Superbalance, Polar Sun Spire, Baffin, intervista con Marek Raganowicz

Intervista con l'alpinista polacco Marek Raganowicz che, in aprile e maggio 2012, con Marcin Tomaszewski ha aperto una nuova big wall, Superbalance (VII, A4, M7+) sulla Polar Sun Spire, Baffin Island.
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"Condizioni brutti non bastano come scusa. Abbiamo deciso di arrampicare ogni giorni. Qui ci prepariamo per il 27° tiro"
Marek Raganowicz

Equilibrio precario. Un'eccezionale lotta tra gli elementi, tra le forze della natura a Baffin, l'isola più grande del Canada. Ma anche un'eccezionale pace, interna ma anche tra i due componenti della spedizione. Di tutto questo ci racconta il fortissimo alpinista polacco, il 50enne Marek “Regan” Raganowicz che in 24 giorni, la scorsa primavera, ha realizzato - assieme al 37enne Marcin Tomaszewski - un'immensa via sulla Polar Sun Spire che si distingue per la purezza della linea e la difficoltà complessiva dell'esperienza.


SUPERBALANCE, POLAR SUN SPIRE, BAFFIN ISLAND
Intervista con Marek Raganowicz

Partiamo dall'inizio. Come mai questa montagna? Era la vostra prima volta sull'Isola di Baffin?
Questo era il mio primo viaggio in questo mondo dei sogni, mentre un paio di estati fa Martin ha aperto una nuova via proprio in quella zona, sul Monte Thor. Perché questa montagna? Beh, la Polar Sun Spire è la montagna più alta dell'Isola di Baffin, quindi che altra scelta avevamo? Qualsiasi altra cima sarebbe stata una sorta di fuga da questa montagna e dai nostri sogni. Così abbiamo deciso di cogliere questa sfida, guardandola in faccia.

La via sembra seguire una linea evidente.
Sì, appena abbiamo iniziato ad analizzare le foto della parete abbiamo identificato questo punto “debole” come possibile linea per una nuova via. Naturalmente non sapevamo con certezza come le cose sarebbero andate a finire, e questo spiega perché abbiamo portato con noi tutta l'attrezzatura per chiodare una difficile via in artificiale. Quando poi siamo finalmente arrivati alla base della parete siamo stati immensamente felici nel vedere che il Boomerang – come abbiamo chiamato quella evidente fessura-diedro di forma arcuata – si presentava abbastanza in buone condizioni. Non abbiamo perso un minuto: la mattina successiva abbiamo iniziato la nostra salita e abbiamo raggiunto la cima 24 giorni dopo.

24 + 1 di discesa fanno 25 giorni di freddo intenso... nei quali avete anche affrontato difficoltà fino all' M7+ e A4!
Quasi tutti i giorni le temperature scendevano fino a circa meno 20°C. L'ultima settimana però si sono alzate un po' così abbiamo goduto anche di un po' di calura con il termometro a circa -5°C ;-) Per quanto riguarda le difficoltà affrontate, è difficile paragonare i gradi in libera con l'artificiale quando si sale in inverno, sono due cose molto diverse, ma diciamo che in queste condizioni erano entrambi piuttosto difficili. Io ho salito l'A4 e Marcin invece il tiro di M7+ ... Dopo questa esperienza ho il massimo rispetto per Marcin, per la sua arrampicata, le sue capacità e la sua resistenza.

Avete dovuto forare la roccia con qualche buco per la progressione. Quali criteri usi?
Ovviamente non ci sono criteri oggettivi e per certi aspetti ho usato la mia esperienza maturata in 6 anni di big wall in Yosemite. La Polar Sun Spire Sole è abbastanza liscia in alcune sezioni e grazie all'esperienza di Mark Synnott eravamo pronti a salire anche molto in artificiale. Ma il nostro obiettivo era ovviamente quello di aprire una via che fosse il più naturale possibile e adesso, guardando quello che abbiamo fatto, penso che gli spit piantati a mano sulle soste a causa della roccia marcia e i 15 rivets su 1700m di via non sono poi così tanti. Abbiamo fatto due buchi per unire due sezioni lisce all'inizio del tiro di A4, poi abbiamo forato altre 13 volte per superare dei tratti di roccia marcia sul 16° e 28° tiro. Credetemi, abbiamo fatto del nostro meglio per evitare di danneggiare la roccia e siamo davvero orgogliosi del risultato.

Parlaci allora di questa qualità della roccia
Bene, nel Boomerang la roccia era terribile e credo che solo il freddo ci ha permesso di salire questa sezione in relativa sicurezza. In tutto abbiamo avuto 5 corde spezzate in più punti, e questo la dice lunga sulla qualità della roccia nella parte bassa della via. Fortunatamente sopra il Campo III è migliorata notevolmente.

Parlando di campi... Dalla foto il Campo 2 non sembra un granché.
Abbiamo portato una portaledge, quindi la nostra principale preoccupazione era di trovare la neve per avere l'acqua sufficiente per i pasti, ma alla fine abbiamo sempre trovato buoni posti per i nostri campi e questo non si è rilevato un problema. In generale, essere in uno spazio ristretto e piccolo per 22 notti è una difficile prova per dei climber, ma abbiamo sicuramente superato questo esame ;-) Abbiamo dovuto condividere tutti i doveri quotidiani, come cucinare, ricaricare le batterie, la riparazione del materiale. Non abbiamo avuto nessun problema, c'era una comprensione reciproca, e tante parole non sono state necessarie. Ma per la nostra prossima via abbiamo bisogno di una portaledge nuova, la nostra era troppo vecchia e troppo piccola. Inoltre, è stata colpita da delle pietre e dopo la salita abbiamo dovuto buttare via il tetto esterno.

