News Valle dell’Orco, tra trad e quasi-trad di Maurizio Oviglia
Lo scorso agosto Maurizio Oviglia con vari compagni ha aperto 2 “monotiri trad” e una nuova via (Angel 150m, 6c (6a obbl), RS1+) nel vallone di Piantonetto mentre sul Sergent in Valle dell'Orco ha aperto Salvate Morkietto (80 mt, 6c, RS2). Il report di Maurizio Oviglia con alcune riflessioni sullo stile di apertura.
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Maurizio Oviglia in apertura sul terzo tiro di Salvate Morkietto.
Paolo Seimandi
Un'ennesima settimana d’agosto in Valle dell’Orco è stata come sempre l’occasione per aprire qualche via. Ufficialmente sono stato in vacanza con i figli ma chi mi conosce sa che difficilmente mi troverà al Col del Nivolè davanti alla tana della marmotta ad aspettare che esca, sperando di fotografarla… Viste le mie ultime aperture, qualcuno dice che mi sto specializzando nella ricerca di “corridoi vuoti” tra le vie esistenti sulle pareti più blasonate; sarà il fatto che, dopo tanti anni, riesco a vedere delle linee che sono sempre sfuggite anche agli occhi degli aficionados e non riesco a resistere alla tentazione di salirle... Ormai quando incontro qualche amico che ha ripetuto la mia ultima via aperta e mi comunica le sue impressioni, finisce sempre con un “complimenti per l’intuito!”. E, dal mio punto di vista, lo considero davvero un gran bel complimento!
Fattostà che ulteriori tre giorni al Rifugio Pontese (dopo i 4 di fine luglio dedicati alla nuova via Imagine, vedi articolo planetmountain) dalla simpatica gestrice Mara, sono fruttati due bei “monotiri trad” a 20 metri dal parcheggio del Rifugio, che evidentemente nessuno aveva mai notato e… una via nuova, “Angel”, di 150 metri sulle balze sottostanti il Bivacco Carpano, ideale per le mezze giornate di tempo incerto. E quest’ultima è nata addirittura coinvolgendo le mie figlie in apertura, oltre a Damiano Ceresa, venuto da Biella a darmi una mano il secondo giorno di apertura.
Sceso poi a Ceresole Reale sono riuscito a smuovere il mio caro amico Valerio Bertoglio, scampato miracolosamente alla morte bianca due anni fa. Per la sua prima arrampicata dopo il terribile incidente ci voleva una via nuova, come ai vecchi tempi! E perché non aprirla proprio sul Sergent, dove tutti erano convinti (forse anche il sottoscritto) che si fosse ormai raggiunta la saturazione? E perché, poi, non dedicarla al suo caro Morkietto… un maialino di ben 60 kg che Valerio si porta a spasso addirittura per i sentieri? A parte un brutto volo del sottoscritto, risoltosi con diversi punti sulla fronte e botte un po’ ovunque… “Salvate Morkietto” è venuta una bella “short climb” che propone una fantastica fessura orizzontale che, strano ma vero, non era mai stata notata da nessuno, nonostante si trovi nel cuore di una delle più famose falesie di Italia...
Sia “Angel” che “Salvate Morkietto” sono state aperte in stile misto, ovvero sono parzialmente spittate lasciando ampia possibilità di proteggersi nelle fessure. Per intenderci, il classico stile in uso nel Monte Bianco e buona parte del Gran Paradiso… Si, direte voi, ma “quanti” spit?
Chissà perché le divagazioni etiche partono sempre dalla Valle dell’Orco? L’occasione è buona per fare alcune considerazioni personali sul tema spit si-spit-no alla luce degli avvenimenti accaduti negli ultimi anni da queste parti (mi riferisco al Nord-Ovest, ho imparato con gli anni che ogni zona ha una storia a sé ed i principi generali possono non valere ovunque). Ho premesso l’argomento, dunque siete liberi di non continuare a leggere e uscire immediatamente dalla pagina, eh, eh!
