Scotland Climbing Trip - part 5

Il tour di arrampicata invernale in Scozia di Francesco Filippone, Mauro Rossi, Marcello Sanguineti e Christian Türk. La quinta ed ultima puntata: Ben Nevis e Creag Meagaidh.
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In vetta al Ben Nevis, in una rara giornata di visibilità
Filippone - Rossi
Durante precedenti viaggi in Scozia, sia Christian sia io “abbiamo già dato” sul Ben Nevis, ma concludere la nostra “Scotland Climbing Trip” con una via sul Ben è un’idea che ci solletica. Detto fatto!

Mentre Mauro e Francesco puntano al Creag Meagaidh, iniziamo la nostra lunga giornata sul Ben. L’obiettivo è Gargoyle Wall, sul Number Three Gully Buttress. Dopo quasi due ore per arrivare tranquillamente alla CIC Hut, un’altra oretta su pendii nevosi sempre più ripidi ci porta all’attacco della parete. In questi giorni c’è il “Fort William Mountain Festival” (www.mountainfestival.co.uk/) e le classiche del Ben sono affollate. Sulla “nostra” Gargoyle Wall, invece, siamo soli soletti.

La via prende il nome dalla struttura rocciosa a destra della sosta del secondo tiro, simile a una di quelle figure mostruose – chiamate “gargolle” o “garguglie” – che in certe chiese ornano la parte terminale degli scarichi dei canali di gronda. Percorsa in parte da Carrington e Nicolson nel 1977, nella sua versione integrale fu aperta solo una ventina d’anni più tardi, nel 1998, da Richardson e Cartwright. Viene definita come “one of the finest mixed routes on the Ben” ed è sicuramente all’altezza della fama!

Il secondo tiro è un piccolo capolavoro, lungo un camino che può essere secco o corazzato di ghiaccio. Nel primo caso è più facilmente proteggibile, mentre in condizioni secche, come lo troviamo noi, è agevolata la progressione. In compenso, lo strato di ghiaccio di pochi centimetri, appena sufficiente per battere molto dolcemente piccozze e ramponi, è perfetto per nascondere le fessure in cui ci si dovrebbe proteggere... Quanto alle viti da ghiaccio, sono in pratica inesistenti e faccio prima a dimenticarle… Proseguo con la dovuta cautela, assaporando ogni passaggio. La quarta lunghezza, che rappresenta il tiro chiave, supera in dry le “Gargoyle Wall Cracks”. Si tratta veramente di un “memorable crux” – come descrivono Nisbet, Anderson & Richardson nella loro guida ”Scottish Winter Climbs” – e mi vede arrampicare mentre alterno i movimenti a esclamazioni di puro godimento. La cordata che ci sta osservando dalla Number Three Gully si sarà chiesta più volte cos’ha da gridare quel tipo che sta scalando sopra di loro…!

Faccio sosta nel più puro “stile scozzese”: un torque nut e due cliffs da ghiaccio. Con un’esteticissima lunghezza in un diedro impestato di ghiaccio Christian esce dalla Gargoyle Wall. Partiamo subito alla ricerca della cornice della Number Three Gully, per percorrere in discesa questa goulotte, rientrare alla CIC Hut e poi a Fort William. Mauro e Francesco, che sono stati sul Ben Nevis un paio di giorni prima, hanno puntato al Creag Meagaidh per l’ultima salita del nostro “Scotland Climbing Trip”. Passo la parola a Francesco, che ci racconta le loro salite sul Ben e sul Creag.

Marcello Sanguineti (CAAI)

Mentre Marcello e Christian sono impegnati sullo Stob Coire nan Lochan, in Glen Coe (Scotland Climbing Trip – Part 2), Mauro ed io imbocchiamo il sentiero per la parete nord del Ben Nevis. Qualche giorno prima di partire per la Scozia, curiosando nel sito UKClimbing, avevo scovato un tizio che offriva due posti alla CIC Hut, il rifugio ai piedi della mitica parete nord del Ben, in seguito alla rinuncia di un amico. Incredibile, proprio nel periodo di nostro interesse! Non ci avevo pensato un attimo, così dopo qualche email e una curiosa telefonata avevamo i nostri due posti assicurati!

Attraversato un bosco di betulle ricoperte di muschio, il sentiero comincia a salire ripido, spiana e prosegue tra rocce ed erba. In meno di due ore siamo al rifugio. In breve ci accorgiamo che tutti, tranne noi, hanno i sacchi a pelo. Cominciamo a cercare qualche coperta, ma non troviamo nulla. Capiamo che ci aspettano due notti poco confortevoli… Il tipo che ci ha dato la possibilità di stare qui usa un modo molto "britannico" per chiederci i soldi del pernottamento: "Per mantenere i buoni rapporti esistenti tra i nostri due Paesi … sarebbero 15 sterline a testa".

L’indomani mattina partiamo alla volta di Point Five Gully, un “must” per chi, come noi, è alla prima esperienza sul Ben Nevis! Arriviamo alla base poco prima delle 8 e iniziamo a preparare il materiale. Mi offro di partire. Il primo tiro inizia a 70°, poi la pendenza aumenta. Il secondo si presenta come un camino ghiacciato; parte Mauro, che sale l'entusiasmante lunghezza godendo ad ogni passo. Più che in un camino sembra di essere dentro un toboga; il passaggio è stretto e racchiuso fra rocce completamente rivestite di ghiaccio. Dalla sosta osservo il famoso “Rogue Pitch”. I primi 10 metri sono facili, poi la scalata si fa più impegnativa. Salgo sulla sinistra, piazzo due viti e sono a metà della sezione verticale, piazzo un'altra vite sulla destra e proseguo. In uscita c'è meno ghiaccio, la neve non è durissima e non ci si può proteggere. Pedalo ed esco soddisfattissimo. Salgo il tiro successivo su neve dura a 60°, uno spettacolo!! Finisco la corda senza aver trovato un buon punto di sosta, urlo a Mauro di proseguire 20 metri in conserva e sosto su un blocco di ghiaccio alla base della lunghezza successiva. Parte Mauro, mette una vite dubbia e corre verso l'uscita. Non riesce a piazzare null'altro … supera la cornice ed esce al sole! La vetta è un pianoro dal quale si gode una vista magnifica. Ebbene sì: sembra incredibile, ma c’è perfetta visibilità, cosa rara sulle Highlands! L'occhio spazia a 360° su monti, laghi e, soprattutto, verso il mare.

