'E non la vogliono capire', nuova via in Supramonte, Sardegna
Sulla gigantesca parete tra Punta Giradili e il Regno dei cieli Fabio Palma, Matteo Della Bordella e Domenico "Dodo" Soldarini hanno aperto in due round da ottobre 2005 "E non la vogliono capire" nuova via di 280m di 7c/8a e 7b obbligatorio.
Dallo scrigno della Sardegna verticale, è nata un'altra via tra roccia e mare in quello che molti ritengono il tempio dell'arrampicata mediterranea: il Supramonte. Sulla gigantesca parete tra Punta Giradili e il Regno dei cieli ora c'è "E non la vogliono capire", 280m di gran calcare per 10 lunghezze con difficoltà massima proposta di 7c/8a e 7b obbligatorio. La via, sulla grandiosa parete che è stata battezzata “Amor de mi vida”, è stata iniziata da Matteo Della Bordella e Fabio Palma (nell'ottobre 2005) per poi essere chiusa nei giorni scorsi ancora da Fabio Palma questa volta in compagnia di Domenico "Dodo" Soldarini. “La riteniamo bellissima col solito beneficio di essere di parte” scrive Fabio Palma “comunque il posto è fantastico, la roccia superba tranne dieci metri orrendi alla fine di L4) e cinque tiri su dieci sono davvero stupendi. La linea è espostissima, con panorama e vuoto alle spalle assicurati (ci sono quattro tiri consecutivamente strapiombanti, da L5 a L8 inclusa; L7 strapiomba come certi tiri di noti grottoni sardi). La libera integrale resiste ma subirà altri attacchi prossimamente...” E' L'AMOR DE MI VIDA, E NON LA VOGLIONO CAPIRE... Una fortezza di calcare che si estende da Pedra Longa a Cala Luna di Fabio Palma “Una fortezza di calcare che, con brevi interruzioni, si estende da Pedra Longa a Cala Luna: vent'anni fa, in un documentario, Folco Quilici descrisse questa costa come l'ottava meraviglia del mondo, e ricordo ancora l'emozione del mio primo trekking e poi i continui viaggi per entrare nella grotta di Su Palu, oltre 40 km in continua estensione esplorativa che bucano disordinatamente queste muraglie ancora selvagge. Oggi il turismo si è definitivamente appropriato di Cala Gonone, e l'arrampicata ha spinto molto questa invasione, con benefici evidenti per la popolazione locale e qualche riflessione da fare sulla proliferazione delle seconde e terze case in un angolo della Sardegna che è ancora un vero Paradiso naturale. Per questo da due anni preferisco la quiete di Santa Maria Navarrese, e poi, mentre aprivo al Wenden con Matteo e Dodo, mi sono ricordato di quella grande parete che si vedeva dal Regno dei cieli, l'avevo osservata tre anni fa e mi ero detto, allora che il verbo aprire l'associavo al massimo ad una porta, come mai nessuno si fosse cimentato su quella roccia così continuamente aggettante. L'ho capito il primo giorno che io e Matteo ci siamo incamminati verso la sua base, ovviamente stracarichi, alla ricerca di pertugi fra una macchia mediterranea certamente meno pericolosa della neve dello zoccolo del Wenden ma altrettanto infida, così ho pensato quando me ne sono ritrovata un bel po' persino nelle mutande, dopo un'ora di pruriti e punture… Insomma abbiamo aperto un sentiero, e alla base abbiamo guardato all'in su e ci è venuto quasi male… era enorme e sono partito pensando che sarebbe stata una roba da mettersi le mani nei capelli. Una parete così, nelle Alpi, sarebbe diventata famosissima, mentre qui, in Supramonte, forse solo qualche pastore si era avventurato alla sua base. Pensai subito a quella frase, Amor de mi vida, e così battezzai la parete prima di cercare un possibile attacco. Meno male che c'era Matteo, il suo Spirito, io e lui insieme siamo davvero, come dire, la sintesi dell'immaturità concreta, o dell'incoscienza riflessiva. Chiaro e scuro, e una voglia incredibile di fare, quando siamo insieme. Ad Ottobre ci hanno fermato due infortuni, un pietrone che non mi ha staccato l'alluce per due millimetri, ed un volo su un obbligato per lui. L'ospedale di Lanusei è qualcosa che non si dimentica (“Avete