Non ho mai amato particolarmente aprire in “stile misto”, ovvero le vie che presentano (o dovrebbero presentare) spit “solo nei tratti improteggibili”. Già anni fa non mi convinceva molto questa definizione e, debbo dire che oggi, dopo il parziale ritorno in auge del trad di marca inglese anche da noi, è diventata piuttosto insostenibile… Cosa vuol dire improteggibile e, soprattutto, chi decide che un determinato tratto è impossibile senza l’uso di spit? Tra vedere e non vedere, negli ultimi anni ho spesso preferito le aperture in stile clean climbing (tollerando la sosta a spit, più che altro per invogliare i ripetitori che per effettiva necessità) oppure, all’opposto, quelle totalmente spittate, normalmente di alta difficoltà ma anche plausi qualche volta, dove l’uso spit parrebbe, agli arrampicatori di sufficiente buon senso, inevitabile.
Viaggiare in Inghilterra e toccare con mano la vera arrampicata trad, ha fatto cadere ciò che rimaneva delle mie convinzioni in questo senso, ovvero che ci siano luoghi dove lo spit debba essere giustificato perché diversamente proprio non si sale. Tutto è molto soggettivo ma, almeno qui da noi, la maggior parte dei climbers quando vede una fessura esclama “questa si può (potrebbe) salire trad!” ma quando osserva un muro, anche cosparso di buchi o fessurine dove in qualche modo ci si potrebbe proteggere, automaticamente pensa che siano indispensabili gli spit. Da questo deriva il classico assunto “nelle fessure gli spit non si mettono”, sottintendendo che invece, altrove, siano giustificati. Contrariamente dall’opinione che tanti di noi hanno sempre avuto, si possono salire trad non solo le fessure ma quasi ogni cosa che presenti una vaga possibilità di protezione, come hanno dimostrato molti arrampicatori, non solo inglesi. E come sta dimostrando la recente moda del greenpoint. E se non oggi lo si potrebbe fare domani. Se si riconosce questa evidenza, possiamo dire che il mettere uno spit su una via non può più, oggi, essere giustificato col fatto che “altrimenti non si sale”, perché questa valutazione risulta altamente soggettiva.
Ovviamente, il mettere più o meno spit su una via, oppure non metterli del tutto, determina fortemente il carattere e l’impegno della via stessa. Questa è una scelta, oltre che lo stile di apertura (in che modo piazzarli, dall’alto, dal basso, col trapano, col piantaspit, coi cliff etc), che spetta normalmente all’apritore e dipende dalla sua etica e dalle sue capacità. Chiaramente, questa scelta può essere spesso (anzi deve!) influenzata dall’ambiente e dalla storia della parete in cui si chioda. Il tenere o no conto di questi parametri, dipenderà infine dalla sensibilità dell’apritore.
Dopo questa breve premessa, vengo finalmente al punto: chiodando le due vie “miste” di cui riferivo sopra (e naturalmente anche “Imagine” al Becco di Valsoera) spesso mi sono chiesto del perché stavo mettendo uno spit se io stesso ritenevo che si potesse passare trad, magari con qualche micronut o altra diavoleria moderna… Non è un controsenso? Io non avevo certo bisogno di quello spit da passare, ma con il mio compagno si era deciso quello stile, che avrebbe conferito alla via l’impegno che desideravamo. Alcuni, poi, proprio non riescono a capire perché mi dia un gran daffare a promuovere l’arrampicata trad in Italia e poi contemporaneamente apra vie con degli spit. Forse siamo ormai intossicati dal bipolarismo, ma spesso mi sento accusare di ipocrisia, e per me non è affatto piacevole. Non sarebbe più logico (e coerente) sposare una causa e appendere definitivamente il trapano (o i friend, dipende dalla scelta) al chiodo piuttosto che fare l’uno e l’altro? La risposta da parte mia è semplice ma, considerate le continue polemiche ed incomprensioni a questo riguardo, evidentemente non dev’essere così facile da comprendere...
Partendo dall’assunto che quasi ogni via, almeno potenzialmente, sarebbe possibile in scalata trad, usare una certa quantità di spit oggi è unicamente una scelta adottata dall’apritore per rendere la sua via più o meno “sportiva”, più o meno ripetuta, più o meno impegnativa psicologicamente. A parte aree storiche, montagne o pareti particolari, eccessiva vicinanza di itinerari mitici aperti in stile tradizionale, consuetudini locali unanimemente accettate… ritengo che ogni apritore che si accinga ad aprire una via debba conservare sufficientemente libertà per valutare e scegliere autonomamente lo stile da adottare, secondo le sue capacità (ovviamente) e la sua sensibilità. Senza dover per forza obbedire a regole che, di fatto, non hanno fondamento oggettivo.