Un piccolo team di due persone... quanto vi siete sentiti esposti e da soli?
All'inizio del progetto abbiamo cercato un terzo membro, ma alla fine abbiamo rinunciato ed è stata come un'illuminazione. Ci siamo resi conto che con un team di due persone, sarebbe stata una vera sfida e questo era esattamente quello che volevamo. In una frazione di secondo siamo stati presi dall'entusiasmo e ci siamo stretti la mano dicendo: "Sì, lo facciamo!" Molto più tardi però, in alto in parete, abbiamo dovuto lavorare duramente per motivarci a vicenda, ogni giorno. Un solo errore avrebbe potuto spezzare le nostre speranze e i nostri sogni. Siamo stati molto attenti e, al tempo stesso, sufficientemente pazzi per finire la nostra via. Penso che la fonte della nostra comprensione reciproca derivi dal fatto che siamo entrambi arrampicatori che amano salire in solitaria. Guardiamo le cose dalla stessa angolazione, dallo stesso punto di vista. E' stato sorprendente constatare quanto eravamo calmi in parete e come tutto, alla fine, sia filato liscio.

Le difficoltà, il freddo... la via sembra un'impresa molto polacca.
Una volta Voytek Kurtyka ha detto che l'arrampicata è l'arte di soffrire. Abbiamo parlato di questa citazione in parete e ci siamo detti "Sì, se questo è vero, oggi siamo come Leonardo Da Vinci e Michelangelo ;-)"
Scherzi a parte, sì, alcuni alpinisti polacchi hanno davvero la pelle dura e noi non facciamo altro che cercare di seguire il loro esempio. Per noi, tutti coloro che salgono in Himalaya in inverno sono in cima alla classifica. E' vero, ci sono tanti nomi di alpinisti duri, come Kurtyka, Kukuczka, Rutkiewicz, Wielicki, Piotrowski, Hajzer, Golab, Piecuch, Fluder... Detto questo però, non credo che questo sia necessariamente una qualità che si trova soltanto in Polonia. In parete abbiamo ricordato altri alpinisti come Walter Bonatti, Renato Casarotto, Silvia Vidal, Simone Moro, Denis Urubko. E abbiamo un grande rispetto per quelli che salgono in solitaria sull'Isola di Baffin, in Patagonia ed in altre aree remote, in particolare per Mike Libecki, Charlie Porter, Jim Beyer e Dave Turner. Tutti questi rappresentano la scuola polacca ;-)

Che cosa cercate nelle vostre vie?
È difficile sostenere la tesi che aprire una nuova via sia paragonabile alla realizzazione di un'opera d'arte, ma è sicuramente un atto di creazione e noi ci siamo espressi in questa maniera. Sulla Polar Sun Spire siamo stati costantemente in bilico, sul bordo, abbiamo avuto l'inarrestabile impressione che qualcosa di speciale stava accadendo ogni giorno. Sì, aprire una nuova via è una forma unica di creazione.

Ultima domanda: con Superbalance avete creato la via della vostra vita?
Era la nostra prima via aperta assieme, come team. Così mentre salivamo continuavamo a parlare delle nostre precedenti esperienze. Entrambi eravamo d'accordo che questa sia stata la salita più difficile della nostra vita. Penso che ognuno di noi abbia salito difficoltà più alte, ma in questo caso la parete, le condizioni, lo stile e le difficoltà complessive sono state eccezionali. Due persone, in quell'ambiente particolare, alimentati dall'ossessione, quella parete sopra le nostre teste... crediamo veramente di aver scoperto un equilibrio eccezionale tra tutti gli elementi, tra noi due e anche dentro noi stessi. Una pace speciale. Ed è per questo che alla via abbiamo dato il nome Superbalance, un equilibrio superbo.


Ringraziamento: Club Alpino Polacco. Major Sponsor: CAN Offshore Ltd. Materiale: Zamberlan, Grivel, Goal Zero, Edelrid

Superbalance fa parte di 4 Elements, un progetto che mira non soltanto ad aprire nuove vie in tutto il mondo, ma anche di aiutare bambini malati di cancro attraverso la fondazione Fundacja Spelnionych Marzen. Per maggior informazioni seguire questo link.


Marek Raganowicz
2006 Yosemite, El Capitan, Zodiac, solo, clean (hammerless), C3+
2007 Yosemite, El Cap, South Seas, solo, A4-
2008 Yosemite, El Cap, The Shield, solo, A3, C4
2009 Yosemite, El Cap, Tangerine Trip, solo, clean, C3
2011 Yosemite, El Cap, Mescalito, solo, clean, C3 & Zenyatta Mondatta, solo, A4-, (2 giorni di riposo tra le due vie)

Marcin Tomaszewski
2000 Groenlandia, Nalumasortoq, Planet Conspiracy, nuova via 900m, A3+, VIII
2001 Pakistan, Nangmah Valley, Denbor Brakk, nuova via ca. 500m A3+
2002 Baffin Island, Mount Thor, nuova via 1350 m, A4, VIII+
2003 Alaska, Citadel, Last Cry of Butterfly, nuova via 1150m, A4
2006 Cerro Torre, Via del Compressore
2010 Venezuela, Acopan Tepui, nuova via 7c, 650m





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