Quo Vadis, la scheda della via e la cronostoria della libera di Tondini sul Sass dla Crusc
Come promesso ecco tutti i dettagli di Quo Vadis. Alla fine del 2010 avevamo dato un preciso resoconto dell’apertura di “Quo Vadis” al Sass dla Crusc. Su questa bastionata che si erge sopra la Val Badia, io e Ingo avevamo vissuto un’esperienza mentalmente molto impegnativa, che in 8 giorni di apertura, distribuiti nell’arco di 3 mesi, ci aveva portato al limite delle nostre capacità di apertura in uno stile il più possibile puro: protezioni tradizionali su chiodi e friends, con sole 2 sezioni più “sportive” (una di 10m sul 10° tiro e una di 7m sul 13°), ma soprattutto l’assoluto non uso dell’artificiale per l’apertura (inteso sia come passaggio, che come resting aggiuntivo sui cliff, tra le protezioni lasciate). Ogni singolo passaggio in apertura era stato aperto in libera. Dove ci si era fermati sui cliff, ora è presente un chiodo o, in 7 punti, un fix.
Ma prima di offrirla ai ripetitori, volevamo renderci conto di cosa avevamo creato, percorrendo tutti i tiri in libera. La severità utilizzata nell’apertura, l’abbiamo pagata la scorsa estate. Mettere insieme gli innumerevoli passaggi obbligatori presenti sui 7 tiri chiave (tra il 7c e l’8a+) si è rivelato tutt’altro che facile. Le sezioni dure sono tante e con caratteristiche decisamente alpinistiche. “Il totale si è rivelato molto più duro della semplice somma delle parti”.
Guardando ora a distanza, alle due stagioni passate su questa parete, i ricordi più belli li ho legati alle giornate di apertura. I dubbi di dove salire, su come riuscire a proteggersi principalmente con quello che offriva la roccia, la paura di rischiare di finire su delle zone non arrampicabili, erano veramente forti. Non so quante volte io e Ingo ci siamo confrontati, quanto abbiamo studiato la parete dalla valle, anche se poi le sequenze di appigli spesso ci portavano altrove. Ne è risultato, per me e Ingo, un capolavoro di logicità, che a parte i pochi metri indicati, ha una connotazione fortemente alpinistica e che ora, anche se la salita tutta di un fiato della via non l’abbiamo ancora realizzata (sono solo stati liberati a più riprese tutti i tiri), offriamo volentieri alle tante forti cordate che girano sulle Alpi, sperando di avere presto la notizia della prima ripetizione e capire, così, il reale livello della nostra creazione.
La relazione è molto precisa. Sono anche indicati i tiri di corda che necessitano di friends grandi (2,0-3,0-5,0 Camelot/BD ), onde evitare di doverseli portare in giro su tutti i tiri. Dove è segnato che servono (anche il 5,0) è decisamente utile averli.
Nicola Tondini, Guida Alpina XMountain – Guide Alpine
Ingo Irsara, Guida Alpina
SCHEDA: Quo Vadis, Sass dla Crusc, Dolomiti
CRONISTORIA D’UNA LIBERA di Nicola Tondini
Fine Maggio 2011. La neve è quasi scomparsa dalla base delle pareti dolomitiche. Finalmente possiamo andare a rimettere le mani su Quo Vadis, sul nostro superprogetto finito nell’autunno precedente. L’impatto con nostra linea è però traumatico. A metà del 6° tiro siamo già fusi e scendiamo. Ho salito in libera solo 4 tiri. Quello del tetto di 7c+, lo riesco a provare solo a resting e il 6° tiro sembra richiedere una preparazione maggiore.
Torniamo sulla via solo dopo Ferragosto: in due giorni completiamo i tiri che ci mancano da provare. Per ora colleziono solo una valanga di resting e di voli. Il 9°, 10° e 11° tiro (rispettivamente 8a, 8a+, 8a) mi sembrano ancora un bel rebus e mi stupisco di averli aperti io.
A metà settembre, chiedo l’aiuto a Luigi Billoro e a Luca Montanari, per provare i 6 tiri finali, dove al momento ho i maggiori problemi: 7c, 8a, 8a+, 8a, 6a, 7c . L’unico che riesco a portare a casa in libera, proteggendomi, è l’ultimo.
Così a fine Settembre, mi trovo ad avere provato tutte le sezioni della via. Ma dei 13 tiri di Quo Vadis, ne ho liberati solo 7 (6b+, 6c, 6c+, 7a+/7b, 7a, 6a,7c). Su tutti gli altri (7c+,7c+, 7c, 8a, 8a+, 8a) ho molti resting ancora da togliere.
Il 4 Ottobre, parto con l’idea di liberare tutto in due giorni. Faccio in libera i primi 7 tiri con Ingo, fino alla cengia mediana. Il giorno dopo raggiungo la cengia con Emanuele Pellizzari facendo la prima parte del Diedro Mayerl. Riesco a salire in libera l’8° e il 9° tiro (7c e 8a), ma sui successivi non c’è niente da fare. Dedico tutto il tempo che posso alle sezioni chiave di questi due tiri. Sono un po’ abbattuto. Per il mio livello, una sequenza di tiri così sostenuta e da fare su protezioni classiche pare essere troppo.
Dopo altre 3 settimane di allenamento, torno sul Sass dla Crusc il 29 Ottobre, con Luca Montanari, per un ultimo tentativo. Sulle montagne c’è già un po’ di neve, ma le temperature sono estive. La giornata è magnifica, come quasi tutte quelle che ho passato su questa montagna. I colori che si possono godere in questa stagione sono unici e riempiono il cuore. Raggiungiamo la cima a piedi e ci caliamo fino alla sosta da cui parte il 10° tiro, quello più duro. Lascio però i rinvii sui 3 fix e su 5 chiodi. Il tiro mi riesce, così come il successivo. Finalmente posso dare un grado preciso a tutta la via, avendo fatto in libera ogni tiro proteggendolo dal basso (ad eccezione del tiro chiave).
Con Ingo portiamo a Marzo la relazione al rifugio del Sass dla Crusc. Salutiamo i gestori, che per due stagioni ci hanno visto salire e scendere inesorabili da questa parete e che qualche volta hanno dovuto rispondere ai curiosi turisti, che domandavano chi mai fossero quei due alpinisti così scarsi, che in una giornata intera non riuscivano a salire che di qualche metro!!!
Un grazie a Luca Montanari, Luigi Billoro ed Emanuele Pellizzari per le giornate passate in parete
Un ringraziamento particolare a Paola Finali e Andrea Tosi per le foto, i video e il montaggio.
SPONSOR
TONDINI: Marmot per l’abbigliamento tecnico, Ferrino per gli zaini, Edelrid per materiale tecnico, Wild Climb per le scarpe di arrampicata, Keyland per le scarpe d’avvicinamento e il negozio Turnoversport.
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