Via Gogna-Cerruti alle Pale di San Lucano: prima invernale
Le Pale di San Lucano, Gogna le definiva così: "grandiosa e selvaggia architettura dolomitica, di dimensioni così ciclopiche come è raro trovare altrove".
Io le definirei, immense e repulsive, capaci di intrappolarti e di respingerti, infestate da orde di Mughi a guardia di rocce schive.
Su un articolo de "Il messaggero", se ne parla, definendole: "Pareti rimaste meno celebrate di altre, ma in cui vi si può praticare ancora un alpinismo di avventura, di ricerca, di sacrificio e di amore."
Questo è l’alpinismo che ho vissuto, un alpinismo che è ancora avventura. Quell’idea di partire costellata da dubbi e incognite, che ti lascia nell’incertezza di arrivare, e nel dubbio di quando poter tornare a casa.
Viviamo in un periodo in cui lo spirito di avventura è schiacciato dal conformismo e dalle regole, in cui la voglia di sognare di pochi, si scontra con la paura di molti per il lato selvaggio e primitivo di quella dea che si chiama Montagna.
Ed è proprio nei momenti in cui è più facile vietare, anziché comprendere la natura sognante dell’alpinismo, che l’eterno giovane fugge verso la Montagna, verso le pieghe più intime della sua veste, per ritrovarvi l’essenza.
Questa donna esigente, è una donna che si deve conoscere profondamente, perché se ne sta muta e silenziosa ad aspettare che ancora qualcuno si avventuri nel suo regno, nel suo grembo.
L’idea iniziale era quella di scalare la Gogna-Cerruti e di effettuare la prima ripetizione invernale. Beppe Tararan già nelle settimane precedenti era sicuro che ci sarebbero serviti 2 bivacchi.
Il 26 dicembre alle 8.30 siamo già nei pressi della Chiesetta di San Lucano. Ci incamminiamo brevemente per il Boral Di S.Lucano, e iniziamo ad attaccare il fianco della seconda Pala (m 2340). Facendoci strada tra i mughi, su un terreno ripido in cui spesso si è costretti ad afferrarsi a esili ciuffi d’erba per progredire nella salita.
Il morale è alto e la giornata calda, per questo mi risulta difficile pensare che sia già inverno. Il terreno privo di tracce ed indicazioni, si lascia scoprire palmo a palmo, ma sembra avere ugualmente il desiderio di indicarci la via più facile per raggiungere l’attacco della via.
Percorriamo gran parte dello zoccolo slegati, spesso "molleggiando" in equilibrio sopra a rami di mughi che in alcuni punti creano terrazze simili a fortezze inespugnabili.
Ci leghiamo in corrispondenza di un terrazzino roccioso e saggiamo la roccia, che si presenta subito, in tutta la sua fragilità e delicatezza. La progressione è lenta ed attenta, spesso mi soffermo a pensare a queste pietre che da anni non sentono la carezza lieve dell’uomo. Non ho il tocco molto delicato, visto che molto di questo patrimonio dell’UNESCO, mi resta in mano o mi scivola da sotto i piedi, andando in mille rovine.
La relazione di Alessandro Gogna risulta spesso preziosa, fugando dubbi ed incertezza, anche se spesso è la roccia stessa, come un tomo millenario ricoperto di polvere, che nella sua fragilità ci mostra la strada.
Lungo la via incontriamo alcune soste di calata, tracce di una probabile ritirata.
Alle 16.45 del pomeriggio raggiungiamo una grande cengia mugosa. Decidiamo di non indugiare oltre approntando il primo bivacco. L’abbondanza di mughi non favorisce un comodo giaciglio. Abbiamo con noi mezzo chilo di tortellini secchi, praticamente il nostro pranzo/cena/colazione.
Il bivacco trascorre lento, mattinata ventosa, ma un piccolo fuoco ci riscalda e alle 8.30 siamo già pronti per ritrovare la "via".
Ci caliamo in un canale per poi riprendere la grande cengia, nella speranza che la seconda parte della via regali un’arrampicata su roccia salda e compatta. Ma non è così, la sua struttura è fragile, delicata, e la concentrazione resta alta anche per il secondo giorno. Beppe la definisce "poco cotta".
Come nel primo giorno, le ore passano senza sosta, siamo ormai agli ultimi tiri, la speranza di uscire e di raggiungere malga Malgonera è tanta. Così tanta che nella mente di Luciano, stanco del peso del suo zaino, inizia a balenare l’idea di disfarsi del sacco a pelo (quasi 2 chili di peso). Non faccio a tempo di ricordargli che faremo sicuramente un secondo bivacco, quando sento il tonfo del sacco a pelo che si disintegra tra le rocce 500 metri sotto di noi. Nella fantasia, mi immagino una enorme nuvola di piume e qualche cacciatore che vedendola si chiede a che razza di uccello abbiano sparato i suoi colleghi.
Negli ultimi tiri della via incontriamo qualche vecchia sosta e alcuni dei chiodi originali lasciati da Gogna.
La precarietà dell’ultimo tiro mi ricorda un muro di mattoni, posto in equilibrio precario, senza un filo di malta a tenerli uniti. Claudio e Beppe si muovono leggeri, senza far cadere questo castello di carte, che sembra oramai stanco di reggere il peso del tempo.
Il secondo bivacco è proprio sotto la vetta, dopo gli ultimi incredibili metri vinciamo la barriera difensiva formata da coriacei mughi, che saranno il nostro materasso anche questa notte.
Beppe fortunatamente ha un sacco bivacco d’emergenza, e Luciano a differenza dell’acqua avanzata nelle nostre bottiglie, non si congelerà durante la notte, anche se passerà una nottataccia al freddo.
Verso le 8 lasciamo il nostro secondo bivacco, con il vento che ci sferza con tutta la sua forza. Riusciamo a raggiungere forcella Gares verso le 11.00.
Martina e Sabrina che ci aspettavano a Malga Malgonera, erano salite cariche di viveri, poco prima a controllare la situazione nella speranza di rifocillare questo manipolo di avventurieri, ma per pochi istanti non ci incontriamo. Ritrovandoci poco dopo più a valle.
Più che una scalata, una grande avventura. Queste le parole di Claudio Moretto.
Avevo già scalato un paio di volte la Gilberti-Soravito sullo spigolo nord dell’Agner, ma in confronto con questa avventura, mi è sembrata una scampagnata domenicale.
Di parole in questi 3 giorni, ne sono state pronunciate poche, nemmeno "buonanotte" ci siamo detti il primo giorno, tanta era la concentrazione richiesta per questo viaggio.
Ma con gli occhi e con la mente abbiamo sognato, quei sogni che fanno i bambini, quando si avventurano per la prima volta nel mondo sconosciuto ed ignoto, fatto di paure per cose mai viste, fatto di speranza per un tesoro nascosto. Nel nostro caso una gemma rara, delicata e fragile.
SCHEDA: Via Gogna-Cerruti, Pale di San Lucano, Dolomiti
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