Nanga Parbat d'inverno, la linea verso l'alto di Moro e Urubko
Cronache dal Nanga: Simone Moro e Denis Urubko continuano ad esplorare le loro speranze e il Nanga Parbat. Ieri i due alpinisti si sono spinti oltre i 5800m proprio alla base del couloir che tenteranno di salire per la loro via (nuova) verso la cima.

Simone Moro e Denis Urubko verso il Nanga Parbat.
Dopo tre giorni passati sulla montagna, ieri il bergamasco e il kazako sono tornati al Campo Base. Sono state tre giornate fruttuose, che hanno chiarito e consolidato ulteriormente la loro scelta di cambiare la via di salita. Ormai è deciso: accantonata definitivamente la Kinshofer, la cima e la prima invernale passeranno per la linea del tentativo effettuato da Messner e Eisendle nel 2000. Ovvero per una via nuova che percorre il lato sinistro della grande parete del Diamir. Così, nel raid di questi ultimi giorni, Moro e Urubko si sono nuovamente avventurati sul loro progetto.
Come già fatto da quel "visionario" di Mammery nel 1898 e da Messner e Eisendle nel 2000, hanno percorso tutto il ghiacciaio del Diamir tra il Ganalo e il Nanga Parbat. Una fantastica e selvaggia barriera ghiacciata descritta da Moro come "un labirinto di crepacci e seracchi indescrivibile… un posto spaziale, essere là dentro era come essere sulla luna". Poi si sono spinti fino a quota 5800m, e ieri mattina hanno spostato il loro Campo 2 ancora più in alto. Ora, spiega Simone, "siamo sotto l'unico couloir sicuro che ci dovrebbe proiettarci verso il Nanga. Niente corde fisse. Solo una lunghissima salita…".
In realtà il programma era quello di salire ancora, e passare un'altra notte in quota. Invece anche lassù, nel deserto invernale di una delle pareti più inaccessibili e difficili, è arrivata la notizia della morte dell'amico Mario Merelli. E, come scrive Moro nel suo diario online, la scelta poteva essere una sola: tornare al Base, perché a certe notizie non ci si abitua mai…
Dunque, il Campo base del Nanga Parbat come un ritorno a casa, per ricaricare le pile ma anche per pensare. Intanto nevica, il termometro segna "solo" -18 °C, potrebbe andare peggio…
>> Tutti i video dell'invernale al Nanga Parbat di Simone e Denis Urubko
Come già fatto da quel "visionario" di Mammery nel 1898 e da Messner e Eisendle nel 2000, hanno percorso tutto il ghiacciaio del Diamir tra il Ganalo e il Nanga Parbat. Una fantastica e selvaggia barriera ghiacciata descritta da Moro come "un labirinto di crepacci e seracchi indescrivibile… un posto spaziale, essere là dentro era come essere sulla luna". Poi si sono spinti fino a quota 5800m, e ieri mattina hanno spostato il loro Campo 2 ancora più in alto. Ora, spiega Simone, "siamo sotto l'unico couloir sicuro che ci dovrebbe proiettarci verso il Nanga. Niente corde fisse. Solo una lunghissima salita…".
In realtà il programma era quello di salire ancora, e passare un'altra notte in quota. Invece anche lassù, nel deserto invernale di una delle pareti più inaccessibili e difficili, è arrivata la notizia della morte dell'amico Mario Merelli. E, come scrive Moro nel suo diario online, la scelta poteva essere una sola: tornare al Base, perché a certe notizie non ci si abitua mai…
Dunque, il Campo base del Nanga Parbat come un ritorno a casa, per ricaricare le pile ma anche per pensare. Intanto nevica, il termometro segna "solo" -18 °C, potrebbe andare peggio…
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Note:
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