Rientrati alla CIC hut, per la giornata successiva ci giochiamo a cirulla la scelta fra Green Gully e Tower Ridge. Stravinco io e, pur preferendo la prima, scelgo Tower Ridge, “sponsorizzata” da tutti i presenti - che hanno assistito divertiti alla nostra sfida a carte. L’indomani mattina, però, il forte vento ci fa cambiare obiettivo e puntiamo a Green Gully. Robert, un sudafricano rimasto senza corda e compagni, si unisce a noi. La goulotte è un bel nastro che incide il versante destro di The Comb, sul Coire na Ciste, filando per circa 200 metri. Man mano che saliamo il cielo s’inscurisce, poi entriamo nelle nuvole. L’ambiente si trasforma in qualcosa magico, tutto ovattato. Altro che visibilità: ora sì che sperimentiamo le “true conditions” scozzesi!

Usciamo in vetta nella nebbia più fitta; come ogni cosa, anche noi siamo ricoperti da un velo di ghiaccio. Per scendere mettiamo mano alla bussola, procedendo per 100 metri a 231°. Ci ritroviamo, o almeno lo pensiamo, sulla traccia di discesa; cambiamo azimut e ci dirigiamo verso Number Four Gully. Ci imbattiamo in due tipi con due grossi zaini. Uno di loro ha in mano un martello da carpentiere...! Sono due escursionisti che intendevano trascorrere la notte in vetta al Ben e adesso vorrebbero scendere, ma non sono in grado di farlo. No comment. Robert si offre di accompagnarli lungo la via di discesa, così ci separiamo: Mauro ed io andiamo alla ricerca della Number Four Gully, il nostro canale di discesa. Alle cinque siamo già al lodge in attesa di Marcello e Christian, che rientrano dopo le nove dalla Lost Valley, in Glen Coe (Scotland Climbing Trip – Part 3) e trovano una cena degna di un principe...

L’ultimo giorno della vacanza, mentre Christian e Marcello sono sul Ben Nevis, Mauro ed io puntiamo al Creag Meagaidh, nelle Central Highlands. Avevo “scoperto” questa montagna durante la lettura di “Su Ghiaccio Sottile” di Mick Fowler. Con toni intrisi del miglior humor inglese, Fowler racconta le scorribande scozzesi effettuate con gli amici in lunghi week-end con partenza e rientro a Londra, durante le quali aprirono numerose vie. Ecco, finalmente, l’occasione per fare una visita a questa montagna, il cui nome significa più o meno “la roccia delle terre paludose”. Dal suo grande plateau sommitale si dipartono varie creste, che racchiudono vari “corries”. Fra questi c’è il Coire Ardair, che, con i suoi 3 chilometri di lunghezza e una parete di circa 500 metri, offre vie al livello delle grandi classiche sul Ben Nevis.

Iniziamo l’avvicinamento in un contesto molto poco alpino, con ampi prati e dolci rilievi che ci portano in breve a domandarci di essere sul sentiero giusto. Improvvisamente, dopo un’ampia svolta a sinistra, spuntano Post Face e Pinnacle Buttress. Su quest’ultimo, del quale Marcello ci aveva parlato entusiasta, individuiamo la Smith’s Gully, capolavoro di Marshall e Tiso, e The Fly Direct, famosa via di Fowler e Saunders. Dopo una breve sosta sotto un grosso masso erratico ci infilammo nella Raeburn’s Gully, ripida quanto basta per farci soffiare, conducendoci alla base della Smith’s Gully, il nostro obiettivo.

Il tiro si presenta subito poco malleabile, con una colata di ghiaccio che riveste un vago diedrino e richiede a Mauro un paziente lavoro. La lunghezza successiva supera uno stretto e spettacolare colatoio, nella cui parte iniziale è presente un classico passaggio di “neve verticale”. Poi il colatoio si stringe, permettendo una salita in opposizione veramente esaltante. Arrivo alla Appolyon Ledge, dove attrezzo una bella e solida sosta utilizzando con soddisfazione i torque nuts freschi di negozio. L’ambiente è eccezionale e la salita si sta rivelando di gran classe. Il tiro successivo è caratterizzato da una corta colata di ghiaccio che conduce a un muro di neve strapiombante: Mauro deve dar fondo a tutte le sue risorse nella posa delle protezioni.

Sul plateau sommitale la nostra soddisfazione è palpabile. Raccolto velocemente il materiale, ci uniamo a tre alpinisti scozzesi nella discesa della Easy Gully.

Francesco Filippone

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SCOTLAND CLIMBING TRIP 2013

28/02/2013 - Scotland Climbing Trip - part 1 - Coire an Lochain
11/03/2013 - Scotland Climbing Trip - part 2 - Stob Coire nan Lochan
19/03/2013 - Scotland Climbing Trip - part 3 - Coire Gabhail
27/03/2013 - Scotland Climbing Trip - part 4 - Glen Coe Church Door Buttress





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