Sarebbe inoltre bello che ci fosse un minimo di rispetto in più, da parte di tutti, per tali scelte. Spesso (anzi quasi sempre) le polemiche anticipano le ripetizioni effettive della via ed è sempre brutto assistere a sentenze senza appello su vie di cui, in fondo, non si sa quasi nulla se non per sentito dire… Si sa che noi apritori siamo “quelli che fanno” e dunque i più esposti alle critiche: qualsiasi scelta facciamo, anche sia essa quella di escludere totalmente lo spit (incredibile, anche in questo caso arrivano critiche!), ci sarà sempre qualcuno che non è d’accordo. Spesso ci danno dei permalosi, e talvolta a ragione, dato che qualche volta capita che “salti il tappo” e al diavolo la diplomazia per una volta! Forse ogni volta che ripetiamo una nuova via, dovremmo pensare, prima di tutto, che stiamo passando una bella giornata, grazie a qualcuno che, prima di noi, ha creato quel qualcosa su cui ci stiamo divertendo… E poi, eventualmente, dopo aver contato sino a dieci, valutare e commentare le scelte che quell’apritore quel giorno ha fatto...
Maurizio Oviglia
NUOVE VIE AGOSTO 2012
Vallone di Piantonetto, Lago di Teleccio, 1900 mt:
- Orcozzio 30 mt, 6b+, R1+ - Maurizio Oviglia e Paolo Seimandi
Bel monotiro trad in fessura, sosta spittata. Necessarie due serie di friend sino al 3BD
- Zio Fa 30 mt, 6b, R1+ - Maurizio Oviglia e Paolo Seimandi
Monotiro trad in fessura facile con ribaltamento finale, sosta spittata. Necessaria una serie di friend sino al 3BD
Vallone di Piantonetto, Bastionata del Bivacco Carpano, 2400 mt - Pilier des Aspirants
Angel 150 mt, 6c (6a obbl), RS1+ - Maurizio e Sara Oviglia, Damiano Ceresa
Via piacevole in fessure e diedri. Necessaria una serie di friend sino al 3BD. In via 20 spit + 10 di sosta. Discesa in doppia. Accesso 45 minuti dal Rifugio Pontese
Valle dell’Orco, Sergent, 1600 mt
Salvate Morkietto 80 mt, 6c, RS2 - Maurizio Oviglia, Valerio Bertoglio e Paolo Seimandi
Tre tiri di cui il terzo imperdibile. Necessaria una serie di friend sino al 2BD, doppi i piccoli e medi. nut
Fattostà che ulteriori tre giorni al Rifugio Pontese (dopo i 4 di fine luglio dedicati alla nuova via Imagine, vedi articolo planetmountain) dalla simpatica gestrice Mara, sono fruttati due bei “monotiri trad” a 20 metri dal parcheggio del Rifugio, che evidentemente nessuno aveva mai notato e… una via nuova, “Angel”, di 150 metri sulle balze sottostanti il Bivacco Carpano, ideale per le mezze giornate di tempo incerto. E quest’ultima è nata addirittura coinvolgendo le mie figlie in apertura, oltre a Damiano Ceresa, venuto da Biella a darmi una mano il secondo giorno di apertura.
Sceso poi a Ceresole Reale sono riuscito a smuovere il mio caro amico Valerio Bertoglio, scampato miracolosamente alla morte bianca due anni fa. Per la sua prima arrampicata dopo il terribile incidente ci voleva una via nuova, come ai vecchi tempi! E perché non aprirla proprio sul Sergent, dove tutti erano convinti (forse anche il sottoscritto) che si fosse ormai raggiunta la saturazione? E perché, poi, non dedicarla al suo caro Morkietto… un maialino di ben 60 kg che Valerio si porta a spasso addirittura per i sentieri? A parte un brutto volo del sottoscritto, risoltosi con diversi punti sulla fronte e botte un po’ ovunque… “Salvate Morkietto” è venuta una bella “short climb” che propone una fantastica fessura orizzontale che, strano ma vero, non era mai stata notata da nessuno, nonostante si trovi nel cuore di una delle più famose falesie di Italia...
