Nuove vie sul Cerro Tornillo e Cerro Antamina in Perù di Nicolò Geremia, Thomas Gianola e Giovanni Zaccaria

Il report scritto da Nicolò Geremia, Thomas Gianola e Giovanni Zaccaria, delle tre nuove vie aperte in tre giorni nella Cordillera Blanca in Perù: Mercury Tortuga e Rigola Illegale sul Cerro Tornillo (5040m) e Taxi Rober su Cerro Antamina (4960m).
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In alto sulla cresta di Rigola Illegale sul Cerro Tornillo (5040m). Sullo sfondo il Cerro Antamina
Nicolò Geremia, Thomas Gianola, Giovanni Zaccaria

Sei mani, questo siamo rimasti, dopo l'apertura di Mucha Banana sulla nord del Ranrapalca e una veloce ripetizione della parete della Esfinge il quarto compagno, Alessio Miori,  parte in anticipo causa impegni di lavoro; la nostra mente irrefrenabile è piena di idee ordinatamente confuse, ma diciamo che alla fine in tre ne troviamo una che pare piacere a tutti, anzi ci accattivisce totalmente.

L'idea è di andare nella valle delle rigole dove erano già stati i fratelli Pou. Ci impauriscono queste "canalise", in particolare a Nicolò, memore dei primi tiri del Wenden, caratterizzato da rigole non facili da scalare, un'arrampicata non fluida e precaria dove oltre ad essere nel mondo verticale, anche tutte le prese, ahimè, sono verticali.

Fortunatamente, la parte più interessante dell'avventura si svela quando ci spiegano che vicino al Cerro Tornillo si trova una delle miniere piu grandi del Perù e che ultimamente i climber vengono espulsi e si necessita di permessi di dubbia autorità multinazionale con tempi di attesa eterni ed a volte infruttuosi. Guardie a cavallo pare sorveglino le valli per allontanare chiunque si trovi nella zona.

Cosa c'è di meglio per un italiano che andare contro le regole? Noi che veniamo da un paese stracolmo di leggi e altrettante scappatoie legali?!? Nicolò è motivatissimo e così anche gli altri, anche se loro, più saggi, sanno che il rischio è quello di perdere l'ultima settimana di vacanza... Ma solo chi risika poi rosika...o, a volte, si abbuffa.

La decisione è presa, rischiamo il tutto per tutto per vedere, e speriamo scalare, queste fantasmagoriche rigole peruviane. Il nostro tassista di fiducia ci accompagnerà a Chavin, paese là vicino dove passeremo la notte. Poi dovremo affidarci ad altre persone sconosciute (tassista locale e "ariero" dei muli). Alle quattro di mattina si parte celati dalla notte e tutto corre liscio fino a quando capiamo che il tassista e il musero non hanno organizzato molto, anzi proprio niente. Qualche peripezia per il Papi Giovanni e partiamo con i muli.

Valli isolate. Pregne di frugalità. Case di fango. Cani ovunque. Siamo ancora in Perù. Una minestra offerta dal musero e via. Arriviamo al campo e ci ricordiamo ancora una volta che i prezzi sarebbe meglio contrattarli prima, ma tanto non ci importa, siamo dentro e nessuno ci ha fermati. Piantiamo la tenda. Fortunati e sfortunati per delle umide nuvole basse che ci permettono solamente di intuire le montagne tra una schiarita e l'altra. Giriamo come bambini golosi in cerca di cioccolato tra tutte queste pareti, siamo in un altro mondo, un mondo carsico fatto di rigole e strutture calcareoscopiche, statue figlie del tempo e delle intemperie.

Una delle prime pareti a cogliere la nostra curiosità si palesa appena a sinistra del Cerro Tornillo. Sembra il carapace di una tartaruga, non troppo alta, ma dalle geometrie accattivanti. Decidiamo dunque di provare a salire su questa, per non partire con qualcosa di troppo lungo, studiare il meteo e testare le nostre capacità su questa nuova roccia, in un posto tanto isolato e remoto. Siamo in paradiso.

Ovviamente: perlustrazione alla base della parete non effettuata, sbinocolamento manco che manco (il binocolo si trova con Alessio in Italia...). Il giorno dopo siamo all'attacco, non certo freschi come rose, forse siamo stanchi dal mese di vagabondaggio oltreoceano.

