Malvasia 22 anni dopo... la prima ripetizione di Cody Roth, e i ricordi di Manolo
Anche nell'arrampicata sportiva ci sono vie epiche. E a volte sono linee che, appena aperte, sono passate quasi inosservate; o meglio di cui non se ne era proprio capito il valore. E' il caso di Malvasia. Una placca, di poco più di 20m, persa su uno sconosciuto scoglio di calcare istriano che ora, dopo 22 anni, è stata ripetuta per la prima volta da Cody Roth. Sì proprio 22 anni... un ritardo “geologico” che merita un po' di storia... e anche qualcosa di più.
Era il 1987 quando Manolo scoprì quell'anonimo gioiello proprio in fronte al castello di Dvigrad. Va detto che quelli erano anni speciali per Manolo. Ed erano anni speciali anche per l'ancora giovanissima arrampicata sportiva. Chiamatele visioni, se volete. Oppure cercate di capire che quello era lo spirito dell'epoca... Fatto sta che lì, dove prima c'era il nulla, Manolo chiodò un piccolo giardino di roccia in cui sbocciò, tra le altre, anche Malvasia. Una via stile “specchio” (alias di piedi e dita) proprio nello stile del Mago che la liberò nel 1988 proponendo il grado di 8b+...
Sembrerebbe una storia quasi normale se Malvasia non avesse resistito per anni e anni ad ogni tentativo di ripetizione. E sembrerebbe un po' più normale se si considera che, nel frattempo, un paio di appigli si sono rotti, o almeno così si narra. Ma normale evidentemente non è, se questa via è diventata una sorta di leggenda. Insieme, bisogna ricordarlo, con l'altra via leggendaria firmata da Manolo, sempre con il grado 8b+ e del 1987, in quella che allora era terra jugoslava. Stiamo parlando del Maratoneta, la via di Paklenica che ha resistito agli assalti per 15 anni, e poi è stata ripetuta nel 2002 dal fortissimo Uros Perko che, non casualmente, ha ritoccato il grado "promuovendolo" a 8c.
Ora si potrebbe ancora dire che, riandando a quegli anni, Malvasia e il Maratoneta non sono stati considerati per il loro vero valore (e non solo nel senso del grado di difficoltà!). E si potrebbe anche aggiungere che dopo 14 anni, Manolo è ritornato su Malvasia risolvendo in velocità (e senza l'appiglio rotto) i passi chiave - come del resto ha già raccontato Fabio Palma nel suo articolo del 2002. Ma ci sembrava più giusto (ed anche epico) chiedere direttamente a Manolo quali emozioni gli ha suscitato questa prima ripetizione della sua Malvasia...
MALVAZYA
di Maurizio Manolo Zanolla
Ciao, ho letto la notizia che mi avete mandato… bello, mi fa piacere anche perché quella via sembrava abbandonata, dimenticata… eppure, aldilà del grado, è una via molto bella “vecchio stile” naturalmente, ma forse, importante, per comprendere lo sviluppo non solo della scalata ma anche della “difficoltà” nel nostro continente.
Mi sembra ieri quando nel lontano 1987 correvo i miei 50 km giornalieri in quelle strade ancora incomprese, dell’Istria e della Dalmazia, quando intravidi da lontano quella barra straordinaria di calcare, aldilà della valle vicino a quel vecchio castello. Ricordo, che la mia ragazza fu davvero impressionata dal numero di serpenti che incontrammo per raggiungere la base della parete. Non avevo nemmeno preso in considerazione altre possibilità, e puntai diritto, attraversando la valle, catalizzato da quel muro compatto, incurante dei rovi e dei serpenti che solo dopo seppi essere piuttosto... velenosi.
Non c’era nulla… nessuna via, la parete era completamente libera, mi sembrava impossibile, era il posto ideale, perfetto per chiodare qualcosa. E così, fra le altre, in quei giorni nacque Malvazya, che fu la prima, naturalmente. Il nome era tutto per quel vino bianco, dal sapore dolce e tagliente come quella terra, bagnata da un mare un po’ triste, magra e dura, che spaccata si tinge di rosso. Quell’onda grigia, con quel suo sembrare impossibile, era la linea più bella, mi segnò le dita, e mi rimase nei tendini.
Quando sono ripassato da quelle parti, per una conferenza 15 anni dopo con Fabio Palma ed Erik Svab, non volevo rivedere quel posto, temevo di rovinare un ricordo. Tutto ormai in quei luoghi, stava cambiando. Ma ero curioso, molte erano le voci su quella linea… si era rotto qualcosa... impossibile… non è stata salita ecc ecc. Non credo che i miei amici abbiano insistito molto… e sotto a quell’onda grigia, mi sono rimesso a scalare. Ricordo la solita tendinite, una giornata piuttosto umida e le prese segnate dai vari tentativi di Perko... che, mi ricordo, simpaticamente e decisamente suggeriva l’8c.
Non c’era nessun appiglio rotto quel giorno e non mi sembrò così difficile come si diceva e, onestamente, nemmeno come ricordavo. Pensai piuttosto che le nuove generazioni non scalavano più su quelle cose e forse non intravedevano ancora bene quello che c’era fra un appiglio e l’altro, era solo questione di tempo.