Sia “Angel” che “Salvate Morkietto” sono state aperte in stile misto, ovvero sono parzialmente spittate lasciando ampia possibilità di proteggersi nelle fessure. Per intenderci, il classico stile in uso nel Monte Bianco e buona parte del Gran Paradiso… Si, direte voi, ma “quanti” spit?
Chissà perché le divagazioni etiche partono sempre dalla Valle dell’Orco? L’occasione è buona per fare alcune considerazioni personali sul tema spit si-spit-no alla luce degli avvenimenti accaduti negli ultimi anni da queste parti (mi riferisco al Nord-Ovest, ho imparato con gli anni che ogni zona ha una storia a sé ed i principi generali possono non valere ovunque). Ho premesso l’argomento, dunque siete liberi di non continuare a leggere e uscire immediatamente dalla pagina, eh, eh!
Non ho mai amato particolarmente aprire in “stile misto”, ovvero le vie che presentano (o dovrebbero presentare) spit “solo nei tratti improteggibili”. Già anni fa non mi convinceva molto questa definizione e, debbo dire che oggi, dopo il parziale ritorno in auge del trad di marca inglese anche da noi, è diventata piuttosto insostenibile… Cosa vuol dire improteggibile e, soprattutto, chi decide che un determinato tratto è impossibile senza l’uso di spit? Tra vedere e non vedere, negli ultimi anni ho spesso preferito le aperture in stile clean climbing (tollerando la sosta a spit, più che altro per invogliare i ripetitori che per effettiva necessità) oppure, all’opposto, quelle totalmente spittate, normalmente di alta difficoltà ma anche plausi qualche volta, dove l’uso spit parrebbe, agli arrampicatori di sufficiente buon senso, inevitabile.
Viaggiare in Inghilterra e toccare con mano la vera arrampicata trad, ha fatto cadere ciò che rimaneva delle mie convinzioni in questo senso, ovvero che ci siano luoghi dove lo spit debba essere giustificato perché diversamente proprio non si sale. Tutto è molto soggettivo ma, almeno qui da noi, la maggior parte dei climbers quando vede una fessura esclama “questa si può (potrebbe) salire trad!” ma quando osserva un muro, anche cosparso di buchi o fessurine dove in qualche modo ci si potrebbe proteggere, automaticamente pensa che siano indispensabili gli spit. Da questo deriva il classico assunto “nelle fessure gli spit non si mettono”, sottintendendo che invece, altrove, siano giustificati. Contrariamente dall’opinione che tanti di noi hanno sempre avuto, si possono salire trad non solo le fessure ma quasi ogni cosa che presenti una vaga possibilità di protezione, come hanno dimostrato molti arrampicatori, non solo inglesi. E come sta dimostrando la recente moda del greenpoint. E se non oggi lo si potrebbe fare domani. Se si riconosce questa evidenza, possiamo dire che il mettere uno spit su una via non può più, oggi, essere giustificato col fatto che “altrimenti non si sale”, perché questa valutazione risulta altamente soggettiva.
Ovviamente, il mettere più o meno spit su una via, oppure non metterli del tutto, determina fortemente il carattere e l’impegno della via stessa. Questa è una scelta, oltre che lo stile di apertura (in che modo piazzarli, dall’alto, dal basso, col trapano, col piantaspit, coi cliff etc), che spetta normalmente all’apritore e dipende dalla sua etica e dalle sue capacità. Chiaramente, questa scelta può essere spesso (anzi deve!) influenzata dall’ambiente e dalla storia della parete in cui si chioda. Il tenere o no conto di questi parametri, dipenderà infine dalla sensibilità dell’apritore.