Chi parte? Fa freddo, Bubba cerca di far tornare la sensibilità ai piedi e Nicolò si inebria a viste erbaiole: probabilmente tocca a Giovanni... infatti parte Giovanni. Apre un primo tiro che pare iniziare in erba ma si rivela un regalo e una conquista per l'intrepido Juan, tra bagnato (ghiacciato) e roccia difficile con poche protezioni. Bubba al secondo tiro proclama l'obbligato slego banzai in aderenza senza prese per le mani, Nicolò sta ancora cercando l'entusiasmo per partire su tiri così precari, ma per sua fortuna si comincia a cavalcare la tartaruga! "O porca paletta! Queste non sono fessure come sembravano da distante, sono blocchi incastrati!! Vabbè, sempre ho sognato di cavalcare un carapace di tartaruga, mio animale simbolo, e arrivare alla sommità e trovare la pace serafica che solo questo animale dalla calma preistorica ti sa dare..."

Ahinoi lo sbigottimento di Giovanni arrivato in cima non ci dà alcun dubbio sull'inferno che ci attende vedere e quasi toccare dall'altra parte. La miniera è proprio sull'altro versante. Stiamo quasi a cavalcioni della cresta, ma subito ritorniamo nascosti come soldatini oltre la barricata, sconvolti dal panorama dello sfruttamento umano e terrorizzati all'idea che qualcuno possa vedere i nostri caschetti e mandare le guardie a cavallo a cercarci. Avremmo arrampicato solo quel primo giorno, per poi finire allontanati da quell'inferno/paradiso. Scartiamo quindi l'idea di scendere lungo la cresta e ci caliamo sui nostri passi, dopo aver osservato ciò che sembra un piccolo pezzo di mercurio appoggiato...Nasce così Mercury Tortuga.

Giovanni da svariate ore cerca di convincerci della linea da lui immaginata al Cerro Tornillo, ma forse troveremmo troppa erba sbagliata sul nostro cammino... Delle rigole perfette appena a sinistra sembrano invece continuare su una rampa che si assottiglia sempre più. Il sole del pomeriggio ci scalda, un regalo dopo tante ore all'ombra. Prima di tornare al campo base Giovanni apre il primo stupendo tiro di rigole, un antipasto di quello che ci attenderà il giorno dopo.

Giorno 2: partiamo motivati ma infreddoliti, appesantiti dalle solite tre serie di ferri e un po' intimiditi dalla lunga parete nord del Cerro Tornillo. Fortunatamente il sole arriva presto a scaldarci e i tiri si rivelano tutti giocosi, roccia perfetta e rigole di non elevata difficoltà. Arriviamo ad una cresta di indubbia bellezza che sembra condurre facilmente alla cima. L'esclamazione di Thomas 10 metri sotto la vetta l'hanno sentita dall'altra parte del cielo...è tutto liscio! Sorpresina finale che capita fortunatamente al forte alto-atesino. Dopo 10 tiri plasir, basta qualche metro da fare con ventose e chiappe strette per ricordarci che scaliamo per farci sorprendere.

Arriviamo in cima e questa volta non ci preoccupiamo troppo di non farci vedere. Abbiamo appena aperto una via facile ma da sogno e ora possono anche svegliarci. Vorremmo scendere da dove sono scesi i fratelli Pou per sfruttare le loro soste e risparmiare il nostro materiale... ma... a quanto pare... nessuno di noi ha letto l'articolo dei Pou! Ci spostiamo con una calata sull'anticima dove finisce la loro Burrito Chin de los Andes, ma di ancoraggi neanche l'ombra. Il manoval Giovanni, armato di nuts, una manciata di chiodi e tanta pazienza, attrezza 7 doppie a fine corda lungo lo spigolo rigoloso seguito dai misteriosi spagnoli. Piedi alla base, è fatta! Rigola Illegale, per tale bellezza fantasmagorica e per quanto ci siamo sentiti dei banditi.

Questo parco giochi è troppo grande. Vedendo linee possibili dappertutto, Nicolò e Giovanni discutono sulla quantità di vie da aprire l'ultimo giorno. Una la mattina e una al pomeriggio...e magari una di notte? Quante forze ci rimangono? Solo Thomas riporta un po' di rara saggezza e ci spinge a focalizzarci su una sola linea, magari nelle ore più calde della giornata e con qualche ora di sonno in più. Per complicarci la vita, puntiamo comunque la parete Sud (più all'ombra di tutte) del Cerro Antamina, del quale non abbiamo relazioni. Ci rimangono solo 4 dadi e qualche chiodo, riusciremo a calarci dalla cima? In qualche modo faremo.