un accendino che sterilizziamo l'ago per bucare l'unghia?” “Matteo, portami via di qui, ti prego…”), il dolore di un alluce che si gonfia come una pallina di ping pong neppure (“Deve sapere, signor Palma, che nel medioevo avevano scoperto che la sfera sessuale e l'alluce erano i punti più dolorosi e quindi migliori per le torture…”), e neppure, ovviamente, una corda di cento metri che dondola nel vuoto senza mai toccare (“Sembra la coda del mio gatto quando vede un topo, e mi sento tanto topo”, Dodo dixit), Cinque tiri almeno di indimenticabile linea e roccia, parecchi momenti di fiato corto e la ricerca di una chiodatura parsimoniosa al massimo, cercando sempre il proprio limite, l'abbiamo chiodata così, alla fine pure con un mio rimpianto, in un punto avrei potuto avere più coraggio ma avevo sbattuto due volte e la caviglia di Matteo mi era tornata prepotentemente in mente. Sono 280 metri di sviluppo per dieci tiri, e 34 spit in totale. Queste le cifre dell'apertura, che ne fanno una via impegnativa e psicologica per scalatori del livello mio e di Dodo. E' paradossale, ma quando si apre al proprio limite si finisce per riconoscere che se fosse una via ignota quella appena tracciata non si sarebbe, probabilmente, capaci di ripeterla. Non saremmo in grado di andare in libera così lontano da una protezione se non si conoscesse a memoria, per averci respirato sopra con concentrazione massima e qualche scarica di adrenalina, ogni centimetro di roccia. Così pensiamo che sia una via non pericolosa come Portami Via del Wenden, ma da andarci con una bella preparazione ed un livello mentale e fisico elevato. Io e Dodo l'abbiamo finita fra il 15 e il 18 Aprile 2006, e la falesia dei giorni prima ci ha detto che eravamo all'apice della forma. Matteo ha aperto tiri come L2 e L7 in forma inferiore a quella stratosferica della sua Estate 2005, ma abbastanza per rendere quelle lunghezze stupende e alpinistiche (alpinismo in Sardegna? Non scandalizzatevi, lo scrisse Gogna venticinque anni fa) al punto giusto. E' una via che, ne siamo sicuri, fuoriclasse della roccia avvezzi al vuoto, come Simone Pedeferri, Adriano Selva, Pierino dal Prà, Rolando Larcher e il Mago, saliranno con gioia perché apprezzeranno il piacere della scalata e il gusto di tentare l'on sight senza troppe certezze sugli appigli da seguire, e che scalatori medi come me e il Dodo potranno prendere come obiettivo di una stagione, una via impegnativa, di spessore, in ambiente magnifico, che richiede autocontrollo e capacità, senza capacità appropriata è meglio guardarla e poi piano piano migliorare prendendola come sogno, obiettivo, riferimento quello che volete. Noi facciamo così, salita una via ce ne attacchiamo un'altra al muro della stanza, una che non possiamo ancora fare, e aspettiamo il momento giusto per andarci. Se quel momento non arriva, non fa niente, è stato bello anche solo crederci. Sulla libera: il tempo è tiranno, e la via non è dietro casa; per me quella via è adesso lontana per mesi, mentre forse Dodo, se trova il socio, la riprova nei prossimi giorni. Matteo è negli USA e dopo aver staccato completamente per quasi sei mesi ha ripreso ad allenarsi, e tra venti giorni torna. Toccare la roccia dopo così tanto tempo sarà anche per lui un ripartire dalla gavetta, ma con la classe che ha non ci rimetterà molto a tornare come prima. Questo però vuol dire che la libera totale della via, se dovesse aspettare noi, rimarrebbe per mesi un'incognita. Per questo pubblichiamo volentieri la relazione e saremmo felicissimi se qualcuno riuscisse a liberarla, magari a vista, segno di un livello che noi non abbiamo e che costituirebbe, per noi, un gigantesco stimolo. Vedere, leggere, ascoltare i più bravi, cercando di imparare fin dove possiamo, è il nostro piccolo segreto. di Fabio Palma Descrizione tecnica: La linea è espostissima, con panorama e vuoto alle spalle assicurati ( ci sono quattro tiri