Quando ho salito la prima volta Malvazya la valutai 8b+, sembrava più difficile delle altre cose fatte ma andare oltre mi sembrava eccessivo, per tre semplici motivi. Il primo perché la via mi sembrava piuttosto corta. Poi perché cautamente, e con molto pudore, pensavo che l’8c non l’avrei mai fatto. In più il clima caldo che certamente non favorisce su vie così
Sì, vent’anni fa su quei muri c’era molta cautela ad avanzare qualche quarto di grado e la conferma sono quelle classificazioni severe che in alcuni luoghi sono rimaste a fermare un momento che sembra scomparso. Non so cosa sia successo dall’ultima volta che l’ho salita, magari Perko potrebbe essere più preciso forse manca qualche appiglio importante… chiedetelo a lui…
Ma è bello e mi fa molto piacere che quella linea nata nel 1987 non sia stata completamente dimenticata e sia in qualche modo un graffio nella memoria. Dicono che la lettura sia un incontro fra due solitudini e quel tipo di scalata è la stessa cosa; educa a comprendere la con-presenza di verità differenti.
Buon anno a tutti
Manolo
P.S. del 3/01/11. Sembra che ci sia stata qualche incomprensione nell’articolo su Malvaziya… Allora cercando di precisare quanto mi ricordo di quel giorno del 2002… (aiutato anche da Fabio che mi teneva la corda). Quel giorno sono stato spinto a scalare proprio dal fatto che si diceva che mancasse qualcosa. Credo che ci siano stati abbastanza testimoni per poter dire che in quel tratto non abbia trovato particolari difficoltà (come credo riportino Fabio Palma e Urban Golob nelle loro testimonianze) ma bensì nel tratto centrale a buchi dove avevo faticato molto anche la prima volta (e che ricordo Perko invece trovava piuttosto facile). Mi sembra anche di aver detto che se mancava qualcosa non comprometteva o non cambiava concretamente la difficoltà (anche perché c’erano diverse possibilità per passare in quel tratto). Ho salito immediatamente senza difficoltà quel tratto e quindi non mi ero accorto se si fosse rotto qualcosa, anche se la cosa poteva benissimo essere successa. Quindi, ritenevo la via più o meno difficile come l’avevo salita la prima volta. Poi si saranno benissimo rotte diverse prese e credo assolutamente che questo sia vero, altrimenti la via non sarebbe così difficile... ora evidentemente è un'altra via decisamente più difficile. Il livello attuale dei moderni climber è decisamente elevatissimo e scalano con disinvoltura su qualsiasi inclinazione e non posso che ammirarli e invidiarli. Però sono ancora convinto (senza offendere nessun scalatore) che per un certo periodo degli anni '90 molti arrampicatori avessero messo un po' in disparte un certo genere di scalate e quindi avessero perso una certa attitudine per quel genere di salite. Questo non significa che i migliori arrampicatori anche di quel periodo non siano sempre stati in grado di salire ovunque, cosa che io purtroppo non sono mai riuscito a fare, soprattutto sugli strapiombi.
A Cody non posso che fare i miei complimenti
Manolo
>>Aggiungiamo la testimonianza di Urban Golob, alpinista, giornalista e fotografo Sloveno, che ci ha regalato alcune belle foto di Manolo, e anche di Uros Perko su Malvasia.
MANOLO E MALVASIA
di Urban Golob
Ho fotografato Manolo circa 10 anni fa in una piccola falesia in riva al mare di Rovigno. Era il giorno dopo che era ritornato sulla sua Malvazija visto che si pensava che una piccola presa si fosse rotta. I testimoni mi hanno riferito che in quell'occasione Manolo non ha ripetuto una seconda volta tutta la via in libera, ma che comunque aveva salito il passo chiave senza grossi problemi, trovando tutte le prese al loro posto. Se mi ricordo bene, Manolo ha salito la via con un resting, senza tentarla prima... In quei giorni Manolo era a Rovigno per un incontro dedicato alla sua arrampicata organizzato da un piccolo gruppo di climbers.
Dunque, ho fotografato Manolo il mattino successivo della suo ritorno su Malvazija. Era inverno, c'era vento e faceva molto freddo. Manolo ha salito un paio di vie appena sopra il mare (una di 6c+, l'altra di 7a) con temperature che per me erano quasi da congelamento. La sua è stata davvero come una danza verticale sopra il mare ... Purtroppo in laboratorio hanno fatto alcuni errori durante lo sviluppo della pellicola, così la qualità delle foto non è così buona come avrebbe potuto essere. Comunque sono felice di avere alcuni scatti di Manolo, per ricordarlo come un uomo che ha colpito non soltanto me ma anche tutti coloro che l'hanno incontrato in quel momento in Istria e tutti quelli che conoscono le sue vie.
Links Planetmountain | |
News Manolo | |
Falesia di Dvigrad | |
Expo.Planetmountain | |
Expo La Sportiva | |
Expo Grivel | |
Video | |
Manolo |