Il giorno seguente ben lo sa Nicolò che tocca a lui partire, sempre lo ha promesso nei giorni prima e non può più tirarsi indietro. Solito spettacolare tiro di rigole iniziale e poi comincia la sua nemesi con l'erba ed i suoi tiri preferiti. Una spettacolare offwith di gardening furioso per riconnettersi alle rigole soprastanti... "Avete visto che dopo un mese che me lo porto in giro, il mio portafortuna Peker-Silvan è servito?" Bubba ci mette buoni 5 minuti per estrarlo dalla parete a colpi di martello! Ora la fessura è pulita e più proteggibile, speriamo che così la trovino i ripetitori! Troviamo l'unica giga clessidra del Perù, un'altro tiro per il Brombe e cambio capo-cordata. Fortunatamente capitiamo in un diedro dolomitico tutto per Juan. Poi altri 5 tiri facili ma delicati per alcuni blocchi instabili da non sfiorare. Lasciamo all'ultimo della cordata il compito del bombardamento terrestre, sperando che il saccone alla base rimanga protetto da un qualche scudo magico. Nel mentre, dall'altre parte della montagna, bombardamenti ben meno innocenti fanno tremare la terra e oscurano il cielo con polveri mefitiche. Sicuramente si stanno arricchendo solo pochi uomini lontani, mentre qualche veleno inquina tante vite qua vicino.

Arrivati alla cima, già un ometto ci attende. Giovanni, con realismo estremo, ricorda che è la fine della vacanza, da quel punto non resta che cominciare il lungo ritorno verso casa, con una discesa da tale montagna, che sarà seguita da ore di cammino, due giorni di taxi ed uno di aerei. Scendiamo lungo la cresta per calarci da un punto più debole e basso della parete. Dopo 3 giorni senza aver trovato traccia alcuna di passaggio, sia nei ghiaioni che sulle pareti, senza mai incontrare chiodi, cordoni o qualsiasi segno di arrampicatori, incappare in 4 doppie a spit spezza la magia da avventurieri esploratori.

Un fuoco letteralmente di merda, poiché poca legna si trova in giro, e i bicchieri di chicha de jora, bevanda mai stata così buona, ci portano a decidere il nome dell'ultima via, l'unica sulla quale abbiamo lasciato un paio di buoni chiodi a segnare il nostro passaggio. La dedichiamo al nostro angelo custode Taxi Rober. Rober è stato non solo il nostro autista, ma tuttofare, organizzatore e sgaia guida per un intero mese di avventure. Senza di lui il nostro viaggio non sarebbe stato dello stesso colore. Allo stesso modo vogliamo ringraziare la guida locale Alessandro Fracchetti, italiano da molti anni a Huaraz, per i suoi preziosi consigli che ci hanno ispirato e soprattutto aiutato nelle nostre scorribande in Cordillera Blanca. Grazie anche agli Hermanos Pou per aver condiviso informazioni e logistica con noi sconosciuti.

Cerro Tornillo: Mercury Tortuga 220mt, VI expo, 20/06/2022
Cerro Tornillo: Rigola Illegale 570mt, V+ expo, 21/06/2022
Cerro Antamina: Taxi Rober 350mt, VI+, 22/06/2022

di Nicolò Geremia, Thomas Gianola, Giovanni Zaccaria

"Oh Perù, se volessi esprimere un mio pensiero sul nostro viaggio direi bello, bello. Io turista bianco per il mio mero divertimento. Io in una terra ancestrale incattivita da oltre 500 anni, ancora depauperata da multinazionali estere con troppi diritti e pochi o nulli doveri verso la gente. Un popolo che per fortuna mantiene ancora la sua antica lingua quechua, stranamente non fiero di essere se stesso per chissà quale processo psicologico di occidentalizzazione. Il bianco è il modello di vita, il bianco portatore del virus di falsa vita in popolazioni che vivevano/vivono insieme alla natura in una ricca povertà che noi non riusciamo a comprendere, offuscati dai nostri valori. Un giorno, ahimè o per fortuna, il giudice Natura risolverà questa diatriba umana di sfruttamento verso se stessa e verso l'unica entità a cui dovremmo tutto il nostro rispetto, la Natura.
Mi sono sentito il bianco turista colonizzatore che ha tutto in casa sua grazie appunto ad altri mondi. Belle montagne e bei posti, ma tante brutte se non orribili verità si celano dietro alle nostre avventure, ai nostri post, ai nostri lussi. Sono felice ma mi sento colpevole."

Nicolò Geremia

Nicolò ringrazia Wild Country, Linea Verticale, Dolomiti Montaggi
Giovanni ringrazia: Scarpa SpaClimbing TechnologyOrtovoxXmountain Guide Alpine, Elbec




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