Dopo questa breve premessa, vengo finalmente al punto: chiodando le due vie “miste” di cui riferivo sopra (e naturalmente anche “Imagine” al Becco di Valsoera) spesso mi sono chiesto del perché stavo mettendo uno spit se io stesso ritenevo che si potesse passare trad, magari con qualche micronut o altra diavoleria moderna… Non è un controsenso? Io non avevo certo bisogno di quello spit da passare, ma con il mio compagno si era deciso quello stile, che avrebbe conferito alla via l’impegno che desideravamo. Alcuni, poi, proprio non riescono a capire perché mi dia un gran daffare a promuovere l’arrampicata trad in Italia e poi contemporaneamente apra vie con degli spit. Forse siamo ormai intossicati dal bipolarismo, ma spesso mi sento accusare di ipocrisia, e per me non è affatto piacevole. Non sarebbe più logico (e coerente) sposare una causa e appendere definitivamente il trapano (o i friend, dipende dalla scelta) al chiodo piuttosto che fare l’uno e l’altro? La risposta da parte mia è semplice ma, considerate le continue polemiche ed incomprensioni a questo riguardo, evidentemente non dev’essere così facile da comprendere...
Partendo dall’assunto che quasi ogni via, almeno potenzialmente, sarebbe possibile in scalata trad, usare una certa quantità di spit oggi è unicamente una scelta adottata dall’apritore per rendere la sua via più o meno “sportiva”, più o meno ripetuta, più o meno impegnativa psicologicamente. A parte aree storiche, montagne o pareti particolari, eccessiva vicinanza di itinerari mitici aperti in stile tradizionale, consuetudini locali unanimemente accettate… ritengo che ogni apritore che si accinga ad aprire una via debba conservare sufficientemente libertà per valutare e scegliere autonomamente lo stile da adottare, secondo le sue capacità (ovviamente) e la sua sensibilità. Senza dover per forza obbedire a regole che, di fatto, non hanno fondamento oggettivo.
Sarebbe inoltre bello che ci fosse un minimo di rispetto in più, da parte di tutti, per tali scelte. Spesso (anzi quasi sempre) le polemiche anticipano le ripetizioni effettive della via ed è sempre brutto assistere a sentenze senza appello su vie di cui, in fondo, non si sa quasi nulla se non per sentito dire… Si sa che noi apritori siamo “quelli che fanno” e dunque i più esposti alle critiche: qualsiasi scelta facciamo, anche sia essa quella di escludere totalmente lo spit (incredibile, anche in questo caso arrivano critiche!), ci sarà sempre qualcuno che non è d’accordo. Spesso ci danno dei permalosi, e talvolta a ragione, dato che qualche volta capita che “salti il tappo” e al diavolo la diplomazia per una volta! Forse ogni volta che ripetiamo una nuova via, dovremmo pensare, prima di tutto, che stiamo passando una bella giornata, grazie a qualcuno che, prima di noi, ha creato quel qualcosa su cui ci stiamo divertendo… E poi, eventualmente, dopo aver contato sino a dieci, valutare e commentare le scelte che quell’apritore quel giorno ha fatto...
Maurizio Oviglia
NUOVE VIE AGOSTO 2012
Vallone di Piantonetto, Lago di Teleccio, 1900 mt:
- Orcozzio 30 mt, 6b+, R1+ - Maurizio Oviglia e Paolo Seimandi
Bel monotiro trad in fessura, sosta spittata. Necessarie due serie di friend sino al 3BD
- Zio Fa 30 mt, 6b, R1+ - Maurizio Oviglia e Paolo Seimandi
Monotiro trad in fessura facile con ribaltamento finale, sosta spittata. Necessaria una serie di friend sino al 3BD
Vallone di Piantonetto, Bastionata del Bivacco Carpano, 2400 mt - Pilier des Aspirants
Angel 150 mt, 6c (6a obbl), RS1+ - Maurizio e Sara Oviglia, Damiano Ceresa
Via piacevole in fessure e diedri. Necessaria una serie di friend sino al 3BD. In via 20 spit + 10 di sosta. Discesa in doppia. Accesso 45 minuti dal Rifugio Pontese
Valle dell’Orco, Sergent, 1600 mt
Salvate Morkietto 80 mt, 6c, RS2 - Maurizio Oviglia, Valerio Bertoglio e Paolo Seimandi
Tre tiri di cui il terzo imperdibile. Necessaria una serie di friend sino al 2BD, doppi i piccoli e medi. nut
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