Sul Monte Croce Matese, Appennino, nuova via di misto di Riccardo Quaranta
Questo inverno è iniziato come da anni non si vedeva, magra consolazione visti gli antefatti, ma pur sempre una piccola gioia. Nel gruppo del Matese già da dicembre 2020 si sono potuti salire diversi itinerari sia classici che più moderni, segno di condizioni già più che buone.
Soliti giri quindi con il naso all’insù per cercare di capire dove potersi divertire magari salendo qualcosa di nuovo. Rientro da una due giorni in zona Sperlonga per lavoro e subito il giorno successivo sono in giro di perlustrazione insieme a Michele ("Slot" per gli amici). Visto che in alto c’è già nebbia, decidiamo di vedere la situazione alla Grotta delle Ciaole, altro luogo culto per gli amanti del ghiaccio/misto/dry matesino. Per fortuna avvicinamento su fondo duro, che goduria… ogni volta che si esce dal boschetto e la parete si palesa, per me è come comprare un "gratta e vinci". C’è sempre emozione, c’è sempre la foga di conoscere le condizioni delle "classiche" (in realtà qui di vie classiche in senso alpinistico ce ne sono un paio al massimo… sic) Dato uno sguardo generale, mi cade l’occhio su una bella linea accanto a The Talisman, via che ho aperto anni addietro. Sembra un giusto compromesso tra ghiaccio, roccia e impegno atletico. Finiamo il giro di perlustrazione e saliamo alla fine Spyroid, che regala sempre belle emozioni.
Dopo un paio di giorni siamo alla base, armati di tutto punto per aprire la linea che avevo osservato. A noi si è unito anche Antonio, in arte "Sacchetto", per lui si tratta della prima apertura di una via di misto. La costante della giornata sarà un freddo micidiale, visto che partiamo dal parcheggio con - 5°C e vento sostenuto da Nord. Ovviamente la parete dove ci troviamo è esposta a Nord.
Attacco la linea di ghiaccio con ottimismo, ma alla fine la situazione è peggiore di quanto avessi immaginato visto che in alcuni tratti il ghiaccio è staccato totalmente dalla base (probabile effetto della pioggia dei giorni precedenti). Quindi si succedono i "crock", come se stessi scalando su una parete di patatine fritte... e tutto ciò non mi rende affatto tranquillo. Sarà anche per questo che dopo nemmeno 5-6 m e il primo fix messo, mi arriva una bollita epica e... blasfema. Intanto più si sale e più il venticello aumenta. Mi porto sotto quello che sarà il tratto chiave della via, ma decido di recuperare i miei compagni, per evitare che congelino del tutto. Attrezzo una sosta che sarà solo provvisoria per l’apertura e li recupero. Il morale sembra buono, come i processi di congelamento in atto (sorrido ripensandoci). Riparto con un bel runout dalla sosta, passo a 95° non protetto (pur volendo non si metteva niente), quindi stringo i denti e continuo. Finalmente riesco a proteggere in maniera discreta e poter mettere l’ultimo fix di progressione che mi resta.
Anche mettere la sosta definitiva di questo primo tiro non è facile, ma alla fine riesco e posso finalmente dare l’OK ai miei compagni per recuperarli. La novità è che entrambi hanno deciso di scalare con il piumino, cosa che non è mai accaduta; in particolare Michele di piumini addosso ne ha due, tanto per dare un’idea sulla temperatura. Dal canto mio, mentre li recupero, bevo tè caldo e indosso anche io il piumino, con cui concluderò poi tutta la scalata.
Il secondo tiro si apre con un traverso a piombo come un muro di cemento, una serie di passi tecnici per aggirare uno spuntone di roccia e andare ad agganciare una lingua di ghiaccio (vista in realtà dal basso il giorno della perlustrazione). La verità è che quando riesco ad affacciarmi e vedere di persona la consistenza e cosa mi aspetta, beh confesso che non sono stato proprio entusiasta. Terreno sempre con ghiaccio sottile e senza roccia dove proteggersi. Vabbè vado, ne uscirò anche questa volta... spero senza niente di rotto! Alla fine tiro salito quasi slegato, ad eccezione di un chiodo decente messo poco prima della sosta, mi viene in mente un ritornello cantato da un mio caro amico, sempre durante un’apertura: "comunque andare...".
Anche l’ultimo tiro, che doveva essere una passeggiata, nasconde l’insidia dell’erba non piccozzabile e di un sottile strato di ghiaccio non portante. Quindi sempre con attenzione e senza mai mollare la concentrazione arrivo al boschetto che è sopra la parete. Qui il vento è davvero intenso e con esso il freddo: gela tutto, geliamo noi, materiale compreso. Quindi via di corsa, doppie e scendiamo a temperature più ragionevoli.
E’ nata Battle Hymn, come al solito una bella lotta, battaglia che per me significa sempre un onesto confronto con me stesso. Grazie ai miei compagni di salita, Sacchetto & Slot per il freddo condiviso!
di Riccardo Quaranta, Guida Alpina
Link: www.riccardoclimbing.com
Si ringrazia Climbing Technology, Garmont e Campo Base Outdoor Roma per il supporto
SCHEDA: Battle Hymn - Inno di Battaglia