consecutivamente strapiombanti, da L5 a L8 inclusa; L7 strapiomba come certi tiri di noti grottoni sardi). La libera integrale resiste ma subirà presto altri attacchi. Lunghezza: 280m Difficoltà proposta: max 7c/8a, 7b obb. Accesso dal basso: Da Pedra Longa 30' di comodo sentiero in piano fino ad un ovile; qui risalire sul costone roccioso che parte proprio dall'ovile e che punta dritto verso la grande parete. Traccia ben segnata per almeno 20'. Abbiamo lasciato u ometto quando bisogna piegare a destra per 10 metri fino ad un ghiaione che si risale per vent metri, quindi di nuovo a destra e per altri 15' risalire per massi fuori dal bosco, che rimane a destra sotto un'altra costa rocciosa. A circa 50 metri in linea d'aria dalla parete piegare di nuovo a destra, nel bosco, risalirlo in diagonale fino a sbucare sotto la parete. C'è una bellissima pietraia, in piano, cn psto da bivacco favoloso, se si vuole. A zig zag per evitare la macchia mediterranea abbiamo aperto il sentiero per raggiungere una nicchia rossa posta trenta metri a sinistra di un'enorme cavità che si intravedeva già a metà accesso. Abbiamo messo uno spit alla partenza, visibile abbastanza da lontano. Accesso dall'alto: Ora ci sono le doppie, molto aeree. Se si è sicuri di farcela, in un'ora si è alla base della parete. Altrimenti portarsi scarponcini per tornare alla macchina risalendo l'intaglio che divide la parete dalla punta Giradili. Si parcheggia la macchina come per accedere al regno dei cieli, ed in tal caso si è appena a 15' dallo spiazzo con vascone (sterrata in ottime condizioni, a dx 1,5km dopo il cuile da cui parte il sentiero per le vie della Giradili). Le doppie partono da un grosso ginepro, con due cordoni blu guardando il mare circa 50 metri a dx dell'intaglio che divide la parete dalla bastionata del Regno dei Cieli. Materiale: Bastano sei rinvii, eventualmente FR1 e FR2 in qualche tiro ( come l'ultimo), ma non indispensabili. Sui tiri difficili concentrazione nei seguenti moschettonaggi, molto alti: il secondo di L2, il primo di L6, il terzo di L8, il secondo di L9. Altrove la chiodatura è obbligata e molto lunga ma non, secondo noi, pericolosa. Invece nei tiri sotto il 7b non bisogna cadere nei lunghi run-out, le protezioni sono lontanissime e non sappiamo se integrabili. Probabilmente no. Note: La parete va in ombra dalle due, troppo calda la mattina da Maggio a Settembre. Tutta la via tiro per tiro Gradi: 6b, 7b+/7c, 6b, 6c, 6c, 7a+/7b, 7c/8a (da liberare), 7b, 7a, 6c L1: 6b 2spit 25m aperto da Fabio L2: 7b+/7c 6spit (ultimo aggiunto per dimezzare run-out di 6b di 20 metri) 40m Aperto da Matteo. Liberato da Fabio solo nella parte più dura per presenza di materiale. Da liberare L3: 6b 2spit 25m Aperto da Fabio L4: 6c 3spit 40m ultimi dieci metri roccia molto brutta Aperto da Matteo L5: 6c 2spit 20m Aperto da Matteo L6: 7a+/7b 3spit 25t salito solo top rope, da liberare da primo Aperto da Matteo L7: 4spit 25m da liberare, stima 7c/8a Aperto da Matteo Da liberare L8: 7b 6spit 30m Aperto da Matteo, Fabio, Dodo. Liberato da Fabio L9: 7a 3spit 25m Aperto da Fabio Liberato da Dodo L10: 6c 3spit 25m Aperto da Dodo Sponsor: EIDER - BARBA SPORT - Cisalfa Sport - RAUMER |
|
|||||||||||||||||||||||
Ultime news
Expo / News
Expo / Prodotti
Imbragatura molto comoda e leggera, ideale per l’arrampicata su roccia a tutti i livelli.
Karpos Storm Evo Jacket, una giacca ideale per lo scialpinismo.
Un nuovo standard di calzatura polivalente per alpinismo tecnico e veloce, escursionismo impegnativo e vie ferrate.
Mammut Barryvox - ARTVA completamente rivisto l'interfaccia utente, per rendere l’apparecchio ancora più semplice e intuitivo e quindi anche più sicuro.
Scarponi da alpinismo per uomo performanti, versatili e resistenti.
Kilo è lo scarpone dedicato agli scialpinisti più esigenti, pensato e sviluppato per garantire la massima leggerezza in salita senza rinunciare alla performance in discesa.