Via della Salamandra nelle Pale di San Lucano, un piccolo seme di nuova vita in Dolomiti
La salamandra alpina, piccolo anfibio che popola i boral delle Pale di San Lucano, ha ispirato il nome della via che abbiamo tracciato io ed Arturo. Perché proprio la salamandra? Forse per omaggiare la forza di un piccolo animale che continua a "resistere" nonostante tutti gli eventi che hanno colpito questo meraviglioso angolo delle montagne agordine, come gli abitanti di queste vallate che faticosamente cercano di ricucire le ferite ancora aperte di questo territorio.
Nel settembre 2018, io ed il mio compagno Arturo Dapporto nel percorrere il boral della Besauzega alle prime luci dell’alba, ci eravamo meravigliati per la quantità di salamandre alpine che sbucavano da ogni parte.
Stavamo andando a cercare una via di Massarotto sulla Prima Pala, una via quasi dimenticata e forse mai veramente ripetuta, di quelle vie con poco niente a segnalare il passaggio degli apritori e di conseguenza non facile da trovare.
Infatti in quella occasione perdemmo le tracce poco dopo il secondo tiro disegnando così una variante diretta di cinque lunghezze che poi nella parte alta si sarebbe ricongiunta all’uscita della Via dei Fratelli.
Durante la salita avevamo osservato la possibilità di uscire attraverso degli strapiombi e delle placche lavorate, ma quel giorno non c’era tempo ne materiale per proseguire nell’apertura.
L’esperienza che ne era derivata su quella parete ci spinse ad immaginare una linea indipendente, diretta. Arriva ottobre e con lui un incendio ed un forte vento che lasceranno un segno indelebile sulle Pale, nei boral, ma anche a Nord, nel sentiero che da Pradimezzo conduce al bivacco Bedin, dove il piccolo ponte che permetteva il passaggio del torrente viene spazzato via.
Ridiscendere il boral della Besauzega è come entrare in uno scenario di guerra. I rami carbonizzati prima e spezzati poi dalla tempesta, le pietre cotte dal fuoco, fanno venire il magone, ma la natura vince sempre ne siamo convinti, basta darle tempo e aiutarla anche con piccoli gesti quotidiani come quelli delle persone che abbiamo visto risalire da sole i sentieri con una piccola motosega per liberarli dagli alberi caduti. Non è vero che l'uomo è capace solo di distruggere, c'è anche chi sa ri-costruire e mantenere vivo lo spirito dei luoghi che abita, in questi mesi le abbiamo incontrate queste persone: i primi giorni di gennaio risalivano faticosamente con la legna nello zaino fino al bedin per accendere ancora i "pavaroi" alla sera e rinnovare un rito di queste vallate.
Qualcuno a Pradimezzo ci ha offerto un passaggio quando ci ha visti sbucare un po' stravolti da sotto le volte delle case affrescate attraversate dal sentiero, altri non hanno esitato a darci consigli e informazioni sulle condizioni dei sentieri e del ponte crollato, altri incuriositi per la salita ci hanno invitato in casa a bere qualcosa e si sono fermati sulla strada a scambiare due chiacchiere, legati ai loro posti e forse un po' gelosi ma mai inospitali con chi si presenta. Poi c'è la salita cercata a più riprese e finalmente arrivata, ma prima e soprattutto c'è il ricordo di una fatica condivisa con queste persone.
Io ed Arturo ci siamo appassionati molto a questi luoghi, così lontani dalla fretta cittadina, luoghi che richiedono pazienza, il saper attendere, che riservano sempre sorprese, così arrivato l’inverno abbiamo deciso di entrare nuovamente nel cuore delle Pale scoprendo con gioia il suo incessante pulsare.
Il freddo ci ha respinti a gennaio dopo essere giunti al Bedin, così abbiamo ritentato a marzo ma le condizioni di innevamento non ci hanno permesso nemmeno di arrivare al bivacco. Questi giorni di tentativi però ci regalano momenti di un’intimità magica con queste montagne, felici di poterla sentire respirare.
Finalmente il 29 giugno torniamo al cospetto della Prima Pala, una salamandra ci dà il buongiorno proprio vicino all’attacco che avevamo preventivato, è un buon auspicio ed in cuor mio penso nuovamente alla natura che resiste, si moltiplica, va avanti, e così mi lascio alle spalle le immagini dei mughi ed abeti carbonizzati dall’incendio.
Partiamo per questo viaggio, soli fra le pareti, pochi chiodi con noi, quelli per le soste e qualcuno in più per i passaggi. Il ritmo della cordata si fa fluido, la serenità che ci avvolge è disarmante a volte, così i tiri si susseguono intervallati dal tintinnare dei chiodi che entrano a forza e sudore nelle fessure.
Siamo entusiasti, nell’andare avanti la roccia continua a sorprenderci, piena di clessidre, buchi, a volte i passaggi sembrano disegnati, così dopo dodici ore di meravigliosa arrampicata usciamo nei prati sommitali lasciando il libro di via sotto al mugo dove si sosta.
La gioia e la consapevolezza di questa avventura sono arrivate più avanti, come spesso capita dopo tali giornate, che per noi hanno rappresentato un piccolo atto di resistenza o meglio un piccolo seme di nuova vita.
di Jacopo Biserni
SCHEDA: Via della Salamandra, Pale di San Lucano, Dolomiti
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