ai miei occhi oramai Manolo, prosegue fino in cima eseguendo le sequenze del muro finale, quello che dà il senso a Eternit.
“Ora tocca a te”, già ora tocca a me, dovrei declinare l’invito, ma sono più curioso che intelligente. Ogni appiglio è piccolo, molto, quello dopo lontano, molto, troppo. Gli appoggi fuggono via, non sono mai dove vorresti, proprio dove lui è appena salito senza esitazioni. Non ho questo grado nelle dita ma questa estate ho arrampicato abbastanza sul verticale per ricordare a mani e piedi come è fatta una via difficile. Ma questa è oltre, è qualcosa che non ha a che fare solo col diventare più forti ma soprattutto col diventare più bravi, e Manolo lo è.
Il fotografo scuote il climber che è ancora in me, la luce radente sta per lasciare la placca e l’aderenza diventa ancora più graffiante, dai Manolo, ancora un giro. Ora conosco ogni appiglio e so a che gioco gioca, lì dove io appeso alla corda passavo e ripassavo la mano per capire come tenerlo, Manolo arriva completamente disteso, i piedi su due schifezze, ora è fottuto penso, non si esce da una situazione così, ma come un palloncino si modifica ed è su. Nel tratto finale, quello che porta il grado al 9, dove mi aveva detto di accoppiare per cambiare mano ed io a ridere pensando ad uno scherzo che non è, mi veniva di staccare l’occhio dall’obbiettivo e l’ho fatto, per vedere se era tutto vero... e lo era, e mi veniva di gridargli bravo e l’ho fatto, e lì ho capito perché Mago.
Una difficoltà assurda, un'altra dimensione nella quale Manolo è dentro da anni e che forse non abbiamo ancora capito. La sua arrampicata è fatta di grande condizione atletica associata ad una totale padronanza del movimento sviluppata in 30 anni di arrampicata estrema e tecnica, questo è Eternit, manifesto dell'arrampicare.
Catena... a terra, ad aspettarlo alle corde c’è Decimo, suo suocero, 72 anni portati splendidamente, a 70 anni si è appassionato di snowboard ed oltre a maestro di sci, lo è diventato anche sulla tavola. Mago, la pensione per te è ancora lontana.
Andrea Gallo / www.galloclick.com
Questo nostro incontro per me è stato un gran momento, forte ed anche duro, ha fatto vacillare anni di arrampicata e di certezze. Per il grado ha già detto Manolo, Eternit è più dura di altre placche da lui ripetute in Svizzera (Bain de Sang e Bimbaluna) e che da tanti top climber vengono reputate le più dure del mondo. Fino a che non saliranno al Baule.
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