Stile Libero alla Torre Venezia in Civetta di Alessandro Baù & Co
La Torre Venezia è stata un mio obiettivo da quando ho visto la copertina di un vecchio Pareti che immortalava Christoph Hainz impegnato su Rondò Veneziano. L’alpinista altoatesino aveva risolto in maniera brillante il grande tetto centrale e le foto erano veramente accattivanti. Lo stesso magazine raccontava anche l’apertura solitaria di Venturino De Bona su W Mexico Cabrones in Civetta, di cui ho fatto la prima ripetizione: posso dire che quel numero sia stato una vera fonte di ispirazione.
Dopo l’apertura di Chimera Verticale e Colonne D’Ercole, avevo un po’ perso lo stimolo di frequentare il gruppo del Civetta, avevo percorso troppe volte i sentieri, con tanti bivacchi in parete e innumerevoli metri verticali. Ma si sa, i grandi amori non tramontano mai ed eccomi tornare, con nuova energia e una consapevolezza diversa.
Qualche anno fa in compagnia di mio padre e mia moglie, ho salito la bella Ratti Panzeri, grande classica che affronta con eleganza la parete sud-ovest. Poco prima del lungo traverso che caratterizza la parte centrale, scorgo un’enorme pilastro giallo che attira la mia attenzione. A casa spulcio qualche foto e trovo un sistema di fessure e tetti che collega anche la parte bassa in maniera del tutto indipendente. Chiamo Lorenzo D’Addario, non resta che provare!
Il primo tiro è veramente strano, lo chiamiamo l’Harding Slot delle Dolomiti visto che si tratta di un camino obliquo ad incastro di corpo che ricorda, “con un po’ di fantasia”, il famoso tiro di Astroman in Yosemite. Un secondo tiro su bella roccia grigia, porta allo scudo giallo superiore solcato da una fessura che conduce dritta sotto ad un tetto a scala. Il primo giorno di apertura è terminato a metà del terzo tiro sotto una pioggia battente.
Lorenzo è preso dal lavoro, così torno con mio fratello Matteo. La salita di questa sezione è difficile, sia per l’arrampicata che per la qualità della roccia. Con esperienza bisogna saper scegliere gli appigli giusti e con potenza salire leggeri. Quando arrivo sotto il tetto a scala, sono abbastanza intimorito, ma la roccia riserva spesso delle belle sorprese: le prese sono nei punti giusti e posiziono un ottimo friend numero 4 in uscita dal tetto, cosa chiedere di più?
Alla sosta successiva la nostra linea incrocia la Ratti Panzeri che continua obliquando a destra, mentre noi prendiamo la direzione opposta. Ora siamo in parete aperta, proprio nel mezzo del pilastro visto con mio padre. Roccia grigia si alterna a sezioni gialle ugualmente compatte, la scalata è veramente piacevole e non troppo difficile. Con i piedi su una minuscola cengetta, attrezzo con stupore una sosta a 3 chiodi lunghi. Entrano nella roccia compatta in corrispondenza di altrettanti piccoli buchi; sembra di avere un trapano in mano al posto del martello! L’arte di chiodare, di sentire cantare il chiodo, di saper valutare il posizionamento e la sua tenuta fidandosi di volarci sopra, è una degli aspetti più affascinanti di questo tipo di apertura.
Un tetto fessurato da incastro di mano e pressione con i piedi in spalmo ci porta alti sul pilastro, siamo felici e vediamo ormai vicina la tozza cima della Torre Venezia. La giornata purtroppo è finita e, come sempre, rientriamo a notte fonda.
Risalendo la Andrich e attraversando a destra prima del grande diedro sommitale ritorniamo alla nostra ultima sosta. Riparto e, non senza fatica, apro un altro tiro. Poi ci rendiamo conto di aver cantato vittoria troppo presto. Davanti a noi una sezione di 15 metri di roccia marcia. Guardo Matteo negli occhi e capisco subito che non ha intenzione di provare; quanto vorrei aver avuto un cambio in questo momento. Con la mente stanca parto ma non faccio più di 3-4 metri; siamo di nuovo costretti a ritirarci. Una volta a casa mi chiedo se abbia senso continuare su quella roccia. Poi penso a quante belle vie mi sia capitato di scalare con qualche tratto scabroso e capisco che quel pensiero è solo una debolezza della mia mente, un modo per cercare una scappatoia: non ho scuse, devo tornare.
Ci riprovo verso fine ottobre con Federico Tosi ma, nonostante le previsioni preannunciassero una bella giornata autunnale con zero termico basso, ci troviamo avvolti dalle nuvole con vento teso e un freddo che proprio non riesco a contrastare. Sono ibernato e non c’è verso di scalare su quelle difficoltà. Con molta delusione, finisce la stagione.
L’anno successivo a Laste incontro Fabio Valseschini che entusiasta decide di unirsi per la resa dei conti. Per superare quella sezione marcia devo cedere, con dispiacere, ad un misto tra libera e artificiale perché la qualità delle protezioni e delle prese non mi permette di osare di più. Dopo ore di dubbi, esco stremato da un tiro che pensavo avrebbe interrotto la nostra avventura.
Raggiungiamo finalmente la cengia circolare da dove la vista sulla Busazza e i contrafforti della Val dei Cantoni è veramente spettacolare. Questo penultimo tiro rimane l’unico non liberato, anche dopo la giornata passata in parete con Ivo Maistrello. Quel giorno sono rimasto abbastanza stupito del fatto che sulla fessura del quarto tiro, alcuni chiodi che credevo aver piazzato a "regola d’arte" fossero mobili e insicuri; strano. Non so darmi una spiegazione, meglio comunque ribatterli.
Mettiamo così la nostra firma sulla Torre Venezia, chiamando la via Stile Libero per ringraziare la mitica Cristina di Agordo! E’ una salita logica ed estetica, peccato ci siano 2 sezioni di roccia (3°, 4° tiro e il 10° tiro) che richiedono una certa padronanza su terreno "delicato". Dedico la via a Bicio e Carletto, Michele Chinello e Carlo Gomiero, due amici di Padova mancati l’anno scorso sul Sass Maor.
Mentre scrivevo questo racconto una parte della Torre Venezia è crollata; fortunatamente senza coinvolgere nessuno e neanche la nuova via. Consiglio a tutti di aspettare un po’ per andare a mettere nuovamente le mani su questa parete.
Ringrazio Andrea Favretti, per tutte le volte che ci ha risparmiato il lungo avvicinamento.
Alessandro Baù ringrazia: Scarpa Spa, Camp-Cassin, Montura, Dynastar, Salice, Reload Climb, www.xmountain.it
Link: IG Alessandro Baù